Pubblicato su Politica Domani Num 4 - Aprile 2001

Mondi in trasformazione
UNO, NESSUNO E CENTOMILA
Dalle società democratiche alle società multietniche e multiculturali

 

La famosa citazione pirandelliana che fa da titolo a questo articolo a qualcuno potrà sembrare az-zardata, ma per me è in grado di riassumere in modo esaustivo la condizione nella quale si sente buona parte di noi vivendo in società cosiddette "multiculturali". Quando si parla di multiculturalità molti manifestano la paura di perdere la propria identità culturale nel convivere quotidianamente con membri di gruppi culturali e a volte anche etnici diversi. Non sempre, però, multiculturalità e multietnicità coincidono e quando questo si verifica raramente si può parlare di rispetto e di convi-venza pacifica tra i vari gruppi. La coesistenza di identità culturali diverse è un problema che si manifesta su diversi piani: prima implica la convivenza tra le varie identità culturali, poi il rapporto di ciascuna con la collettività. La paura del diverso che sta alla base dei pregiudizi, delle discriminazioni, dei fenomeni di intolle-ranza e razzismo ai quali quotidianamente assistiamo tramite i media è una triste conseguenza della multiculturalità. Quando gruppi etnici cominciano a manifestare il bisogno di veder protetti, all'interno di una nazione che non è la loro, le proprie credenze e pratiche religiose o le proprie tra-dizioni, inevitabilmente i membri della nazione ospitante si sentono privati in parte della loro so-vranità. Basta ricordare il caso dello chador scoppiato in Francia, l'aparthaid in Sudafrica, le lotte per il raggiungimento di un'effettiva uguaglianza condotte ancora dai neri negli Stati Uniti d'America. Altro caso emblematico si ha in Francia dove il massiccio numero di immigrati algerini di religione islamica che popola la nazione da tempo aspira ad un riassetto del sistema francese con-siderato, insieme alla laicità della scuola, fortemente antislamico. Ma è davvero possibile la trasformazione delle nostre società democratiche in società "multiculturali" democratiche? Certo questo risolverebbe molti problemi in campo istituzionale e politico, ma basterebbe a far cessare gli episodi di intolleranza e razzismo? L'accettazione del di-verso come tale dovrebbe essere considerato un traguardo di civiltà e progresso, ma di fronte a certi atteggiamenti reazionari è legittimo chiedersi se questi siano del tutto ingiustificabili? La conserva-zione di taluni valori e il rispetto delle norme civili che dovrebbero regolare di fatto qualunque rap-porto sociale è bene che siano rispettate e applicate a prescindere da qualsiasi differenza emerga a sottolineare la diversità tra noi e chi consideriamo diverso; visto però che questo ancora non accade, significa che i primi a perdere l'importanza del rispetto di tali valori, che professiamo nostri specifi-ci, siamo proprio noi occidentali. Il perché proviamo a chiedercelo guardando come i gruppi culturali diversi, battendosi per il ricono-scimento della loro specificità, sono in grado di mandare in crisi il nostro modo di riconoscerci in ciò che crediamo e pronunciamo.

Maria Cristina Conti

 

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