Pubblicato su Politica Domani Num 41 - Novembre 2004

Quando i tagli colpiscono la qualità
Lo stato della ricerca in Italia
Alla pochezza dei fondi si contrappone una qualità di ricerca molto buona, fatta in condizioni al limite della frustrazione

di Maria Mezzina

La ricerca italiana non è di poco conto. Chi dice - anche in alto loco - che i ricercatori in Italia lavorano poco, sono pigri e non sono abbastanza intraprendenti non sa quello che dice, non conosce i risultati della ricerca italiana e, probabilmente, attacca i deboli per difendere una politica che sta conducendo l'Italia sulla china della non rilevanza nel campo della ricerca scientifica e delle scienze in generale, compresa la tecnologia che delle scienze è strumento derivato.
Qualche dato. Nell'ultima statistica UE sulla rilevanza della ricerca nei vari stati dell'Unione l'Italia risulta al primo posto. È invece al terz'ultimo posto nella classifica degli investimenti a sostegno delle ricerca.
Spieghiamo. La spesa media per la ricerca nell'UE è dell'1,8% del PIL contro il 2,7% negli USA e il 2,9% del Giappone1. La spesa media italiana viene indicata all'1%. Il dato è persino fuorviante perché in realtà gli investimenti pubblici raggiungono solo lo 0,6% e quelli privati lo 0,5%.
I 138 milioni di euro a sostegno della ricerca che compaiono fra le cifre della finanziaria 2005 non bastano nemmeno per pagare gli aumenti di stipendio che già sono stati concessi - dice il prof. Ugo Amaldi2 - e per essere al passo con il resto dell'Unione il finanziamento pubblico dovrebbe almeno raddoppiare e quello privato quadruplicare. In questo quadro complessivamente deludente la responsabilità italiana è persino più grave perché, afferma Margherita Hack, astrofisica, la percentuale media europea è trascinata verso il basso a causa del risibile contributo italiano. Conseguenza logica, che però non viene mai rilevata. In altri termini, non solo siamo il fanalino di coda in fatto di investimenti nella ricerca, ma, di fatto, costituiamo per l'Europa una "zavorra" che in termini statistici limita la competitività e quindi l'importanza dell'Unione: senza di noi infatti l'Europa sarebbe molto più credibile sia di fronte agli Stati Uniti che al Giappone.
Sul fronte invece della qualità della ricerca - e questo è l'altro dato sorprendente che mostra il livello di disinformazione che esiste in proposito -, la ricerca italiana è per qualità la migliore in Europa, superando del 50% la qualità della ricerca della Germania3.
La rivelazione, sorprendente e documentata, viene dal Prof. Pier Ugo Calzolari, Rettore dell'Università di Bologna, che spiega: esiste in Europa un indicatore sicuro della qualità della ricerca dato dal rapporto fra il numero di lavori dei ricercatori di un determinato paese più frequentemente citati e il numero di euro che quel paese investe nella ricerca. Nell'ultimo studio fatto dall'UE risulta che ci sono 569 lavori di ricercatori italiani frequentemente citati (la Francia ne ha 900 e la Germania circa 1500). La posizione predominante dell'Italia dipende dal denominatore di questa frazione, un denominatore evidentemente molto piccolo.
Il caso Italia è citato come caso limite nel documento dell'UE sulle prospettive europee riguardanti la diffusione dell'istruzione universitaria. "Ci sono problemi di tagli severi in molti sistemi di istruzione avanzata in Europa. L'esempio più estremo è dato dai rappresentanti dei centri di alta educazione (università e centri di ricerca n.d.r.) italiani. Qui tutti i rettori delle università hanno minacciato le dimissioni in blocco per protestare contro la grave mancanza di fondi per l'università e contro i tagli alla spesa della finanziaria", si legge nel corposo documento. Era la finanziaria del 2003 e negli ultimi 24 mesi le cose, se possibile, sono solo peggiorate.

 

1 Dal secondo rapporto sulla coesione economica e sociale, Politiche per la ricerca e lo sviluppo.
2 Docente di Fisica Medica all'Università di Milano Bicocca.
3 Esistono 22 indicatori di efficacia ed efficienza della qualità della ricerca. Per il calcolo si impiegano i dati relativi alle risorse umane e finanziarie e ai prodotti della ricerca, attribuendo ad essi punteggi pesati in funzione dello specifico settore disciplinare e dell'autorevolezza del mezzo di diffusione scelto. [www.crui.it/valutazione]

 

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