Pubblicato su Politica Domani Num 41 - Novembre 2004

2004 - 2008
La paura: 52a stella degli Stati Uniti
Gli scenari che si aprono sul futuro degli States condizionati da Bin Laden?

di R.P.

George W. Bush è il 44° Presidente degli Stati Uniti d'America. Governerà i 51 stati fino al 2008, il suo mandato allora avrà raggiunto una durata complessiva di otto anni. Ha ottenuto circa tre milioni e mezzo di voti popolari in più rispetto al rivale Kerry. Manifestazioni, campagne di stampa senza precedenti, vere e proprie operazioni di marketing elettorale con l'uscita di film e documentari creati ad hoc per danneggiare e sbeffeggiare con dati alla mano più o meno verificati l'avversario. Tutto questo ora è finito. Il "Gabibbo della sinistra" (l'espressione è presa in prestito da Luca Sofri) Michael Moore spiega sul proprio sito le 17 ragioni per le quali non si suiciderà nonostante il secondo mandato di Bush Junior. La diciottesima ragione che Moore non scrive e che grazie ad altri 4 anni di neoconservatori e falchi avrà di certo altro materiale per i suoi film e libri. Insomma Moore, caposaldo dell'indotto repubblicano, non avrà problemi a trovare spunti e ad arrivare più che dignitosamente al 27 del mese. Ma che anni saranno questi dal 2004 al 2008? Le analisi di questi primissimi giorni ipotizzano due scenari. Il primo è che Bush, conscio di governare un paese spaccato a metà in cui il suo rivale ha avuto più voti di Al Gore nel 2000 , tenterà di creare un clima interno più bipartisan, ed una politica estera più aperta e multilaterale. Il secondo è che Bush, forte dei tre milioni e mezzo di voti in più rispetto a Kerry continui sulla falsariga del primo mandato in una politica estera aggressiva e poco disposta ad ascoltare le altre parti. A tutto questo vanno aggiunti elementi imprevedibili. In primo luogo l'Iraq, ma anche l'ipotesi di nuovi attentati sul suolo americano, le scelte che compieranno stati "sotto osservazione" come l'Iran ed il Pakistan, l'avanzata economica del gigante cinese, il megadeficit dei conti pubblici. Fattori imprevedibili che potrebbero far pendere l'amministrazione Bush per lo scenario bipartisan o per quello più unilaterale e decisionista. Ma è proprio la possibilità di un nuovo attacco terroristico sul suolo americano, l'ipotesi forse più devastante sulle scelte del Presidente. E qui entra necessariamente in gioco il terrorismo con Bin Laden e la sua Al Qaeda. Non esistono dati certi sul ruolo che il messaggio televisivo di Osama abbia avuto sull'esito del voto americano. È interessante come lo sceicco del terrore non abbia detto per chi votare, ma abbia chiesto al popolo statunitense di fare la cosa giusta. L'unico scopo del suo messaggio sembra essere stato quindi quello di ricordare agli Usa che lui è vivo, sta bene e li tiene sott'occhio. E, last but not least, confermare dopo tre anni (!!!) che era lui il mandante dell'11 settembre. L'obiettivo è sempre lo stesso: creare paura. Tutti gli americani sono andati quindi a votare con l'immagine dello sceicco del terrore bene in mente chiedendosi chi li avrebbe difesi meglio: Bush o Kerry. Bush ha risposto al terrorismo con due guerre. Quella contro l'Afghanistan e quella contro l'Iraq. Nessuna delle due ha portato risultati esaltanti decisivi, ma Bush, ha vinto. L'America nel dubbio della scelta ha preferito non scegliere mantenendo lo status quo del Chief in Council, il comandante in capo. La paura ha vinto, e continua a sventolare come una cinquantaduesima stella virtuale sulla bandiera della più grande democrazia del pianeta.

 

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Num 41 Novembre 2004 | politicadomani.it