Pubblicato su Politica Domani Num 42 - Dicembre 2004

Storia dell'olivo nel mondo mediterraneo
Una civiltà millenaria in una pianta
L'olivo nel vicino Oriente antico e nella tradizione ebraica

di Alberto Foresi

L'olivo è l'albero tipo del clima mediterraneo, al punto che i limiti settentrionali ed occidentali della sua coltura sono stati scelti dai fitogeografi per definire la "Regione mediterranea", ovvero la regione in cui la vegetazione mediterranea raggiunge il suo optimum.
Nonostante l'identificazione dell'area colturale dell'olivo con il bacino mediterraneo, è probabile che la pianta provenga da una vasta regione dell'Asia Minore che si estende dal Sud del Caucaso e dai piedi dell'Elburz fino alle Cicladi e all'Arabia meridionale. Da qui, nel corso degli ultimi millenni precedenti la venuta di Cristo (tra il 5000 e il 3000 a.C.), la sua coltura si estese nell'area mediterranea, divenendone un aspetto peculiare al punto di determinarne non solo l'alimentazione ma anche, in un certo senso, la civiltà stessa dei popoli che vi si insediarono. Parlare della storia di quest'albero millenario equivale a tracciare il cammino dell'uomo: dai remoti tempi in cui i popoli stanziati nella parte meridionale del Caucaso, ad Ovest dell'altopiano iranico, nella Siria e nella Palestina lo conobbero, fino ad oggi, epoca in cui l'olivo è annoverato fra i simboli della civiltà mediterranea ed è ritenuto uno dei pilastri su cui si sono formate l'intelligenza e la creatività delle popolazioni mediterranee.
Trattare dell'olivo ci obbliga a porre in risalto l'importanza assunta nel corso dei secoli dall'olio, suo principale prodotto. Importanza che va ben al di là dal suo uso alimentare, abbracciando ben presto profondi significati rituali e religiosi.
Le proprietà possedute dall'olio lo resero adatto a divenire un simbolo religioso importante quanto l'acqua, il latte, il fuoco. Oltre ad essere utilizzato sotto forma di unzione per consacrare persone ed oggetti o per guarire malattie, presso Egiziani, Greci e Romani era usato per ungere i cadaveri; in taluni casi, si ponevano nelle tombe dei vasi contenenti oli ed unguenti, chiamati dai Greci lekythoi. Usanza diffusa era massaggiare con olio i neonati. L'olio veniva inoltre utilizzato per sacralizzare i momenti più importanti e critici dell'esistenza umana, quali, ad esempio, il passaggio dall'infanzia alla pubertà, il matrimonio, la morte, o prima dell'inizio delle cerimonie religiose.
Nel mondo greco, prima di consultare gli oracoli, era pratica diffusa ungersi con olio e con esso, in occasione delle feste in onore di Dioniso, gli uomini incaricati di condurre sull'altare il toro da sacrificare si aspergevano il corpo. Usanza simile si praticava in Roma in occasione dei Lupercalia, le feste in onore del dio Lupercus. Nell'antico Egitto i sacerdoti, prima di compiere cerimonie religiose, si ungevano con olio il capo. Il rito dell'unzione del re è riscontrabile in innumerevoli contesti storici: presso le popolazioni semite, gli Egiziani, gli Atzechi e gli Indù.
Nelle paganesimo greco-romano, ma anche presso alcune popolazioni africane, l'olio rivestiva particolare importanza nei sacrifici rituali: la vittima era sovente unta con un olio che si riteneva possedesse particolari poteri sacri, ed era ricoperta di fiori prima del sacrificio. Greci e Romani, inoltre, ungevano i simulacri delle divinità: a Roma i membri della confraternita degli Arvali, in occasione di alcune feste dedicate a Dia - divinità italica della fertilità dei campi, identificata con Cerere e, in un secondo momento, con la greca Demetra - ricoprivano con olio la statua della dea, e l'usanza era presente anche nell'antica Grecia.
