Pubblicato su Politica Domani Num 44 - Febbraio 2005

La riforma agraria di Chávez
Venezuela
"Il regime latifondista è contrario all'interesse sociale. (..) I contadini e le contadine, i produttori e le produttrici agricole hanno diritto alla proprietà della terra" (dalla Costituzione del Venezuela, 1999)

di Fabio Antonilli

"La nostra è una rivoluzione intelligente, con la partecipazione del popolo venezuelano in tutti i suoi strati, che ha il compito di realizzare dei risultati voluti dalla stessa Costituzione". La "rivoluzione" a cui si riferisce il vice-presidente esecutivo della "Comisión Anti-Latifundio", José Vicente Rangel, nel suo discorso d'insediamento, è quella "democratica" voluta dal Venezuela o anche "bolivariana" (dal nome di Simon Bolívar "el Libertador"), come ama ricordare il suo presidente Hugo Chávez Frias.
La rivoluzione è iniziata nel 1999, quando Chávez, appena salito al potere, riformò la Costituzione che poi fu approvata con referendum popolare (71,24% i voti favorevoli, 54,58% il tasso di astensione).
La nuova Carta costituzionale all'articolo 307 stabilisce "Il regime latifondista è contrario all'interesse sociale. (..) I contadini e le contadine, i produttori e le produttrici agricole hanno diritto alla proprietà della terra, nei casi e nelle forme previste nella relativa legge. (..) Lo Stato provvederà alla distribuzione sostenibile delle terre a destinazione agricola per assicurare le garanzie agro-alimentari". Questo importante principio costituzionale è stato trasformato in un "Decreto legge sulle terre e sullo sviluppo agrario" che prevede l'espropriazione, da parte dell'Istituto Nazionale delle Terre (INTI), di terre incolte e "oziose" di proprietà dei grandi latifondisti. L'articolo 7 del Decreto legge chiarisce che "per latifondo si intende una porzione di terreno rurale, ozioso e incolto, che eccede i 5.000 ettari".
Nella prima fase il piano - denominato "Plan Zamora", in memoria di Ezequiel Zamora, storico leader campesino venezuelano che lottò per l'uguaglianza sociale e per i diritti dei più umili - si pone come obiettivo la distribuzione di più di un milione di ettari di terre ai campesinos venezuelani. Con la distribuzione delle terre si favoriscono più di 40 mila famiglie che, con la terra riceveranno 31.437 certificati agrari, 121 macchinari e 30 miliardi di bolivares (la moneta venezuelana). Nella seconda fase, che dovrà concludersi entro la fine del 2005, saranno 2 milioni di ettari le terre interessate e 100 mila le famiglie che beneficeranno del provvedimento legislativo. Il presidente dell'INTI, Eliézer Otaiza, ha stimato che "nel Paese ci sono più di 10 milioni di ettari di terre non coltivate, e una grossa parte di queste è in mano ai privati".
In Venezuela fu realizzata una prima timida riforma agraria negli anni '60 dello scorso secolo. Ma evidentemente questa ripartizione non ha giovato all'economica nazionale se, nel 1999, quando Chávez salì al potere, l'80% della popolazione era povera, il 74% dei poveri si trovava nelle zone rurali e, soprattutto, poco più dell'1% dei proprietari controllava il 60% delle terre coltivabili (fonte: ONU). A quel punto il governo fu costretto a varare il "Piano di sicurezza agro-alimentare" che non consiste solo in sussidi o altre forme asfittiche di statalismo ma in un vero e proprio progetto di riforma economico-sociale, e anche culturale, della società: distribuire la terra, dare la possibilità di coltivarla (anche grazie ad agevolazioni per l'accesso al credito) e di beneficiare dei suoi frutti.
Il piano rientra in ottica più ampia di responsabilizzazione di chi svolge l'attività agricola perché questa, in un Paese dove 17 Stati su 20 hanno un'economia prevalentemente agricola, è vista come il settore di punta su cui deve mirare l'economia nazionale per il benessere di tutta la popolazione.
Lo scorso dicembre, i governatori del Cojedes, Monagas, Yaracuy - e altri sono pronti ad imitarli - hanno emanato nei rispettivi Stati un "Decreto de Intervención". Il decreto non prevede l'espropriazione forzosa delle terre ma la creazione di una commissione speciale con il compito di negoziare con i latifondisti i terreni incolti, fermo restando che "nel caso non si abbia una trattativa favorevole (..) l'INTI potrà iniziare il procedimento di espropriazione forzosa" recita l'articolo 80 del Decreto legge, naturalmente dietro indennizzo.
Il compito di supervisionare e garantire l'intera attuazione del Plan Zamora è, invece, affidato alla "Comisión Anti-Latifundio", composta dal vice-presidente Rangel, dal Ministro dell'Agricoltura, dai procuratori regionali e dai rappresentanti delle forze armate nazionali. La speranza è che il lavoro di questa Commissione smentisca, una volta per tutte, il pessimo giudizio che, non proprio a torto, in America Latina, si ha in genere delle Commissioni: abilissime sempre a distinguersi per corruzione e inconcludenza. Celebre è la frase di Juan Domingo Peron, ex presidente argentino, "cuando queres que un problema no se resuelva, forma una Comisión" (quando vuoi che un problema non si risolva, istituisci una Commissione).

 

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