Pubblicato su Politica Domani Num 44 - Febbraio 2005

Neoliberismo e libertà
Dal governo un'idea di libertà falsa e ingannevole
Il modello economico della CDL (Casa Delle Libertà) affonda le proprie radici nel Cile di Pinochet, nell'Inghilterra tacheriana e negli USA di Reagan/Bush

 

Anche se in fatto di competitività siamo scesi sotto il quarantesimo posto, anche se l'Eurispes ed altri centri studi lanciano l'allarme sull'occupazione e sulla frammentazione del mondo del lavoro, il nostro paese può dirsi 'libero'. Libero economicamente, esattamente "mostly free", in buona parte libero. Certo, abbiamo un sistema pensionistico ancora troppo statalista, le nostre scuole pubbliche sono ancora troppo forti (la maggioranza dei giovani, cioè, ancora le frequenta), e la sanità più o meno riesce a curare ancora tutti. Ma "dopo 50 governi dopo la seconda guerra mondiale, l'elezione del Primo Ministro Silvio Berlusconi sembra dare all'Italia la possibilità di avviare le necessarie riforme strutturali". Questo ritratto dell'Italia viene dal think tank conservatore e neoliberista statunitense Heritage Foudation, che ogni anno redige una classifica dei paesi economicamente liberi. L'Italia si situa al 26 posto, con un punteggio di 2.28 (dove 1 è il massimo della libertà e 5 è il massimo della repressione). Il punteggio è calcolato tenendo conto di alcuni fattori: politiche commerciali, interventi del governo, politica monetaria, investimenti esteri, sistema bancario, sistema fiscale, sistema dei prezzi, livello di difesa della proprietà privata, regolamenti e mercato informale.
Questi fattori misurano - da punti di vista differenti - quanto pesa lo stato sul paese. Viene calcolata, ad esempio, la percentuale del Prodotto Interno Lordo (la ricchezza del paese) utilizzata dallo stato (per le scuole, per la sanità, per le pensioni, etc.). Minore è questa percentuale, maggiore è la "libertà economica". Vengono analizzate le leggi che regolamentano il mercato del lavoro: più flessibilità è uguale a vera libertà. Negli ultimi tre anni lo abbiamo sentito annunciare come la grande novità italiana. In realtà, chi continua a ripeterlo fino all'esasperazione non ha inventato nulla.
La politica di riforma economica (e istituzionale) avviata dalla CDL, ("Casa Delle Libertà", per stare in tema) si basa solidamente sul modello proposto, fin dagli anni '60, dal movimento neoliberista, che si avvale degli studi e dei report di Centri di Studi finanziati direttamente dalle grandi compagnie USA, i Think Tank neoliberisti.
L'espressione, nata alla fine degli anni '40 negli USA, significa letteralmente "serbatoio di idee", ma potrebbe anche essere letta come espressione militare, "idee carroarmato", visto che nacquero subito dopo la II guerra mondiale, all'inzio della guerra fredda, quando con le strategie proprie dei militari iniziavano in maniera sistematica anche le "operazioni" di controllo delle idee e dell'individuazione del "nemico interno".
Gli Stati Uniti avevano affrontato la seconda guerra mondiale sorretti dalla politica Keynesiana, che era riuscita a far uscire il paese dalla crisi del 1929. In Europa l'aiuto dello stato e il modello del welfare furono la risposta immediata alla distruzione e, per le popolazioni, lo stimolo a intraprendere la via della ricostruzione.
Lontano dal clamore, il neoliberismo nascente - che vedeva il giovane Milton Friedman frequentare la scuola di Chicago - creava il proprio mito: la libertà dell'individuo che non può essere sottomessa al potere dello stato. Il significato che viene dato ora al termine "libertà" nasce all'interno di questo movimento.
Dobbiamo arrivare al 1970, al governo Nixon, per vedere l'ascesa al potere della scuola neoliberista. Le multinazionali, che si stavano allora affermando, vedevano nel sistema di controllo dello stato e nel welfare il principale ostacolo alla loro libertà economica, ovvero alla crescita dei propri utili. L'intervento netto dell'amministrazione Nixon sulla politica monetaria del dollaro (fine della convertibilità dollaro/oro e fluttuazione del mercato delle valute) diviene la prima arma 'non convenzionale' utilizzata per proporre al mondo il modello di Chicago.
Nel contempo viene aperto il primo laboratorio: si passa dalle "idee" dei Think Tank ai carriarmati, questa volta veri e non metaforici. Nel 1970 un gruppo di impresari statunitensi e cileni segnalano al presidente che un certo dottor Allende potrebbe vincere le elezioni. "Sarebbe peggio di Castro", commentano noti esponenti del governo USA e lo stesso Nixon dà il via al tentativo di trasformare il Cile da "patria del comunismo" a laboratorio del neoliberismo, per sperimentare l'efficacia delle idee dei "Chicago boys".
