Pubblicato su Politica Domani Num 43 - Gennaio 2005

Dopo due anni di governo Lula
Tante speranze deluse
Continua e si conclude in questo numero l'intervista esclusiva di Politica Domani a Padre Claudio Bombieri, il sacerdote comboniano che da oltre venti anni lavora in Brasile con gli indios della regione amazzonica del Maranhão. L'analisi della politica interna e internazionale del Presidente Lula che fa Padre Claudio non può non valicare i confini del Brasile

di Maria Mezzina

"Boa sorte, presidente Lula, tanta boa sorte" è stato l'augurio che Marco Vitale, economista, faceva al nuovo Presidente del Brasile, dopo la sua vittoria al ballottaggio del 31 ottobre 2002 (Politica Domani n. 22, febbraio 2003). E di tanta "boa sorte" Luiz Ignacio da Silva, detto Lula, avrà ancora bisogno, stretto com'è fra la difesa dei diritti degli indios e la realizzazione dei suoi programmi più ambiziosi, e gli interessi della classe brasiliana dominante e del capitalismo internazionale.
Il governo Lula, che aveva destato moltissime aspettative, sta facendo molto poco sul fronte del riconoscimento costituzionale dei diritti degli indios alla loro terra. L'intervento di Lula nel processo di omologazione delle riserve indios si è limitato alle zone meno problematiche, 14 in tutto negli ultimi due anni. Il presidente non ha però preso nessuna posizione chiara e netta a proposito di quelle più problematiche, là dove si verificano occupazioni illegali e sul governo si esercitano pressioni anche da parte dei mezzi di comunicazione.
Cosa è cambiato, allora? C'è una maggiore disponibilità al dialogo, spiega padre Claudio. È cessato, almeno ufficialmente, l'atteggiamento di disprezzo nei loro confronti. Gli indios sono stati accettati dal governo come interlocutori. Ci sono nuovi programmi e maggiori risorse per l'assistenza sanitaria, per la scuola, per venire incontro alle loro esigenze. Rimangono però ambiguità: non ci sono nel programma di governo obiettivi precisi né scadenze definite: mancano cioè tutti quegli strumenti operativi necessari a garantire la proprietà delle terre alle popolazioni indigene, e la loro sicurezza e integrità. La mancanza di una politica preventiva in fatto di protezione e assistenza agli indios e la mancata attuazione della riforma agraria (promessa, prevista e mai attuata) sono le cause scatenanti di enormi pressioni esercitate sulle popolazioni indigene, sul governo, sui contadini, sui sindacati, sulle organizzazioni che si occupano dei diritti degli indios e dei contadini.
Lula è stretto fra pressioni interne e pressioni internazionali.
Il Brasile è uno Stato federale: 26 stati ciascuno con un suo governatore - che controlla 12 o 13 fra deputati e senatori nel parlamento centrale -, che è espressione di interessi forti all'interno del proprio Stato ed è oggetto di pressioni altrettanto forti. Il Brasile è un paese quasi immenso, ricchissimo di materie prime e materiale pregiato, con una popolazione di quasi 190 milioni di abitanti. "Le risorse naturali e la popolazione costituiscono un'immensa riserva di ricchezza - materie prime e forza lavoro - che fanno del Brasile la prima potenza economica del Sud America e il paese leader della regione". È questo il Brasile descritto sul sito ufficiale della CIA [www.odci.gov/cia/publications/factbook/geos/br.html]. Sul Brasile si sono riversati gli interessi e la voracità delle grandi multinazionali. Il Paese sta cercando di sollevare la sua economia compromessa da un debito pubblico in crescente ascesa, dal 1994 al 2003, e da tracolli economici interni e internazionali. Questi fattori lo rendono ostaggio dei diktat della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (ambedue saldamente controllati dagli USA). Estensione, ricchezza, posizione strategica fanno del Brasile il leader naturale dell'America Latina. È scontato quindi che in politica estera Lula stia spingendo per il rafforzamento del Mercosur (l'alleanza economica degli stati del sud America) e per la leadership del Brasile nell'alleanza. Il successo di questa politica e la rielezione di Lula per un secondo mandato dipendono in gran parte dalle alleanze che il presidente sarà in grado di stringere con gli Stati Uniti. Lula lo sa e deve cercare di conciliare i suoi programmi di lotta alla povertà - programma "fame zero" e concessione in proprietà agli abitanti delle favelas della casa e del terreno su cui vivono - con una strategia di avanzamento delle riforme che non si scontri con gli interessi degli Stati Uniti.
Muoversi con cautela, quindi, senza cedere a pressioni e ad interessi. Rispettare i diritti e permettere lo sviluppo. Trovare una via di mezzo. È questo il progetto politico di Lula e del suo partito, il Partito dei Lavoratori (PT). Un progetto che gli ha fatto perdere qualche consenso, ma che ha consentito al suo partito di avere ancora un buon successo nelle ultime elezioni comunali. C'è quindi, concreta, la speranza in un secondo mandato di Lula. Allora (è l'augurio di tutti) il Presidente dovrebbe riuscire a volare, finalmente libero dai pesanti condizionamenti che stanno tarpando le ali alla sua politica sociale, di difesa dei diritti degli indios e ai suoi progetti più importanti.

 

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Num 43 Gennaio 2005 | politicadomani.it