Fra i primi documenti che menzionano l'olio va ricordato il codice babilonese di Hammurabi (1700 a.C. circa), contenente una legge con la quale se ne regolamentava il commercio. Inoltre, alcune tavolette con iscrizioni databili al regno di Nabucodonosor (fine VII-inizi VI sec. a.C.), rinvenute a Babilonia, contengono l'inventario delle razioni d'olio, una delle quali viene concessa ad un certo La-Ku-U-Ki-Nu, principe di La-Ku-Du, il giovane re ebreo Joiachin, fatto prigioniero nel 597 a.C.
Nella prima fase della civiltà cretese (fase palaziale; 2300 - 1700 a.C.), all'interno dei grandi palazzi caratteristici di tale civiltà, situati nelle zone più fertili dell'isola ed appartenenti ai sovrani locali, si trovavano grandi magazzini ove sono stati rinvenuti enormi vasi di terracotta, utilizzati per conservare presumibilmente ricche provviste di grano e di olio, ammassate grazie all'opera dei contadini che coltivavano le terre circostanti. È stato inoltre ipotizzato che l'olio di prima torchiatura fosse destinato ad offerte alla Grande Madre, la più antica di tutte le divinità cretesi, personificazione della terra stessa, principio femminile della vita. È degno di nota il fatto che un albero d'olivo sia raffigurato in un sarcofago, datato intorno al 1400 a.C., ritrovato ad Haghia Triadha: su un lato di tale sarcofago, realizzato in calcare, ricoperto di gesso e poi dipinto, è infatti rappresentata una donna in abito rituale intenta nel compiere un'offerta sull'altare di un tempio adornato con corna di toro, un olivo e un'ascia bipenne su cui poggia un uccello. Negli affreschi rinvenuti a Cnosso, datati intorno al 1500 a.C., sono raffigurati degli alberi che, sebbene dal colore bluastro, sembrano essere degli olivi di grande taglia.
Nel medesimo arco di tempo la pianta si diffuse in Egitto, ove i suoi rami erano posti sulle tombe dei sovrani in segno di ossequio già al tempo dell'ottava dinastia faraonica (2300 a.C. circa), a Rodi, Cipro e nelle altre isole greche.
È, tuttavia, con il popolo ebraico che cominciamo ad avere dati certi riguardo all'olivo e all'olio, grazie alle molteplici informazioni contenute nei loro libri sacri. Originariamente, dato il tipo di esistenza semi-nomade, la coltura dell'olivo era incompatibile con le abitudini di vita delle popolazioni ebraiche; senza dubbio essi ottenevano l'olio necessario al loro fabbisogno mediante scambi commerciali con l'Egitto e la Mesopotamia.
La coltivazione dell'olivo si diffuse solamente intorno al 1250 a. C., allorché, sotto la guida di Mosé, il popolo ebraico fuggi dalla cattività egiziana e si diresse verso la Terra Promessa, portando con sé i metodi di coltura della pianta e le tecniche di estrazione dell'olio da lungo tempo sperimentate dai loro antichi oppressori.
È grazie ai dati contenuti nella Bibbia che siamo a conoscenza del fatto che l'olio era comunemente usato per proteggere la pelle dall'intensità dei raggi solari, come prodotto cosmetico, specialmente dopo il bagno, nonché come rimedio terapeutico. Tuttavia, ben più importanti sono le testimonianze riguardanti l'uso religioso dell'olio durante i riti e i sacrifici e, soprattutto, nell'unzione dei sovrani. Nella Bibbia assistiamo infatti a tale importante rituale, condizione essenziale della regalità, che rendeva il monarca sacro e inviolabile e testimoniava l'istituzione divina del regno e il legame esistente tra Dio, il re e il suo popolo, teoria che sarà a lungo ripresa nelle concezioni politiche caratterizzanti la Cristianità medievale. Infine, lo stesso popolo d'Israele è definito, sia pure in senso metaforico, l'unto, cioé il santo e l'Unto del Signore per eccellenza è colui che salverà definitivamente il popolo di Dio e istituirà per sempre il suo Regno universale, il re che gli Ebrei attendevano basandosi sulle promesse delle Scritture e che, almeno a partire dal I secolo a.C., chiamarono "il Messia", identificato successivamente con Gesù, definito in greco "Christós", l'unto, traduzione dal termine ebraico Mashiah.

 

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