Pubblicato su Politica Domani Num 41 - Novembre 2004

Tv e mondo arabo
Medioriente: Al Jazeera, la frequenza di ferro
È globale, è potente, è tecnologica, non è occidentale

di Marianna Berti

La seconda guerra del Golfo, come quella in Afghanistan, è una guerra le cui strategie seguono le frequenze della tv e i bit del web e Al-Jazeera è una sorta di trincea. In media sono quaranta milioni gli arabi, che ogni giorno si sintonizzano su Al-Jazeera e si contano nel resto del mondo altri cinque milioni di telespettatori. Tutti i tg del globo ne parlano, è l'emittente satellitare in lingua araba più conosciuta. Pensare che il Presidente egiziano Mubarak alla fine degli anni Novanta la definì una "scatola di sardine".
Al-Jazeera nasce nel 1996 a Doha capitale del Qatar, piccolo Stato arabo affacciato sul golfo persico. L'Arabia Saudita finanziava attraverso il canale Orbit i servizi arabi della BBC; ma nel 1996 il contratto tra la BBC e la casa reale saudita si rompe. Proprio in quei giorni il Qatar cambia sovrano: Hamad Ben Khalifa El Thani, il figlio dello sceicco, con un colpo di stato non cruento spodesta il padre conservatore avviando un processo di democratizzazione nel Paese. Così centocinquanta milioni di dollari furono assicurati dal governo ad una nuova TV che raccoglieva il personale abbandonato della sezione arabofona della BBC. Il signore del Qatar lasciò completa autonomia al nuovo canale, in linea con il suo programma liberale ma in contrasto rispetto a ciò che accadeva nel resto del mondo arabo.
Fu subito tv di qualità. Al-Jazeera non aveva e non ha un palinsesto dove si rincorrono telenovele egiziane, film stranieri doppiati e quiz interrotti da telegiornali asserviti come accade per le tv locali e anche per quelle a diffusione panaraba. Al-Jazeera puntava tutto sull'informazione, sui reportage, sui dibattiti politici in diretta: faccia a faccia tra palestinesi e israeliani, integralisti islamici e laici, oppositori in esilio e fedeli del governo. Gli arabi si appassionarono subito alla nuova tv che rappresentava una fonte di informazione sgombra da propaganda, senza più dover ricorrere ai media inglesi o francesi. Ma Al-Jazeera non fu gradita proprio a tutti. Fu scomoda per l'Arabia Saudita, la Giordania e il Kuwait che chiusero nel 2000 le rispettive redazioni locali; l'Afghanistan fermò l'erogazione di energia elettrica durante una trasmissione giudicata compromettente per il governo del paese, gli ulema rimasero sconcertati per gli insulti rivolti all'islam. Al-Jazeera reagì alle pressioni restando fedele alla sua linea programmatica.
I fatti del 2001 per molti hanno travolto l'identità democratica di Al-Jazeera. La tv si trasforma nel megafono dell'islam integralista: Magdi Allam, giornalista del "Corriere della Sera", la definisce una bomba mediatica all'ennesima potenza sganciata contro l'Alleanza del Nord. Attraverso le immagini dei corpi dilaniati di palestinesi e di iracheni Al-Jazeera da pulpito della democrazia nel mondo arabo sarebbe diventata uno strumento subdolo teso a fomentare lo scontro di civiltà.
La maggior parte di noi si deve essere scontrata con la tv araba quando questa trasmetteva i video inviati da Bin Laden nell'ufficio della redazione di Kabul poco dopo l'11 settembre del 2001. Allora si poteva pensare che essa fosse il braccio mediatico del ricercato numero uno nel mondo ma non era così. Il governo dei Talebani aveva autorizzato due tv in Afghanistan: Al-Jazeera e CNN. Quest'ultima però decise di chiudere il suo ufficio a Kabul - per mancanza di servizi interessanti - e Al-Jazeera rimase l'unico canale attivo in quella zona. Inoltre sulla tv araba era sempre aperto uno spazio agli USA: continui collegamenti con il Nord America, dopo i servizi trasmessi da Kabul la parola andava agli americani. Ma questo non bastò ad evitare le pressioni statunitensi sulla tv del Qatar divenuta una sorta di tv-canaglia. Così venne bombardata l'agenzia di Kabul solo dopo qualche ora dalla presa della città per mano dell'Alleanza del Nord (anche se gli USA dichiarano che si era trattato solo di un errore).
Molti giornalisti della rete televisiva araba sono stati accusati di avere legami con il terrorismo islamico. Così per Sami Al-Hay, assistente cameraman di Al-Jazeera, sono scattati gli arresti. Adesso è detenuto nella base di Guantanamo. Lo stesso Qatar è stato messo all'erta dagli USA e i buoni rapporti che lo legavano alla potenza mondiale hanno subito una raggelata.
Con la seconda guerra del Golfo il peso di Al-Jazeera quadruplica: i video dei rapimenti, delle esecuzioni, delle rivendicazioni dei gruppi terroristici appartenenti all'integralismo islamico sono tutti esclusiva di Al-Jazeera. Molti, tra cui ex giornalisti della tv araba come Munir Magari dello Yemen, parlano di legami forti tra Al-Jazeera e i fondamentalisti islamici: i vertici della tv e del personale in generale sarebbero palestinesi. Magari racconta come certe notizie su attentati terroristici fossero pronte prima che i fatti si avverassero. Qualcosa è cambiato in Al-Jazeera a partire dal 2001, ma non essere da una parte per una tv araba in questo momento è più difficile di prima. Amara Lakus, giornalista e scrittore algerino, pur non arrivando ad insinuare un rapporto diretto tra Al-Jazeera e terrorismo, ammette che la corrente fondata sull'integralismo e il nazionalismo arabo è dominante. Intanto l'amministrazione Bush è sempre più preoccupata del potere di Al-Jazeera. L'America, regina del potere mediatico, sembra essere stata spodestata. Intanto il governo transitorio iracheno ha promulgato in agosto il bando contro i corrispondenti della tv del Qatar, accusata di incitare alla violenza. Ma Al-Jazeera continua a trasmettere dall'Iraq, violando il bando e rivendicando la libertà di espressione, appoggiata in questo anche dalla federazione internazionale dei giornalisti.
Ventiquattro ore su ventiquattro Al-Jazeera viene trasmessa via satellite e via internet gratuitamente in tutto il mondo. Si alimenta con la pubblicità, con il reddito che le deriva dalla tv via cavo di diversi paesi, con la vendita di immagini in esclusiva, con i documentari e i programmi per il pubblico. La tv del Qatar si ripromette di perseguire la verità, così dice il suo direttore Khanfar. Negli USA viene additata come la sostenitrice della Jihad. Di certo i legami che intrattiene con i gruppi fondamentalisti islamici permettono alla tv di sapere e diffondere prima di tutte le altre, e in ultima analisi di gestire un potere mediatico, che è probabilmente più appetitoso di qualsiasi guerra santa; un potere in cui la verità potrebbe essere solo un accessorio.

 

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