Pubblicato su Politica Domani Num 43 - Gennaio 2005

Anno internazionale del riso
Il riso è vita ... ed è anche pace
Proteggere la coltivazione e il consumo di uno dei cibi più comuni per combattere la fame nel mondo e per promuovere la pace

 

Chi si è accorto che il 2004 è stato l'anno internazionale del riso? Se ne è parlato molto poco nei media italiani (giornali e tv). E ora che il 2004 se ne è andato, rimangono tutti i problemi legati ad uno degli alimenti primari più diffusi nel mondo. Il riso rischia infatti di essere spazzato via dall'invasione sui mercati internazionali dei cibi - frumento e mais, magari transgenici - prodotti dai giganti della produzione alimentare.
"Riso è vita" è stato lo slogan collegato alle "celebrazioni" di questo alimento. E, come la vita, il riso è il risultato di una rete complessa e delicatissima di equilibri.
Dietro il piatto fumante del risotto, che nelle diverse forme stuzzica il palato e la fa da padrone sulla tavola imbandita, c'è una realtà fatta di miliardi di persone.
Vi sono nel mondo 840 milioni di persone che soffrono la fame e 200 milioni sono bambini. Il riso è il cibo più economico ed è facilmente conservabile, basta tenerlo in ambiente asciutto e areato. In Asia oltre due miliardi di persone trovano nel riso e nei suoi derivati dal 60 al 70 per cento dell'apporto calorico necessario per vivere. Esso sta diventando il nutrimento primo e il più importante mezzo di sostentamento anche in Africa e in un numero sempre crescente di paesi poveri.
I quattro quinti delle aziende che si occupano di coltivazione, produzione e trasformazione del riso sono piccole aziende produttrici che occupano circa un miliardo di lavoratori nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo. Una boccata di ossigeno per queste economie troppo spesso asfissiate dai debiti contratti con il paesi avanzati.
Nel becco della colomba della pace, insieme all'augurale ramoscello di olivo, starebbe bene anche una spiga di riso. Perché il riso è stato ed è elemento di unità e di cooperazione fra le persone: gruppi diversi per cultura e tradizioni, che abitano in villaggi limitrofi, sono stati costretti a lavorare insieme e a mettere in comune tutte le proprie risorse per la preparazione del terreno, per l'utilizzo delle acque, nella lotta contro le asperità della terra e contro le avversità meteorologiche.
Emblematica è l'esperienza del Cefa (Centro europeo per la formazione e l'agricoltura), una delle tante Ong che operano in Somalia, nella regione di Jowhar. Il progetto di riconversione della zona a colture di riso è portato avanti con l'aiuto di alcuni agronomi. É stato necessario scegliere una qualità di riso non solo adatto al terreno - una qualità simile a quelle che una volta erano tradizionali in Somalia, e che sono state abbandonate con lo scoppio della guerra nel 1991 -, ma adatto anche alla situazione politica del paese: una situazione instabile e insicura a causa delle guerre continue e delle rivalità fra le popolazioni del luogo. L'opera svolta dagli italiani e dai responsabili internazionali del progetto è stata, oltre che tecnica, squisitamente politica: "Il loro compito è ora quello di trasferire le loro conoscenze tecniche di base sulla risicoltura, alla popolazione locale. Rapportando, però, il tutto alla situazione presente e tenendo sempre in considerazione le precedenti esperienze degli agricoltori più anziani. Nel corso del progetto si sono, quindi, organizzate un totale di 1283 riunioni presso i villaggi o direttamente in campo. E a ognuna partecipano costantemente circa 1930 agricoltori, per un totale di 15.222 presenze. Grazie alla continua attività di formazione, la produzione media degli agricoltori passa dalle 1,8 t/ha (tonnellate per ettaro) iniziali alle 4,2t/ha dell'ultima stagione (2000), con un incremento del 134%, in ulteriore crescita". È quanto si legge sul sito del Cefa.
Ci sono campi di riso dal 53° parallelo nord, nella provincia di Heilongjiang in Cina fino al 35° parallelo sud, nel New South Wales in Australia; nelle foreste del Congo, su cui cadono piogge tropicali, e nel clima temperato continentale del Krasnodar, in Russia; nel delta del Nilo dal clima arido del deserto; nelle terre a livello del mare della Guinea-Bissau e a 2700 metri di altitudine, sulle montagne dell'Himalaya, in Nepal (FAO, "International Year of Rice", 2003).
Tutto ciò ha richiesto e richiede il dispiegamento di uomini, esperienze, competenze. Un lavoro immenso che coinvolge centinaia di milioni di persone, che ha richiesto un dispiegamento di energie fatte di conoscenze scientifiche, di abilità politiche, di capacità intellettuali, oltre che di fatica fisica. Un lavoro che ha permesso la costruzione di un complesso e delicato equilibrio. Ora, soprattutto nelle aree più povere, tutto ciò rischia di essere compromesso dalla invasione dei frumenti e delle farine che in enormi quantità, le grandi multinazionali impongono sui mercati mondiali. Si tratta di semenze e prodotti tutti uguali, che costituiscono una vera minaccia alla sopravvivenza di miriadi di piccole e piccolissime realtà produttive locali, e sono una minaccia per la biodiversità, che è garanzia di equilibrio e di vita.

 

Quanto è antico il riso

L'origine del riso si perde nella storia dei tempi. Fu solo nel 1952 che il giapponese Matsuo, servendosi della genetica, ha ricostruito la vicenda millenaria del riso: l'Oryza Sativa (nome botanico del riso) sarebbe comparsa per la prima volta più di sette, od ottomila anni fa nel territorio dell'isola di Giava. La prova che il prezioso alimento provenga dall'estremo oriente viene dall'archeologia: alcuni scavi dimostrerebbero che in Cina, già settemila anni fa, si coltivava e si consumava riso. Parlano infatti di risaie infatti già tre o quattro mila anni fa i resti fossili nella valle dello Yang Tze. Dai reperti rinvenuti in India, nelle grotte di Hastinapur situate nello stato di Uttar Pradesh, risulta poi che si nutrivano di riso intorno al 1000 avanti Cristo anche le popolazioni di quelle lontane contrade.
In Europa la storia del riso ha inizio con Alessandro Magno, che lo introdusse nel mediterraneo alla fine del IV° sec. a.C., dopo la conquista dell'India. Greci e Romani lo usarono a scopi terapeutici, gli Arabi ne acclimatarono la coltivazione e lo diffusero in Spagna e Sicilia. In Italia, alchimisti e botanici iniziarono, nel Medioevo, a selezionarne il seme mentre la coltivazione "massiccia" fu introdotta nel triangolo Novara, Vercelli, Pavia a partire dal Quattrocento. Nel Cinquecento l'incremento demografico costrinse a coltivare, talvolta come monoculture, anche piante "esotiche" e il riso, insieme a mais e patate, divenne un alimento popolare, di largo consumo.
[Per saperne di più: www.fao.org]

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