Storia e mitologia dell'olivo
Atena, Atene e l'olivo
Il legame tra la comunità urbana e l'olivo si afferma nelle istituzioni create dalla città per assicurare la protezione dell'albero e beneficiare così della sua virtù

di Alberto Foresi

Nel mito delle origini di Atene, l'olivo appare come un dono degli dei. Nel corso della contesa tra Posidone, dio del mare, ed Atena, dea della saggezza, quest'ultima fa spuntare dalla terra il primo olivo. Di fronte alle manifestazioni della sovranità di Posidone che assumono la duplice forma di un lago salato - un'acqua sterile - e di un cavallo impennato - un animale ribelle - l'olivo di Atena simboleggia l'avvento della coltivazione e la formazione del gruppo sociale su una terra che è ormai in grado di procurargli il nutrimento. La sua origine divina, la sua qualità di pianta dalle foglie perenni, il suo legame con Zeus e Atena sono tutti tratti che delineano la configurazione politico-religiosa dell'olivo. In questo, alcune caratteristiche della pianta sembrano aver svolto un ruolo determinante. Tra tutti gli alberi da frutto l'olivo è l'unico che non perde mai le proprie foglie: esse sono verdi in ogni stagione e il fogliame resta pieno di forza vitale. Un'indicazione di Plutarco (I sec. d.C.) che ricorda il privilegio dell'olivo di restare sempre verde sottolinea anche la valenza politica connessa alla pianta: "Senza posa, l'olivo sostituisce con foglie nuove le foglie cadute; come la città, esso resta eternamente vivo".
Per tutta l'antichità, l'albero gode di una longevità leggendaria: duecento anni secondo alcuni, più di mille secondo altri. La tecnica di riproduzione utilizzata, che consisteva nell'innesto di giovani ramoscelli su un vecchio tronco, ci consente di precisare questa specie di immortalità, rivelando un aspetto sorprendente dell'olivo: il tronco su cui è stato praticato l'innesto può morire, ma il ceppo innestato resta vivo. La storia miracolosa dell'olivo dell'Acropoli, la comparsa cioè sul ceppo dell'albero distrutto dall'incendio persiano di un virgulto all'indomani stesso del disastro, va collocata almeno in parte in questo contesto di favolosa vecchiaia che si alterna ad un'inesauribile giovinezza. Tuttavia, il miracolo dell'Acropoli non può essere spiegato in termini puramente botanici in quanto l'olivo sacro ateniese, posto sotto la protezione di Zeus e di Atena, è un albero immortale al quale sono legati sia il destino di Atene che la vita dei suoi abitanti.
Il legame tra la comunità urbana e l'olivo si afferma nelle istituzioni create dalla città per assicurare la protezione dell'albero e beneficiare così della sua virtù. Ad Atene i dodici polloni dell'olivo sacro del giardino di Academo sono posti sotto il diretto controllo dell'Areopago, cioè del consiglio incaricato di reprimere i delitti pubblici e religiosi e tutti i reati che minacciavano direttamente la collettività. In età arcaica tagliare uno degli olivi sacri era ritenuto un crimine punibile con la pena capitale. È ancora l'Areopago che si occupa della raccolta delle bacche e della produzione di olio, una raccolta rituale regolata da rigide prescrizioni, il cui prodotto era riservato esclusivamente ai vincitori dei Giochi delle Panatenee. In alcune raffigurazioni su vasi di ceramica viene mostrata Atena che sovrintende personalmente alla raccolta delle olive, mentre l'olio ricavato da esse veniva assegnato soltanto agli atleti che vincevano le gare più importanti. Il prodotto degli olivi sacri premia così la vittoria che conferisce ad un cittadino ateniese le virtù religiose assunte da Atena Nìke, vincitrice dei Giganti, colei che, con l'aiuto degli altri dei, istituisce il mondo ordinato, il kòsmos per gli dei e la città per gli uomini. Secondo il retore Elio Aristide (129-190 d.C.), l'olivo è segno e strumento di potenza vitale, della buona salute di cui il vincitore dei giochi della città reca testimonianza attraverso la sua forza.
La funzione politica dell'olivo di Atene emerge anche nel rapporto che l'albero aveva con le diverse classi di età maschili nelle quali si divideva il corpo sociale. Se il vincitore della prova di atletica riservata agli uomini adulti riceve, insieme all'olio di Atena, una corona di olivo, i vecchi ateniesi partecipano alle Panatenee portando rami d'olivo il cui valore politico emerge dall'opposizione ai rami di quercia - albero dai frutti selvaggi - che nel corso della medesima festa sono portati dagli schiavi affrancati e dagli altri "barbari" della città. All'estremo opposto dell'età senile, ogni neonato di sesso maschile riceve, al momento della nascita, un ramoscello d'olivo che viene appeso sulla porta della casa. Nelle tre età della vita, dunque, il cittadino ateniese risulta solidale con l'olivo, un albero definito esplicitamente quale albero della città. In effetti, l'olivo di Atena viene chiamato "olivo della città" non soltanto l'albero che si erge nella città ma l'albero che rappresenta l'insieme di tutti i cittadini.
Attraverso le differenti rappresentazioni simboliche di cui è oggetto, l'olivo della città si afferma come l'emblema politico incaricato di tradurre un rapporto di tipo religioso tra la comunità dei cittadini ed una porzione di terra coltivata. È attraverso l'olivo dell'Acropoli che la città mette le sue radici nel suolo di Atene e che i cittadini riescono a trovarsi in simbiosi con la terra coltivata.

 

Il giardino del re Alcinoo

L'olivo è anche presente nell'orto lussureggiante del palazzo del re dei Feaci Alcinoo, a Corfù:
"Fuori, poi, dal cortile, era un grande orto, presso le porte, di quattro iugeri; corre tutt'intorno una siepe. Alti alberi là dentro, in pieno rigoglio, peri e granati e meli dai frutti lucenti, e fichi dolci e floridi olivi ...
Là anche una vigna feconda era piantata ... Più in là, lungo l'estremo filare, aiole ordinate d'ogni ortaggio verdeggiano, tutto l'anno ridenti e due fonti vi sono: una per tutto il giardino si spande, l'altra all'opposto corre fin sotto il cortile.". (Odissea, libro VII).
Nella descrizione di questo luogo sono presenti le caratteristiche peculiari del giardino mediterraneo, composizione sapiente che al riparo di una protezione, muro o siepe, racchiude un frutteto, un oliveto, un vigneto e colture di ortaggi, con la presenza di fontane, condizione essenziale nell'aridità del clima mediterraneo. È questo un modello che si perpetuerà pressoché immutato nei giardini di Capua romana, in quelli di Granata moresca, della Sicilia sveva, della Provenza albigese. I versi di Omero ci consentono di stabilire come già otto secoli prima di Cristo il disegno di un modulo fondamentale dell'agricoltura occidentale fosse già perfettamente definito nelle sue essenziali caratteristiche architettoniche e agronomiche.

 

Homepage