Pubblicato su Politica Domani Num 45 - Marzo 2005

Mercosur, un mercato a difesa dell'identità
Mercato Comune del Sud
Per sostenere la competizione in un'economia globale e per non soccombere all'egemonia del più forte, gli Stati si coalizzano in macro-aree

di Mauro Lodadio

L'unione fa la forza. È il detto che più si addice in macroeconomia. Solo l'unione può accrescere il livello di competitività in un sistema economico che deve fare i conti con la globalizzazione. L'economia è globale, senza confini. La competizione è guidata dalle scelte degli Stati che si coalizzano in macro-aree. Per partecipare al mercato comune, ogni paese è tenuto a rispettare dei precisi parametri, indicatori macroeconomici di cui i paesi membri devono tener conto. Unione Europea, Nafta, Mercosur e Asean, sono le principali aree che hanno avviato progetti di graduale eliminazione degli ostacoli economici e normativi, scegliendo la strada della cooperazione e del connubio economico e commerciale.
La nascita del Mercosur (Mercado Comun del Sur) è avvenuta il 26 marzo 1991. Il trattato di Asuncion riunisce Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay. I membri stanno stringendo progressivamente legami sempre più forti. Si propongono, strada facendo, l'allargamento a tutto il sub-continente. Come in una partita di calcio, chi attacca e inventa si trova di fronte una difesa ben appostata. Quella schierata negli ultimi anni dagli Stati Uniti è abbastanza fallosa. L'ipotesi e lo scenario sognato dagli Stati Uniti è semplice. L'auspicio è di creare una zona di libero scambio dall'Alaska alla Terra del fuoco. Dopo il Messico, sarebbe la totalità dell'America Latina a sottostare alla volontà economica statunitense.
Una prospettiva allarmante a cui correre ai ripari. Nel dicembre del 1994 il Mercosur assume i tratti fondamentali attuali. Chi ha dato vita al Mercosur prevedeva la libera circolazione di beni, servizi e fattori di produzione, tariffe estere comuni, adozione di una politica commerciale comune nei confronti dei paesi terzi. Oltre ad un coordinamento delle politiche macro-economiche e settoriali. Malgrado la crescita degli scambi, il mercato comune dell'America Latina non è ancora completamente operativo. Proprio nella conferenza brasiliana del 1994, è stato approvato un secondo periodo transitorio che fino al 2005 dovrebbe proteggere, in sensori sensibili, circa trecento prodotti del paese.
Ma il futuro è fatto di accordi e di entrate eccellenti. Il Cile e la Bolivia, ad esempio, non fanno parte del Mercosur, ma hanno firmato, subito dopo la sua nascita, accordi-quadro. Essi prevedono una progressiva liberalizzazione degli scambi, concessione di preferenze tariffarie, regolamentazione degli investimenti e progetti di integrazione. Non solo. Tutto ruota intorno al Venezuela e al suo petrolio. Quinto esportatore mondiale di greggio, il Paese di Chavez sta giocando il ruolo di protagonista. Dopo che l'opposizione militare ha tentato il colpo di stato, la palla è passata a nuove elezioni. La rielezione di Chavez è stato un colpo al cuore per gli americani. Se fossero riusciti a inserire un governo fantoccio, non ci sarebbe stata quella che oggi è una realtà: il progressivo avvicinamento politico ed economico di tutti gli Stati dell'America Latina. Una sorta di autarchia economica del sub-continente. Il ragionamento è questo. Il mercato tessuto è sempre più fitto. Se esportiamo ed importiamo dall'Europa e dall'Occidente in generale, più della metà della percentuale di scambi sono destinati alla cancellazione del debito. In America Latina, con una possibile entrata del Venezuela, il Mercosur avrebbe da scambiare anche il petrolio. Non servirebbe guardare all'estero.
Washingthon, d'altra parte, non resta a guardare. Gli Stati Uniti vogliono trasformare l'intera area in una vasta zona di libero scambio in conformità ai propri interessi e vogliono fissare nei prossimi anni la data per la nascita dell'Associazione di libero scambio delle Americhe (Alca). La risposta a tutto questo la si ritrova in un'agenzia Ansa del 12 febbraio. Un nuovo protagonista: Fidel Castro. Il Leader Maximo ha elogiato il lavoro politico di Chavez e del brasiliano Lula. "Se Chavez è assassinato - ha esordito -, l'intera responsabilità ricadrà sul presidente Gorge W. Bush. Bisogna lottare per conservare un leader prima che lo uccida un Impero che ha come metodo prediletto assassinare dirigenti." In realtà Castro considera giunto il momento di una sua più attiva presenza sullo scenario internazionale, o almeno su quello latino-americano.
Per questo l'isola Cubana ha dato il via ad un'idea rivoluzionaria. L'ennesima. Nel novembre scorso, per ben dodici giorni, il premier cinese Hu Jintao, ha attraversato l'America Latina. Prima Cuba, poi Brasile, Argentina e infine Cile. Una tournèe diplomatica dovuta alla crescita esponenziale dell'economia cinese. Urgono nuovi partner commerciali. Negli ultimi anni l'America Latina sta diventando sempre più una destinazione chiave degli investimenti cinesi. Organi di stampa hanno confessato che il 36% dell'afflusso di capitali esteri nel sub-continente, proviene da Pechino. Anche Cuba, con le sue esportazioni di zucchero, riesce ad assicurarsi una discreta importazione di prodotti dalla Cina: tessili, elettronici, industriali, senza dimenticare l'importazione di riso. In futuro si prospetta la creazione di un'area di libero scambio cino-latinoamericana. Un'alleanza sottesa a circa due miliardi di individui. Rimangono, del resto, ancora tante domande. Chi saranno i beneficiari di questa nuova economia globalizzata? Chi ci rimetterà in termini di classi sociali? Ma soprattutto: credete che gli Stati Uniti rimangano a guardare?

 

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