Pubblicato su Politica Domani Num 42 - Dicembre 2004

Il traffico di armi in Italia
E, come cliente, l'Africa
Dall’europa dei meIl proliferare di armi leggere, molto disponibili e poco costose, è una delle cause principali dei tanti conflitti in atto nel grande continente nerorcati a quella dei cittadini

di Daniele Proietto

"Esorto gli Stati Membri affinché traggano beneficio da questa Conferenza in modo da iniziare ad intraprendere azioni concrete che riducano il traffico illegale di armi di piccolo calibro… Il dialogo è fondamentale, ma dobbiamo accompagnare le dichiarazioni di impegno con un'azione concreta". Con queste parole Kofi Annan, Segretario Generale delle Nazioni Unite, concluse la Conferenza sul Commercio Illegale di Armi Leggere e di Piccolo Calibro tenutasi a New York nel luglio del 2001.
Tuttavia, nei pochi anni successivi, da quell'incontro ad oggi, la situazione non è cambiata molto e gli interessi economici delle Nazioni più sviluppate hanno a poco a poco offuscato tutti i buoni propositi emersi durante il congresso di New York. Molte infatti sono le nazioni che continuano a rifornire di armi un mercato che è sviluppato principalmente in America settentrionale, in Asia e in Africa.
Come accade spesso per le esportazioni, il "made in Italy" è riuscito nel tempo a conquistarsi una buona fetta di mercato. Nonostante gli acquirenti principali siano gli Stati Uniti e l'America in generale, è sull'Africa che le nostre imprese ripongono grandi aspettative di guadagno.
Il triste primato di maggior esportatore di armi in Italia spetta alla Lombardia (40% del totale delle esportazioni), e più in particolare a Brescia - sede della nota fabbrica di armi Beretta - che vanta un ufficio vendite persino a Beirut (Brescia Middle East).
Per quanto riguarda il mercato africano, la recente espansione è dovuta alle continue guerriglie tra le forze governative e gli eserciti di rivoltosi, che sono muniti quasi sempre di Kalashnikov e armi prodotte dalla Beretta. Altro fattore importante che favorisce il mercato delle armi è l'abbassamento dei prezzi, conseguenza diretta dell'aumento della produzione (offerta), aumento a sua volta legato alla maggiore domanda: un fucile d'attacco AK-47, può costare 30 dollari, un sacco di mais o 3 mucche, a seconda della zona in cui lo si acquista. Per meglio rendere l'idea della riduzione dei prezzi basti pensare che fino a pochi anni fa un fucile del tipo sopra citato costava 30 mucche invece di 3.
Per cercare di limitare in qualche modo il traffico di armi, undici Paesi appartenenti al Corno d'Africa e alla regione dei Grandi Laghi (tra cui Burundi, Ruanda, Uganda, Kenya, Sudan, Tanzania, Eritrea e Seychelles) si sono impegnati attraverso la firma di un protocollo (Nairobi, 12 maggio 2003) a risolvere i propri conflitti interni, che sono le principali attrazioni dei flussi di armi leggere in Africa centrale e orientale. Il protocollo inoltre impone ai vari Paesi di bandire la produzione non legale, e il commercio e il possesso di armi di piccolo calibro. Tuttavia non è stato ancora stabilito se le restrizioni imposte debbano essere ugualmente severe per tutti i paesi, oppure se ognuno di essi potrà decidere autonomamente le proprie sanzioni. Nel caso in cui sia quest'ultima posizione a prevalere, c'è il rischio che il traffico di armi si sposti nei paesi più "permissivi", da dove poi penetrerebbero in quelli più severi e così il problema sarebbe aggirato.
Lo stesso Annan descrive la drammaticità e la gravità della situazione che coinvolge i Paesi Africani: "Disponibili senza difficoltà e facili da usare, le armi leggere e di piccolo calibro sono state i principali strumenti di violenza e, talvolta, le sole usate in quasi tutti i recenti conflitti di cui si sono occupate le Nazioni Unite. Nelle mani delle truppe irregolari che operano con scarso rispetto del diritto internazionale ed umanitario, tali armi hanno portato ad un grave sacrificio di vite umane".
Le speranze di risolvere il grave problema del traffico illegale di armi, nonostante tutto, non sono ancora crollate. Così infatti si esprime Koffi Koffison, coordinatore presso il centro delle Nazioni Unite per la pace e il disarmo in Africa, che vede la soluzione nel rispetto da parte di tutti degli accordi sottoscritti: "Se tutti i paesi, in particolare quelli delle regioni più deboli, aderiscono al programma delle Nazioni Unite e applicano il protocollo di Nairobi, riusciremo senza alcun dubbio a tenere sotto controllo la proliferazione di armi nella regione".

 

Cosa sono
Armi di piccolo calibro e leggere

Con armi di piccolo calibro si intendono quelle armi destinate all'uso personale. Vengono considerate appartenenti a questa categoria le rivoltelle e le pistole a carica automatica, i fucili, i fucili mitragliatori, i fucili d'assalto e le mitragliatrici leggere.
Con armi leggere si intende una categoria di armi progettate e costruite per un utilizzo in gruppi o squadre coordinate che agiscano insieme. Mitragliatrici pesanti, alcuni tipi di lanciagranate, i cannoni antiaerei e anticarro portatili, i sistemi lancia missili antiaerei portatili e le mine antiuomo sono definiti armi leggere.
In entrambi i casi la diffusione di tali armi fra gli eserciti di guerriglieri è dovuta ad alcuni vantaggi che questo tipo di "prodotti" offre:
- per il loro basso costo anche organizzazioni non statali, e quindi senza sovvenzioni, possono permettersi di acquistarle;
- sono ideali per azioni rapide;
- sono molto semplici da usare (le usano anche i bambini soldato);
- non richiedono nessuna manutenzione e sono praticamente indistruttibili.

 

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