Pubblicato su Politica Domani Num 41 - Novembre 2004

La pace passa attraverso l’ambiente
Nobel per la pace
Assegnato alla Prof.ssa Wangari Maathai, ambientalista, il massimo riconoscimento svedese

di Maria Mezzina

Ha al suo attivo 30 milioni di alberi, alcuni mesi in prigione e un premio Nobel.
È Wangari Maathai, Kenyana, viceministro dell'ambiente, docente a Yale e leader del Green Belt Movement (Gbm) che ha fondato 27 anni fa.
Il conferimento del Nobel per la pace a un'altra donna (dopo quello dello scorso anno a Shirin Ebadi), africana e ambientalista è un segno forte dei tempi.
"Se nel secolo passato il raggiungimento della pace passava attraverso il riscatto razziale ed economico di popolazioni escluse fino ad allora, e il Nobel Gandhi ne è stato il massimo simbolo - dice Michele Condotti, direttore generale del WWF, su VITA - nel 2000 la partita della pace si gioca su un altro fronte: la lotta all'esclusione dall'accesso alle risorse naturali delle popolazioni e delle comunità locali nel mondo. È una scommessa sul futuro che non può eludere l'affrontare in maniera radicale e seria la questione della conservazione delle risorse naturali e dello sviluppo responsabile".
Non solo. La consegna del più alto riconoscimento all'impegno per la pace passa anche per una interpretazione della democrazia come impegno e partecipazione: passa per quei mesi di carcere che la Maathai ha trascorso in Kenya e per la "cintura verde" del suo movimento.
Il Gbm è un movimento ambientalista organizzato in una grande rete di gruppi, almeno 5.000, sparsi per tutto il Kenya. Ogni gruppo può contare su 10-15 soci, soprattutto donne, attivisti. Il Movimento organizza seminari e corsi di formazione della durata di un mese; e pianta alberi, oltre 30 milioni solo in Kenya. Ma con gli alberi cresce anche la consapevolezza di poter contare e il desiderio di contare. Per questo la Maathai è finita in carcere.
"La ragione per cui il governo Kenyano osteggiava ciò che stavo facendo - spiega in un'intervista a VITA - non era tanto da collegarsi alla mia volontà di piantare alberi: in realtà l'allora presidente Arap Moi non voleva che organizzassi le donne del mio Paese [...] Per piantare alberi, infatti, bisogna prima organizzare gruppi, educare i componenti affinché si preoccupino dell’ambiente ma anche di essere buoni cittadini. In una parola: far capire loro l'interconnessione tra cattivo governo, degrado ambientale e molti dei loro problemi. [...] È molto importante, per noi donne, capire il valore della democrazia. In Kenya prima il governo non permetteva alla gente di incontrarsi, di organizzarsi, di muoversi da un posto all'altro. Avere invertito questo trend è stato molto importante per far crescere la democrazia kenyana: abbiamo insegnato alla gente che è fondamentale far valere i propri diritti fondamentali, che sono poi la base di quella democrazia partecipativa di cui tanto si parla."
Educare, quindi, alla democrazia: educare le donne alla cittadinanza attiva per trasformare in senso democratico un Paese; essere di esempio per gli altri Paesi, specie quelli del martoriato continente africano; dimostrare con i fatti, anche ai Paesi del Nord del mondo, dove la democrazia appare sempre più malata e privata delle sue prerogative principali, che essa è ancora possibile e che il suo nuovo nome è organizzazione e partecipazione.
"Per il suo contributo allo sviluppo sostenibile, alla democrazia e alla pace": è la motivazione ufficiale dell'assegnazione del Nobel a Wangari Maathai. Forse mai come in questo caso la commissione svedese ha saputo guardare al futuro dell'intero pianeta.

 

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Num 41 Novembre 2004 | politicadomani.it