Pubblicato su Politica Domani Num 41 - Novembre 2004

Economia globale
Peroni, la bionda che tradisce Napoli
Si prende in Sud Africa la decisione che influirà sulla vita di centinaia di persone nel napoletano

di Fabio Antonilli

Napoli - Lo storico stabilimento della Peroni di Miano, sta per essere chiuso nell'indifferenza delle istituzioni e dei mezzi di comunicazione nazionali. Ecco come si spiega la protesta davanti alla sede Rai di Napoli dell'ottobre scorso. Da queste parti, infatti, si punta il dito non solo contro l'azienda che ha scaricato i dipendenti con un freddo comunicato che recitava così "le contrazioni del mercato italiano e l'esigenza di una razionalizzazione impongono la dismissione patrimoniale dell'insediamento cittadino", ma anche contro le amministrazioni nazionali e locali. Insomma la solita storia del Sud Italia che proprio quando sta timidamente alzando la testa è costretto nuovamente a chinarla.
La drastica decisione, che costringerà alla messa in mobilità 152 dipendenti (non è da dimenticare però che nell'indotto lavorano oltre 360 persone), è stata presa a migliaia di chilometri dalla sede napoletana della fabbrica, a Johannesburg dove sono i vertici del nuovo socio di maggioranza della Peroni S.p.A., la SabMiller, che nel maggio scorso ha acquistato il 60% delle quote azionarie della Peroni.
A proposito di questa operazione è utile ricordare l'ottimismo e il clima di buone intenzioni che traspariva dalle dichiarazioni di Graham Mackay, amministratore delegato della società sudafricana, che commentando l'accordo sottolineò con molta enfasi che "l'Italia, con un ritmo di crescita del 3%, è uno dei due soli mercati dell'Europa occidentale in espansione" e, ancora, che "brillanti prospettive di crescita sono in vista per i nostri marchi principali: Peroni e Nastro Azzurro". Rimane il dubbio sul perché una visione così rosea sia venuta meno in così pochi mesi.
Dopo la drammatica decisione la neo-dirigenza dell'azienda ha fatto sapere che per alcuni dipendenti ci sarà la possibilità di essere assunti presso una delle altre tre sedi nazionali (Roma, Bari, Padova). Una soluzione che non risolve alcun problema, anzi. I problemi "li fanno uscire dalla porta per, poi, farli rientrare dalla finestra" dicono i dipendenti, "perché non è semplice trasferirsi in un'altra città, lontano dalla famiglia, dagli affetti, dalla propria terra".
Si era sempre detto che, per far rientrare il fenomeno delle migrazioni interne causate dalla cronica arretratezza del meridione, dovevano essere le imprese del nord a trasferirsi al sud, e che per questo era possibile pensare anche ad incentivi statali. In questo caso però non si è di fronte ad un'azienda che vuole investire, ma dinanzi ad una multinazionale che, semplicemente, taglia i suoi investimenti in Italia. Decisione tanto più critica per il nostro Paese perché avviene in una zona in forte crescita demografica e urbanistica, dove ci sono problemi di degrado, di lavoro nero, di precariato, di microcriminalità. In questo contesto la chiusura dello stabilimento, tra l'altro tra i più produttivi d'Italia, non può che aggravare una situazione già di per se molto grave.
Nel febbraio scorso la ThyssenKrup voleva chiudere l'acciaieria di Terni ma una grossa mobilitazione cittadina ha costretto il colosso tedesco a rivedere i suoi piani. Oggi tocca alla Peroni di Miano. Domani chissà a quale altra fabbrica.
Il controllo dei capitali stranieri di proporzioni mondiali sulle imprese nazionali, e i costi di produzione altamente competitivi a cui queste sono di fatto vincolate, non solo favoriscono lo svilupparsi del lavoro precario ma creano incertezza nel futuro dei lavoratori, annullando in poco tempo conquiste sociali frutto di lotte decennali. Quali saranno le misure che il Governo e la classe politica in generale saranno capaci di prendere per arginare l'avanzare di un sistema di economia di produzione in grado di fagocitare tutto ciò che incontra sul suo cammino? Quelle che fino a qualche tempo fa sembravano certezze, oggi sono messe in discussione da una sistema che evidenzia grossi vuoti legislativi in materia di tutele.

 

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