Pubblicato su Politica Domani Num 42 - Dicembre 2004

Iraq: "Questo silenzio è peccato"
Centinaia fra sacerdoti, religiosi e laici scrivono ai vescovi italiani per chiedere la condanna dell'attacco alle città irachene, una dichiarazione comune contro la guerra e il ritiro dei cappellani militari

 

Cari fratelli Vescovi,
in Iraq è stata superata la soglia della stessa guerra "preventiva". A Falluja si è rotto ogni argine alla barbarie. Siamo in presenza, non di una occupazione militare, ma di una distruzione totale, programmata e sistematica: un numero impressionante di uccisi, cimiteri a cielo aperto, impedimento di portare i soccorsi e i rifornimenti necessari ai superstiti, rase al suolo case, luoghi sacri, edifici d'arte. Per gli iracheni sunniti Falluja è città sacra. Urbicidio.
È possibile conoscere la realtà soltanto a operazioni concluse e da un'unica fonte pilotata.
È la crudeltà dei fatti che produce fondamentalismo non le parole.
Come credenti, uniti alle sorelle e ai fratelli delle altre confessioni cristiane, ci siamo impegnati con grande varietà di modi (veglie, preghiere, digiuno, assemblee, manifestazioni…) prima perché la guerra non iniziasse, come anche il Papa ha inutilmente supplicato, anche con azioni dirette di mediazione, poi perché cessasse. Accogliendo e facendo nostro l'invito di Giovanni Paolo II abbiamo invocato e fatto pressione, perché la Comunità internazionale rientrasse nelle regole del diritto offeso e ripudiato, ridando autorità all'Onu.
Sull'orrore di Falluja è calato un "tacere" impressionante, di fronte al quale la società civile che ancora sente un fremito di coscienza, vive la grande sofferenza della vergogna e dell'impotenza.
Non possiamo rassegnarci. Non possiamo più tacere!
Il nostro Dio ascolta il grido dei bambini, delle donne, dei civili trucidati senza distinzione. Il nostro silenzio rischia di essere interpretato da parte di tutti i crocefissi come connivenza con i crocefissori. Questo silenzio è peccato. Siamo chiamati ad aver fiducia nel "Regno di giustizia, di amore e di pace" del Crocefisso e denunciare il regno di potenza, di distruzione e di morte.
Noi vi supplichiamo di dire da pastori una parola di pietà per i morti, di consolazione per i sopravvissuti e di condanna per il peccato di chi continua ad uccidere, generando odio e vendetta di cui si nutre il terrorismo senza fine. Sconfessate con una dichiarazione comune la guerra con le sue violenze, menzogne e crudeltà. Ribadite la scelta responsabile della nonviolenza, del dialogo e del diritto per raggiungere la riconciliazione e la pace tanto desiderate.
Vi chiediamo, come Conferenza episcopale italiana, un segno semplice, eloquente comprensibile dalle folle di poveri, sfiniti dalla violenza indiscriminata: ritirate i cappellani militari, che in questo momento sono assieme ai soldati italiani di fatto parte della coalizione responsabile di quanto sta avvenendo.
"Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" Parola di Dio della prima domenica di Avvento.
Sono tante le persone, anche quelle che non appartengono alla comunità ecclesiale, che aspettano con ansia un vostro gesto di verità e di coraggio.
Forza e pace nella fede. Vi salutiamo con grande cordialità.

 

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