Pubblicato su Politica Domani Num 42 - Dicembre 2004

Breve invito al cinema degli iconoclasti
L'ultima tentazione di Scorsese
Commento (positivo) a un film che ha scandalizzato le platee dei "benpensanti". La figura di Gesù esce dai canoni della rappresentazione agiografica; mediata dalla sensibilità del regista, emerge nel film la parte più profonda della sua umanità

di Luca Di Giovanni

Sulla figura di Cristo, come noto, sono stati realizzati decine e decine di film da quando è nato il cinema. I Vangeli restano una straordinaria ed inesauribile fonte di ispirazione per l'enorme quantità di storie raccontate, e il fanatismo e le infinite polemiche che hanno accompagnato l'uscita dell'ultima versione cinematografica della passione di Cristo, il pessimo "The Passion" di Mel Gibson, dimostrano quanto sia vivo l'interesse dell'opinione pubblica sul tema.
Per dire la mia sull'argomento, anziché tracciare la scontata cronistoria della filmografia su Gesù, elencando i registi che si sono cimentati nell'impresa di raccontare la Storia delle Storie, ho scelto di soffermarmi su un solo autore, Martin Scorsese, perché lo ritengo il più coraggioso, il più sincero e sfrontato nell'affrontare un tema così delicato in modo originale e anticonformista, il più visionario nel raffigurare delle immagini così codificate da secoli di sacre rappresentazioni con uno stile personalissimo.
"L'ultima tentazione di Cristo" esce nel 1988 dopo più di due anni di gestazione, e segna il coronamento di un progetto travagliato e lungamente covato da Scorsese. Al momento della sua uscita fu linciato a scatola chiusa dal fanatismo cattolico, accusato di blasfemia, duramente osteggiato e criticato dalla maggioranza dei critici e dei cattolici che lo giudicarono pericoloso e turbolento e scatenarono una polemica sulla "moralità dei suoi contenuti". Un ottimo motivo per vederlo, mi sono detto.
Oltre a confermarmi l'infondatezza di queste critiche prevenute, la visione de "L'ultima tentazione di Cristo" mi ha lasciato molti spunti di riflessione.
La vera sfida di Scorsese è quella di trattare Cristo anzitutto come un uomo, portatore di tutte quelle debolezze e quelle interrogazioni interiori che fanno dell'uomo un essere indomito e irrisolto. È un uomo che tenta di opporsi alla scoperta della propria divinità, che parla e grida rivolgendosi alla folla per trovare il coraggio di esprimere le paure e le incertezze del suo animo.
È un Cristo atipico, lontano sia dall'agiografia che dalle facili letture rivoluzionarie (il "Jesus Christ Superstar"del 1977); non è un'icona granitica come vuole una mitografia cinematografica che va da Cecil B.De Mille a Franco Zeffirelli.
Essere "di spirito" significa principalmente "essere uomini", cioè animali dubbiosi, mai pienamente all'altezza dei propri sogni, deboli, instabili, incerti. Significa, in extremis, finire sulla Croce e trovarsi ancora una volta indecisi su ciò che è bene e ciò che è male, se cioè sia più giusto morire e confidare nella resurrezione salvifica, accettando la missione di obbedire a Dio Padre, oppure scendere dalla Croce, liberarsi dall'eternità e vivere confinato nelle abitudini del lavoro e della buona famiglia.
È questa l'ultima tentazione di Cristo, il quale durante un'allucinazione sulla Croce si vede scendere a fare l'amore con la Maddalena e negarsi al sacrificio per una vita normale e serena, circondato dai figli e segnato dal tradimento del suo compito.
Fino alla fine del film l'autore sospende qualunque giudizio lasciando allo spettatore i dubbi di Gesù. La scelta tra il bene e il male risulta assai ardua per un essere umano, perché le condizioni oggettive, psicologiche e sociali confondono a tal punto l'individuo da farlo diventare facile preda dell'indecisione e dell'indeterminatezza.
Gesù è un rivoluzionario, un uomo straordinario che si ribella al suo tempo sacrificando per fede l'esistenza personale, ma le diaboliche tentazioni borghesi possono in qualunque momento prendere il sopravvento.
I movimenti incerti e sinuosi della macchina da presa riflettono il fremito del dialogo con il Divino e il disagio di un uomo che vuole conoscere anzitutto sé stesso, per superare l'ostacolo delle convenzioni e capire come meglio comportarsi.
"L'ultima tentazione di Cristo" ha ricevuto molte critiche non soltanto per la presunta scandalosità della tentazione finale, ma anche per il tono predicatorio e colloquiale delle parole di Gesù, che dibatte sui temi della Bibbia con una foga colorita e popolare e un'ansia di comunicare agli altri questioni che neppure a lui si mostrano del tutto chiare, e che ad un certo punto, quando la folla comincerà a credere alle sue parole, si troverà di fronte al problema di restare fedele alle promesse fatte.
Anche il rapporto di Gesù con Giuda, presentato come il primo, più forte, tenace, intelligente e appassionato dei suoi seguaci, costretto a tradirlo dal disegno divino, e con Maria Maddalena, diventata prostituta a causa del suo rifiuto di amarla, non concede nulla alla retorica con cui i film precedenti (e successivi…) risolvono la caratterizzazione del personaggio, coraggiosamente mostrato da Scorsese in atteggiamenti "barbarici", come potrebbero vederlo uomini di cultura diversa da quella Occidentale.
La splendida parte finale dedicata al flusso allucinatorio sulla Croce nega inesorabilmente l'eventualità che le immagini possano offrire allo spettatore un parere risolutorio sulla giusta via da seguire; Scorsese, andando contro ogni consuetudine, e in perfetto stile anti-commerciale, interrompe la progressione narrativa della storia proprio al sopraggiungere di Gesù sul Calvario, per ricreare i tempi della visione, e aprire un varco imprevisto dinanzi allo sguardo dell'umano Messia, che non potendo vivere nel peccato di una vita borghese sente di dover dare l'esempio del sacrificio personale, e tornando sulla Croce rinnova il ciclo della colpa e della redenzione.

 

Homepage

 

   
Num 42 Dicembre 2004 | politicadomani.it