Pubblicato su Politica Domani Num 42 - Dicembre 2004

OGM
La guerra nei campi di grano
C'è chi ritiene che gli organismi geneticamente modificati siano la soluzione finale alla fame nel mondo e chi afferma che sono solo un gigantesco affare per le multinazionali agrochimiche

di Marianna Berti

È dai laboratori del paesi industrializzati che viene fuori, all'inizio degli anni '90, la ricetta per sconfiggere il più temuto e il più attuale dei quattro cavalli dell'Apocalisse: la fame. A tendere in aiuto la mano sono le multinazionali. Le grandi compagnie agrochimiche si fanno esportatrici di tecnologie il cui scopo - dicono - è di aumentare la produzione agroalimentare attraverso la coltivazione di piante resistenti che provengono da semi geneticamente modificati. Tuttavia, oltre che piantare i semi che danno origine a queste piante resistenti, le compagnie mettono anche le radici di serie problematiche di natura socioeconomica, oltre che sanitaria.
Associazioni ambientaliste, associazioni di consumatori, ONG, forze politiche e sindacati, organizzazioni dell'agricoltura e dell'artigianato, eminenti personalità del mondo scientifico e della cultura lanciano l'allarme di un'incombente catastrofe economica. La maggior parte del mercato delle sementi è controllata da tre colossi: la Monsanto (gruppo Pharmacia), la Syngenta (già Novartis) e l'Aventis (acquisita dalla Bayer nel 2001). Si tratta di una tecnologia coperta da brevetto il cui monopolio è nelle mani di queste signore dell'economia mondiale, che si apprestano con gli OGM a dominare la scena del mondo; infatti secondo Jeremy Rifkin chi controlla l'ingegneria genetica controlla anche l'industria degli anni 2000. Saranno queste aziende a dominare gli scenari del futuro, se è vero che sono allo studio piante geneticamente modificate in grado di produrre plastica e vaccini.
Molte le pratiche sotto accusa. Ad esempio la Monsanto, compagnia del settore agrochimico, è entrata nel businness delle sementi GM per rilanciare le vendite del suo erbicida più noto: l'erbicida, insieme alle erbe infestanti, faceva infatti strage anche delle piante che avrebbe dovuto proteggere1. È stato così necessario creare prodotti GM in grado di tollerare l'erbicida killer. Il metodo Monsanto ha fatto scuola. Così oggi chi produce erbicidi ed insetticidi cerca di mettere sul mercato semi compatibili solo con i propri prodotti chimici. Un'ulteriore strategia messa a punto dalla Monsanto è di non concedere più la proprietà dei semi per le coltivazioni agli agricoltori, per evitare che questi rivendano poi per proprio conto i semi riprodotti, senza più ricorrere all'azienda produttrice. La compagnia ha consentito agli agricoltori di utilizzare i semi, ma non di gestirli a loro modo. Questa pratica - poco meno che una dittatura in fatto di produzione agricola - è stata avallata dal Parlamento Europeo, che non ha resistito al lobbying di tali compagnie e ha dato il via libera ai brevetti OGM. Quello che più sorprende è il controllo a cui gli agricoltori sono soggetti: investigatori assunti dalla compagnia si aggirano per i campi con il compito di stanare gli agricoltori non autorizzati ad usare le sementi firmate Monsanto, o che ne fanno un uso non autorizzato. Ma niente paura, senza arrivare in tribunale, l'agricoltore "cattivo" può concordare di pagare una somma di denaro alla compagnia.
L'altro grande colosso è la Syngenta, la più grande azienda mondiale nel settore dell'agricoltura. La sua carta vincente sta nell'elaborazione di tecniche commerciali particolarmente raffinate. Appartiene infatti alla Syngenta il brevetto sulle tecnologie terminator, quelle cioè in grado di produrre semi sterili. Una volta commercializzata questa tecnologia non permetterà più agli agricoltori di mettere da parte i semi per la successiva stagione, e i produttori agricoli saranno costretti ad acquistare, sempre dalla Syngenta, i nuovi semi oppure i prodotti chimici capaci di curare la loro sterilità.
Contro questa tecnica di modificazione genetica si sono schierati in molti.
