Pubblicato su Politica Domani Num 42 - Dicembre 2004

Cosa significa
Diversità biologica
Dal botanico svedese Linneo la chiave per classificare un enorme patrimonio naturale a serio rischio di estinzione

di Mauro Lodadio

Vi siete mai chiesti quanti sono i "territori intatti" in cui viviamo? Si contano sulle punta delle dita. Insediamenti urbani, agricoltura intensiva, desertificazione e stati di degrado minacciano quotidianamente l'infinita varietà di vita sulla Terra. Non è un caso che nelle aree in cui è sopravvissuta la vegetazione primaria l'Homo Sapiens è pressoché assente. Tra flora e fauna non sappiamo quante specie esistano. Alcune forme di vita sono scampate ad estinzioni di massa, altre sono apparse in tempi recenti, quelle scomparse, infine, non torneranno mai. Se volessimo riassumere tutto questo in una sola parola, dovremmo affidarci al termine "biodiversità".
Coniata dai biologi, "biodiversità" coniuga le parole "diversità" e "biologica". "Diversità" è un sostantivo che in questo caso significa variabilità; "biologica" è un aggettivo che si riferisce ai processi vitali. Dato che le principali entità biologiche variabili sono le specie, ne consegue che con il termine biodiversità si designa principalmente il numero di specie esistenti. Spesso si sente parlare di biodiversità soprattutto in relazione agli ambienti tropicali, per il motivo che la maggior parte delle specie vive ai tropici. L'uomo sta distruggendo le foreste tropicali al ritmo di 20-40 ettari al minuto, e alla medesima velocità se ne sta andando anche una larga parte delle risorse genetiche del pianeta.
Per un approccio completo sulla variabilità e varietà degli organismi viventi e dei sistemi ambientali che li contengono, è necessario distinguere tre livelli di biodiversità: la variabilità degli habitat, il patrimonio di specie animali e vegetali, la biodiversità a livello di geni in una specie o in una popolazione. Fu un botanico svedese, Linneo, a pubblicare per la prima volta un metodo di classificazione degli organismi viventi. Era la metà del 1700 e se ne sono fatti di passi avanti. Le specie animali finora conosciute sono circa un milione e 750 mila. Un totale destinato a crescere perché le stime parlano di circa 100 milioni di specie esistenti1. Gli insetti, ad esempio, sono le creature più presenti e costituiscono la metà di tutte le forme di vita.
Gli ambienti più ricchi di biodiversità e più importanti per la loro conservazione sono le foreste tropicali, le barriere coralline e gli estuari dei grandi fiumi. Si calcola che circa il 50% delle specie mondiali viva nelle foreste pluviali tropicali. Prendiamo l'Amazzonia. Un ecosistema in grave pericolo: vi resta meno del 7% della vegetazione originaria. La foresta intatta più grande del mondo è diventata la Taiga Siberiana, punto d'interazione naturale fra grandi predatori e prede; un sistema di zone umide, habitat naturale per la riproduzione di molti animali in via d'estinzione.
L'antropizzazione2 del mondo sta rovinando tutto. Alcuni dati dicono che all'anno scompaiono circa 30 mila specie viventi, un fenomeno molto più rapido della sparizione dei dinosauri. Un famoso biologo, Edward O. Wilson parla di "una delle più grandi estinzioni della storia geologica". L'uomo entra e fa propri gli habitat naturali più inaccessibili. Lingue di cemento nel verde delle foreste più impervie portano coloni e con essi miniere, caccia, disboscamento. Linee elettriche, periferie urbane, mutano per sempre, irrimediabilmente, le condizione di vita di migliaia di esseri viventi.
La macchia mediterranea di casa nostra e le foreste secche tropicali sono più a rischio di quelle pluviali perché già intensamente abitate. Interessante il quadro d'insieme che elabora il Wwf. "Il nostro Paese è tra quelli che, in ambito europeo, ospita tra i più elevati valori di biodiversità. L'Italia, infatti, ospita il 65% degli habitat prioritari indicati nella direttiva europea "Habitat", ed oltre 1/3 delle specie animali distribuite in Europa. Inoltre, è presente quasi il 50% della flora europea su di una superficie di circa 1/30 di quella del continente. Sono probabilmente le zone umide a rappresentare gli ecosistemi più importanti, per la presenza di numerosissime specie di organismi acquatici, uccelli e piante. Caso emblematico, il Delta del Po, ma anche gli stagni dell'oristanese e della Maremma, come Orbetello. Poi le foreste e gli ambienti costieri. Purtroppo anche in Italia la perdita della biodiversità è andata di pari passo con l'avanzare dell'urbanizzazione e con lo sviluppo di un'agricoltura intensiva. Oltre il 60% dei vertebrati italiani sono minacciati. Secondo il "Libro Rosso degli animali d'Italia" del Wwf, redatto nel 1998, sono a rischio l'88% delle 48 specie di pesci, il 76% delle 37 specie di anfibi, il 69% delle 49 specie di rettili, il 66% delle 250 specie di uccelli il 64% delle 110 specie di mammiferi."

1 Da National Geographic Italia, Febbraio 1999, vol.3 n.2: "Il calcolo delle specie non è una scienza esatta. Ne sono state classificate ufficialmente un milione e 750 mila. Il totale è destinato a mutare, ma secondo il biologo Wilson il numero di specie note dei maggiori gruppi tassonomici parla da sé. La quantità di certi organismi (ad esempio i batteri) è sottovalutata, e vi sono habitat (volte delle foreste, fondali oceanici) quasi inesplorati. Alcuni stimano che le specie possano essere anche 100 milioni."

2 Trasformazione delle caratteristiche di un territorio o di un paesaggio precedentemente intatto per effetto dell'intervento umano (diz. Garzanti).

 

Carlo Linneo

Carl Von Linné (Svezia, 1707-1778) nella sua opera Systema naturae (1735) sviluppò e mise ordine nei vari tentativi precedenti di classificazione dei viventi.
Per Linneo è costante la forma, cioè il principio generatore delle specie, l'idea di specie. Preesiste cioè l'idea, o forma (per esempio del cane o del leone), che viene attuata in innumerevoli esistenze individuali nel corso dei tempi. La sua concezione filosofica riprende sostanzialmente quella di Platone e di Aristotele.
Nel 1751 pubblicò Philosophia botanica, che esercitò una grande influenza su molti suoi contemporanei. Nell'opera si affermava che le specie, create in forma eterna e immutabile secondo un progetto divino, erano spontaneamente disposte in un sistema naturale che si prestava alla classificazione.
Prima di Linneo le specie venivano descritte dal nome del genere, seguito da una descrizione per esteso della specie. Egli introdusse (1753) la nomenclatura binomia secondo la quale ogni specie viene indicata con un doppio nome: uno del genere, che è comune anche ad altre specie, e uno come attributo, che sottolinea un carattere in grado di distinguere la specie in questione da altre dello stesso genere. I criteri tassonomici utilizzati da Linneo erano basati, nel caso delle piante, su differenze tra le parti sessuali e, nel caso degli animali, su caratteristiche anatomiche interne.
La sua nomenclatura, è praticamente in uso ancora oggi, anche se la sistematica moderna, seguendo la linea darwiniana, interpreta la classificazione come uno schema della storia in senso evolutivo.

 

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