Pubblicato su Politica Domani Num 41 - Novembre 2004

Kirikù e la strega Karabà

 

Michel Ocelot (regista)
L'idea del film nasce da un racconto dell'Africa occidentale. L'inizio del racconto e la storia mi hanno emozionato a tal punto che ho subito cominciato a prendere appunti pensando ad un possibile film... Da molto tempo volevo rappresentare l'Africa, un mondo che non è stato mai rappresentato in un film di animazione. Ma ci sono anche altre ragioni, più personali: ho trascorso una felice infanzia in Guinea ed provo gratitudine per quel continente. Ho utilizzato il racconto africano come punto di partenza per elaborare una storia semplice ed essenziale, intessendola con le domande che facevo da bambino e le mie convinzioni di adulto.
Alcuni temi vengono dalla cultura africana, come l'importanza della famiglia e del gruppo e una certa armonia con il corpo, altri sono universali, come la guerra fra sessi (la strega è una donna bellissima e combatte gli uomini), e poi l'altruismo, l'astuzia, il perdono, il trascorrere del tempo, l'amore - quello tra uomo e donna, ma anche quello tra madre e figlio, che non figura nel folklore tradizionale.
La scelta delle immagini poneva un problema: l'Africa ha una grande tradizione di scultura e di arte decorativa ma non esiste un'arte figurativa. Per quanto riguarda gli esseri umani, volevo semplicemente che i personaggi positivi fossero belli, come nell'arte egiziana. Per i feticci mi sono ispirato direttamente all'"Arte negra": in questo caso, non mancavano i modelli.
Per quanto riguarda i colori ho sfruttato i ricordi vividi della mia infanzia: un villaggio ocra, il giallo della savana, la foresta color smeraldo, il fiume verde, la capanna grigia della strega e il finale arcobaleno di una folla nei giorni di festa.

Youssou N'Dour (musicista)
Ho letto la sceneggiatura di "Kirikù e la strega Karabà" tre anni fa, insieme a molte altre sceneggiature di film per le quali mi offrivano di lavorare come attore o compositore.
Quella di Kirikù è stata l'unica ad attrarmi, per due motivi. Innanzitutto, perché è un racconto africano nel quale mi posso identificare. Parla di acqua e natura, di bambini, di una strega e di feticci, gli elementi di cui è costituita la nostra mitologia, le nostre radici. E poi perché mi avrebbe permesso di lavorare ancora una volta con la musica tradizionale. Michel Ocelot mi aveva detto chiaramente che non voleva strumenti moderni, ma voleva una musica ben radicata in Africa. E noi abbiamo effettivamente usato strumenti tradizionali africani come il balafon, il ritti, la cora, lo xalam, il saabar e il belon.
È stata la mia prima esperienza di lavoro con il cinema ed è stata per me una vera sfida. Quando ho visto il film sono stato colpito dall'impatto delle immagini, la forza dei colori e l'originalità dei personaggi. Sono immagini idilliache, certo, non sono l'Africa di oggi, ma un'Africa stilizzata e mitica, l'Africa dei racconti per bambini.
[A cura di Paola Porta - www.pegacity.it]

 

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