Pubblicato su Politica Domani Num 44 - Febbraio 2005

Raccolta delle olive e spremitura dell'olio
I precetti di Columella
Duemila anni fa le raccomandazioni dell'agronomo romano. Così si fa ancora nei piccoli opifici oleari

di Alberto Foresi

Innanzi tutto i locali dove avviene la lavorazione delle olive e viene conservato l'olio. Columella raccomanda (I libro) che il frantoio sia esposto a Mezzogiorno, così da ricevere, anche d'inverno, al tempo della lavorazione, la maggiore insolazione possibile. Accade infatti che il freddo impedisce la lavorazione dell'olio che, coagulando, non può defluire. L'olio però è estremamente sensibile al fumo di un eventuale focolare posto lì a riscaldare l'ambiente. L'olio assorbirebbe il sapore del fumo degradando così, irreparabilmente, le proprie qualità.
La stagione della raccolta delle olive inizia a novembre per proseguire durante tutto l'inverno. Dalle prime olive raccolte si ottiene olio acerbo (la maturazione è ancora incompleta) e, per ogni moggio di bacche, in quantità estremamente limitata. Conviene allora produrlo solo quando le olive, a causa di un temporale o di altre avversità atmosferiche, saranno cadute sul terreno. E la lavorazione dovrà essere immediata.
L'olio migliore, per quantità e qualità, si ha con le olive maturate in dicembre. L'olio verde, lo chiama Columella. Nelle grandi aziende, dove non è possibile portare a termine la raccolta entro dicembre, è giocoforza produrre anche olio maturo, caratteristico dei mesi successivi.
Il mutamento di colore delle bacche che, raggiungendo la maturità, variano dal verde al nero, è il segnale per l'inizio della raccolta.
La raccolta deve essere effettuata a mano. È infatti scadente la qualità di olio che si ottiene con le olive cadute spontaneamente a terra. E, inoltre, la bacchiatura danneggia l'apparato vegetativo delle piante. Columella (come prima aveva fatto Catone) raccomanda di tenere separate le bacche raccolte ogni giorno, affinché siano spremute nello stesso ordine in cui sono state portate al frantoio. Evitando così qualsiasi commistione tra le olive rimaste in attesa della lavorazione e quelle appena giunte dall'oliveto. Le olive raccolte giornalmente saranno riposte in un deposito a scomparti separati, posto nell'atrio del frantoio. Un'ultima raccomandazione: il pavimento degli scomparti sia inclinato e le olive siano deposte su assi o graticci, che impediscano il contatto col selciato. Cosa, questa, che sarebbe causa di sapori sgradevoli.
Chiarissimo.
Meno chiara è la descrizione delle macchine usate per la spremitura. Columella parla di cinque tipi di apparecchi di spremitura: quello a mole, il trappeto, il canale, la solea e la tudicola. Cosa siano, in assenza di una descrizione esauriente, risulta alquanto difficile dire. Fa meglio Catone. Nella descrizione di Catone (sia pure confusa) è possibile distinguere il torchio a leva e il frantoio a macine rotanti (trapetum). Le prime due macchine elencate da Columella sarebbero quelle descritte da Catone. Le altre dovrebbero, invece, ricercarsi tra i vari tipi di torchio a cunei, a verricello e a vite, che le ricerche archeologiche hanno mostrato essere in uso nelle aree olivicole dell'Impero.
E, infine, il processo di lavorazione delle bacche. "L'oliva, rimondata con diligenza, dovrà essere portata subito al torchio e, posta intera in cesti nuovi, essere sottoposta alle presse ed essere spremuta, per quanto è possibile, per la prima volta. Poi, infrante le bucce, dovranno essere frantumate, aggiunti due sestari di sale per ogni moggio, e le sanse dovranno essere spremute con i regoli o altrimenti con canestri nuovi. L'addetto al travaso riversi in continuazione il liquido che sarà fluito per primo in un bacile rotondo e lo ripartisca in altri bacili di terracotta che saranno stati predisposti per questo uso. Nel locale di spremitura vi siano infatti tre serie di recipienti, una per l'olio di prima qualità, una per la seconda qualità, l'ultima per la terza. È infatti essenziale non mescolare il prodotto della seconda spremitura, e ancora di più quello della terza, con l'olio di prima pressione, essendo esso di sapore molto migliore. Dopo che l'olio si sarà per un poco sedimentato nei primi vasi, il travasatore lo dovrà colare mano a mano nei secondi, poi, progressivamente, in quelli successivi: tanto maggiore sarà infatti il numero delle volte che esso sarà decantato, tanto più esso risulterà limpido e libero dalla feccia. " (De re rustica, XII,50).
Tre progressive spremiture, quindi, e una serie di decantazioni e travasi fino ad ottenere un liquido limpido, che potrà essere riposto nei dolii chiusi. La sequenza delle fasi del processo, a quasi duemila anni di distanza, è sostanzialmente immutata. Sebbene negli strumenti ora utilizzati sia difficile riconoscere i discendenti dei trappeti romani, il genuino olio d'oliva è ancora il prodotto della spremitura meccanica delle bacche così come viene descritta da Columella. Oggi, dalle sanse dell'ultima spremitura siamo in grado di trarre, mediante solventi chimici, sostanze grasse della stessa natura dell'olio. Chiunque però desideri sulla propria mensa il fluido aromatico in cui la tradizione alimentare mediterranea ci ha abituato ad identificare l'olio d'oliva, deve procurarsi il prodotto di un processo che è ancora quello descritto nel XII libro del De re rustica.

 

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