Anche allora - come oggi in Italia - venne creata ad arte una contrapposizione fittizia tra "comunisti" (parola con la quale venivano etichettati tutti coloro che difendevano un modello di welfare e di protezione del cittadino da parte dello stato, sindacalisti, cattolici, democristiani progressisti, intellettuali, etc.) e "difensori della libertà". Un gruppo di economisti cileni, usciti dall'Università Cattolica di Santiago, redige - sotto la guida della Scuola di Chicago - il cosidetto ladrillo, il mattone. Si tratta di un dossier dove vengono indicati i cambiamenti strutturali dell'economia necessari a ridare quella libertà economica minacciata da Allende: meno tasse, meno servizi, eliminazione dei sindacati, precarizzazione del mercato del lavoro, privatizzazione della sanità e del sistema pensionistico. L'11 settembre del 1973 il generale Augusto Pinochet assume il ruolo di comandante della Giunta Militare cilena e avvia le riforme economiche nate dalla collaborazione tra la Cattolica di Santiago e il gruppo di Chicago. Nello stesso anno nasce la Fondazione Heritage, che oggi ha un budget annuo (basato su donazioni di gruppi privati) di circa 25 milioni di dollari e produce più di 200 report.
Negli anni '80 i diversi Centri Studi neoliberisti possono mostrare la loro creatura, il Cile, come un paese delle meraviglie, con un tasso di crescita altissimo (ed uno altissimo di disoccupazione e di povertà; fattori, questi, del tutto trascurati nella redazione dei rapporti sui paesi "liberi") e aperto agli investimenti esteri.
Intanto in Gran Bretagna l'avvento al governo di Margareth Tatcher, grande amica del generale Pinochet, avvia il laboratorio forse più importante in un paese europeo. La politica del primo ministro inglese applica la ricetta cilena allo stato britannico, destrutturando i sindacati, liberalizzando l'economia e privatizzando gli organismi statali. Alla fine di una tale cura di "libertà" la Gran Bretagna si ritrova stordita, impoverita e cambiata profondamente. Ancora oggi alcuni analisti sottolineano come vi sia nella popolazione una sorta di terrore di fronte alla possibilità di un ritorno della Tatcher al governo. Secondo alcuni opnionisti è proprio questa paura che permette al governo Blair di affrontare indenne momenti difficili, quale quello che dura ormai da quasi due anni e che lo vede oggetto di critiche anche feroci, da parte dell'opinione pubblica e del suo stesso partito, a causa della partecipazione alla guerra in Iraq.
Nel 1980 la fondazione Heritage pubblica uno studio di 3.000 pagine intitolato "Mandate for Leadership", che diverrà la base teorica della rivoluzione reaganiana negli USA. Il rapporto suggeriva decisi tagli ai programmi sociali e un rilancio della politica industriale militare (cfr. il programma di Reagan "Star Wars Defense Strategy").
Oggi il rilancio della politica neoliberista passa per i neocons (neoconservatori) statunitensi. Non c'è dubbio che il governo Bush stia di fatto riprendendo - dopo la pausa di Clinton - la via di Reagan. Va notato come la ricetta neoliberista, che si pone come obiettivo la libertà economica dell'individuo, richieda, per poter essere attuata, un governo fortemente autoritario. In Cile fu necessario un golpe. In Gran Bretagna il modello inglese aveva favorito l'ascesa della Tatcher, ma la repressione della lady di ferro fu durissima, soprattutto nei confronti dei sindacati. Oggi il governo Bush si avvale di misure legislative limitative delle libertà mai viste prima negli USA e neanche ritenute possibili.
E in Italia? Il Presidente del Consiglio - seguace convinto della scuola neoliberista - è consapevole che con l'attuale sistema non può ancora operare a suo piacimento. Per completare l'opera di liberalizzazione non è sufficiente - sostiene la Heritage Foundation - abbassare di un po' le tasse: è necessario ridurre la percentuale di spesa pubblica; quella che la fondazione americana indica come "palla al piede" dell'economia italiana. In sintonia quasi perfetta con i dettati della Heritage Foundation, per "liberalizzare" il paese, il governo di centrodestra punta decisamene a modificare profondamente le istituzioni vigenti, a riscrivere la Costituzione, ad introdurre il Premierato Assoluto. Come, infatti, sapeva bene Pinochet, il Comandante deve essere Supremo per poter contare.
Tutto per la "libertà".

Qui vi proponiamo una tabella con alcuni paesi e i loro "Indici di Libertà"

 

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