Quelli più colpiti da queste dinamiche del mercato delle sementi e dei prodotti insetticidi ed erbicidi sono soprattutto i piccoli agricoltori, i consumatori e la biodiversità. Per Greenpeace, le aziende agricole di piccola scala non possono sostenere i costi imposti dai metodi dell'ingegneria genetica, che invece le multinazionali possono affrontare. Il fallimento dei piccoli agricoltori metterebbe a rischio la sicurezza alimentare dei Paesi in via di sviluppo le cui economie di sussistenza si basano proprio sulla produzione agricola locale.
A questi pericoli potenziali si aggiungono le denunce degli agricoltori che hanno subito consistenti e costanti perdite di produttività dopo pochi anni di colture OGM. Le denunce risultano da alcune ricerche indipendenti fatte a scala di villaggio, con la collaborazione dei contadini stessi, e disponibili sul sito www.grain.org; mentre altre autorevoli ricerche si occupano dei risultati ottenuti negli USA negli ultimi dieci anni2. I dati che emergono sono la prova del fallimento del progetto iniziale: ridurre la fame nel mondo.
Nonostante ciò in molti continuano a sostenere che le colture transgeniche potrebbero essere la salvezza per i più poveri, i dannati della terra; e a questo scopo a giugno da Burkina Faso è stato lanciato un appello contro i pregiudizi sulle biotecnologie.
L'aspetto più grave legato alle colture transgeniche è la perdita della biodiversità: la condizione che permette agli organismi viventi il loro continuo adattamento all'ambiente. La mancanza di diversità genetica è stata la causa di alcune tra le più gravi carestie della storia. Inoltre, l'uso di semi transgenici potrebbe indebolire gravemente le economie basate sulla qualità dei prodotti agroalimentari, come quelle europee e il sistema italiano in particolare. Sugli OGM è in atto una guerra commerciale tra USA e Europa, sostiene Paolo Bedoni, Presidente della Coldiretti italiana. Ritornano drammaticamente di attualità le parole di Hans R. Herren, vincitore del premio World Food nel 1995: "L'agroindustria ha ovviamente in mente i suoi azionisti, che sono più interessati al rendimento a breve termine che alla sostenibilità a lungo termine".
Ci sono in campo scientifico voci anche autorevoli a favore degli OGM e a difesa delle tecniche di ingegneria genetica in grado di migliorare la qualità dei nostri cibi senza avere effetti negativi sull'organismo umano (per esempio, in Italia, il prof. Veronesi). Quanto sostenuto a favore degli OGM da questi scienziati, però, tiene in poco conto l'aspetto socio-economico legato al problema.
Per l'economista premio nobel Amartya Sen (e per molti altri), la fame nel mondo è un problema di distribuzione non tanto di produzione: c'è oggi abbastanza cibo sulla terra per tutti, esiste però una grande fetta di umanità che non ha i mezzi per procurarsi il cibo. Le vittime della fame continueranno e aumenteranno, se i governi e le organizzazioni internazionali non interverranno per regolare le politiche agricole in modo che nessuno sia ridotto al fallimento e alla fame. Una scelta certamente più difficile di quella degli OGM, ma sicuramente vincente.
Se legislatori e politici di fronte al problema degli OGM appaiono ancora tiepidi e distratti, molto più decisa è invece la posizione dei consumatori riuniti nelle varie associazioni, che sono più agguerriti e più forti che mai. In Europa distributori e rivenditori evitano i prodotti transgenici e vanno a caccia del marchio di qualità. Consumatori ricchi ed esigenti come quelli europei potrebbero riorientare il mercato e porre così un freno alla corsa al profitto delle multinazionali agrochimiche. È iniziato un braccio di ferro fra produttori e consumatori da cui però sembra, al momento, che siano le grandi corporation ad uscirne vincitrici.

1 Della Monsanto, dell'erbicida, "Roundup", e del mais geneticamente modificato prodotto dalla Monsanto per resistere all'erbicida, il "Roundup Ready", ci siamo occupati nel n. 30, novembre 2003, di Politica Domani, a pag. 10.
2 Interessanti testimonianze compaiono sul sito www.biotech-info.net , ricchissimo di documenti. Segnaliamo, dal sito, "Genetically Engineered Crops and Pesticide Use in the United States: the First Nine Years", di Charles M. Benbrook, Technical Paper n. 7, Ottobre 2004.

 

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