Pubblicato su Politica Domani Num 45 - Marzo 2005

Allarme sanità
Un virus peggiore di una guerra
Più veloce e più cattivo della SARS, il virus dell' "influenza dei polli" potrebbe fare più vittime della "Spagnola" che nel 1918 ha provocato oltre 40 milioni di morti

di m.m.

Si chiama H5N1 il virus che finora ha fatto oltre 120 milioni di vittime fra i pennuti e 42 vittime, su 55 infettati, fra gli umani1. È il ceppo cattivo e resistente del virus influenzale di tipo A che colpisce soprattutto i volatili ed è noto con il nome di "influenza dei polli".
Una pandemia di influenza potrebbe essere molto vicina, ammonisce l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ci sono già state altre pandemie dall'inizio del secolo scorso: nel 1957 l' "Asiatica", nel 1968 l' "influenza di Hong Kong", nel 1977 la "Russa". La prossima però, quella cioè che potrebbe scoppiare fra poco, assomiglia molto alla "Spagnola" del 1918, che provocò dai 40 ai 50 milioni di morti2 . Le epidemie del '57 e del '68 provocarono circa tre milioni di vittime, specie fra i bambini, gli anziani e le persone già affette da malattie respiratorie croniche; le vittime della "Spagnola" furono invece prevalentemente giovani in buona salute dai 15 ai 35 anni; un fatto rimasto non spiegato nella storia della medicina.
Le premesse ci sono tutte, spiega l'OMS: la graduale capacità del virus di sottostare a mutazioni genetiche che permettono il contagio fra gli uomini; la gravità della malattia; l'alta mortalità; il fatto che colpisca prevalentemente giovani in buona salute; inoltre il virus dell'influenza aviaria può combinarsi con i virus influenzali che si trasmettono fra gli uomini e da questa combinazione potrebbe uscirne geneticamente modificato e in grado di diffondersi nella specie umana. Dato che nessun virus del tipo H5 è mai circolato prima e che nessuna persona vivente ne è mai stata colpita, tutta la popolazione del mondo risulta oggi vulnerabile al virus H5N1.
Le probabilità di una pandemia stanno aumentando sempre di più e finora un solo ostacolo vi si oppone: il virus non è (ancora) un veicolo di trasmissione efficiente da uomo a uomo. È però riuscito a valicare il confine della specie in cui risultava relegato, i polli, e a diffondersi tra i mammiferi: è stato individuato infatti fra i maiali in Cina3 e ne sono stati infettati anche i felini: tigri, leopardi e gatti domestici, in Thailandia.
Negli Stati nei quali il virus si è diffuso - Thailandia, Cambogia, Vietnam, Cina, Indonesia, Malesia, Hong Kong, Laos e Corea - la popolazione più a rischio è quella dei contadini e degli allevatori di pollame. Le condizioni di povertà di questa gente rende difficilmente controllabile la situazione e la mancanza di controlli favorisce la diffusione della malattia.
Il caso più preoccupante si è verificato nel settembre scorso in Thailandia, quando morirono per l'infezione i membri di una stessa famiglia. Si è temuto in quella occasione che il virus avesse completato la mutazione genetica e si fosse trasformato in modo da potersi trasmettere all'interno della specie umana. Altri casi hanno messo in allarme l'OMS: il ritrovamento dell'H5N1 in uccelli migratori e la presenza di grandi quantità di virus in anatre domestiche in apparenza perfettamente sane. Complicazione non da poco sul fronte del controllo del virus: con gli uccelli migratori il virus riesce infatti a valicare ogni confine e la sua presenza in animali portatori in apparenza sani impedisce alla gente di accorgersi del pericolo e di prendere le misure necessarie per evitare il contagio.
L'eventualità che il virus si diffonda fra gli uomini e, sfuggendo al controllo delle autorità sanitarie, crei le condizioni di una vera e propria pandemia sono terribilmente reali. Nessuno è in grado di prevedere come la situazione potrà evolvere. La combinazione di infezione da virus H5N1 con i virus che colpiscono normalmente gli uomini o i maiali potrebbe dare origine alla temuta mutazione genetica. Che questa mutazione possa realmente accadere, con l'aumentare della diffusione dell'H5N1, diventa una eventualità sempre più probabile.
L'OMS ha lanciato da tempo un appello alla massima allerta.
Le conseguenze della pandemia sarebbero catastrofiche in termini di vite umane e di costi economici. Dice l'OMS "Sebbene non sia possibile prevedere quando, una volta che sia apparso il virus con le caratteristiche appropriate la rapida diffusione internazionale dell'infezione sarebbe certa. (...) Molti interventi di sanità pubblica che sono riusciti a contenere la SARS non sarebbero efficaci contro una malattia che è di gran lunga più contagiosa, ha un periodo di incubazione molto breve, e può essere trasmessa prima che se ne manifestino i sintomi." La rapidissima diffusione del contagio provocherebbe un'enorme massa di malati e, contemporaneamente, una drammatica diminuzione del personale sanitario e dei lavoratori nei servizi essenziali. Tutto ciò, considerate le strettissime interconnessioni e interdipendenze a livello mondiale, causerebbe uno sconvolgimento sociale ed economico di enormi proporzioni.
C'è ancora tempo per misure di prevenzione, anche se la lotta è ora proprio contro il tempo. Una lotta da condurre innanzi tutto nei laboratori perché tutto sia pronto per la produzione di centinaia di milioni di vaccini. Una produzione che non è possibile anticipare finché le caratteristiche del virus non saranno del tutto note e questo avverrà solo quando sarà effettivamente scoppiata l'epidemia. Una produzione che, comunque, senza una epidemia in atto, non sarebbe economicamente vantaggiosa. La situazione è agghiacciante e paradossale. Dice infatti l'OMS che, data la velocità di contagio del virus, i cinque milioni di vaccini al giorno che i laboratori sarebbero in grado di produrre non saranno sufficienti.
L'OMS continua a lanciare appelli alle autorità perché ogni Stato elabori un piano di emergenza. All'appello hanno risposto finora solo 15 paesi. L'Italia non è fra questi. Né in Europa hanno fatto alcun piano di prevenzione la Spagna, la Francia e neanche la Germania.

 

1) Sono solo i casi confermati in laboratorio e riportati dall'OMS.
2) Il dato è dell'OMS. Altre fonti riportano dati diversi, per quanto sempre molto preoccupanti: non meno di 10 milioni di morti.
3) cfr. WHO, rapporto 20 agosto 2004 - OIE, rapporto 1 settembre 2004 - Ministero della Salute, Redazione Interministeriale, 8 Settembre 2004.

 

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