Pubblicato su Politica Domani Num 39/40 - Set/Ott 2004

Raccontare lo Sport
Olimpiadi, per non dimenticare
In un numero speciale il settimanale VITA parla delle Olimpiadi. É grande giornalismo per un grande evento sportivo. Un modo veramente diverso per capire lo sport, quello che non si dimentica

di Maria Mezzina

Avete visto le Olimpiadi? Speranze, tensioni, suspense, trionfi, delusioni. La partecipazione degli spettatori italiani non è mai distaccata. I volti degli atleti, la cronaca delle giornate, i piazzamenti, entrano nella vita quotidiana di tutti. E a giochi finiti c'è la conta delle medaglie.
Ci sono però aspetti delle Olimpiadi, storie ed episodi di cui raramente si parla, che si conoscono poco, dai quali traspare il senso più profondo dello sport.
Ne ha fatto dono ai suoi lettori "VITA", in un numero speciale pubblicato prima che i giochi avessero inizio e "donato" ai suoi lettori con l'augurio che li accompagnasse durante i giochi. È il n° 31/33, numero speciale: "L'altra faccia dello sport" .
Quale faccia? È quella nascosta, quella dimenticata, quella umile, quella che facciamo fatica a riconoscere.
Accanto alla storia di Andrew Hawe Besozzi, c'è quella di Marcello Garay.
Hawe, Mr Whow!, è nero, passaporto italiano, parla romano. È un atleta "interdisciplinare, intergenerazionale, interculturale": sono suoi i 100 e i 200 metri, i 110 a ostacoli, i salti in alto, in lungo e triplo; è lui che realizza andando ad Atene il sogno del nonno e della madre: loro avevano dovuto rinunciarci, lui per povertà e lei per malattia; a 17 anni è ambasciatore d'Italia, scelto da Veltroni per presentare la candidatura di Roma ai Mondiali di atletica.
Garay, argentino, è il capitano della MultiEtnica2001. La squadra rappresenta l'Italia ai campionati mondiali di calcio dei senzatetto: una scommessa vinta da chi crede nella multicultura. Vinta soprattutto da Bogdan Kwappik, polacco, presidente della squadra: per affermare i diritti degli immigrati sfida i consiglieri del Comune di Milano ad una partita a calcio. "Un modo come un altro per ottenere visibilità", dice. E vince. E non solo quella partita.
C'è poi il caso dell'Africa.
"[Dov'è finito] l'oro del Kenya? É finito al Qatar". "Accade questo nel Continente nero. Che Paesi ricchi vengano qui a comprare campioni. Come Stephen Cherono, che ha cambiato nome e bandiera. Ha vinto ai mondiali per il Paese arabo...". Sono il titolo e il sottotitolo di un'intervista a Emanuela Audisio, inviata di Repubblica e autrice del bel libro "Tutti i cerchi del mondo" (Edizione Mondadori - 170 pagine, 13,00 euro).
Stephen Cherono, keniano. "Era il numero uno nei 3000 siepi e nei 5000. Tribù dei Marakwet, a nord della mitica Rift Valley, 2000 metri di altezza sull'altopiano. Povertà infinita, tre sorelle e sei fratelli, uno dei quali, Christopher Kosgei, campione mondiale dei 3000 siepi, quello che correva scalzo." Lo acquista il Qatar. Lui cambia nome (ora si chiama Saif Saeed Shaheen) e religione (ora è musulmano). Il Kenya lo ha sacrificato in cambio di un impianto sportivo nella Rift Valley. Cherono corre e vince, ma la gloria è del Qatar.
E poi ci sono le storie di Hailé Gebrselassie, ambasciatore ONU nella lotta all'Aids; di Sara Etongue, piccola camerunense, madre di nove figli, sei volte vincitrice della corsa più dura del mondo: i 60 km della salita del monte Camerun fino a 5000 metri di altezza, "con un paio di sandali da spiaggia e una forza d'animo fuori dal comune"; e di Mathias Ntawrikura, ruandese, fondista, che ha partecipato a cinque Olimpiadi.
Si parla di sponsor e dell' "allarme infinito" del doping. E di tregua olimpica, che vuol dire "pace" (un anno intero una volta, nell'antichità), tradita quest'anno in Iraq, nel Congo, in Sudan, in Cecenia,... E c'è la proposta di Carlo Gubitosa, bella e impossibile: invitare una delegazione Cecena a partecipare ai giochi in aggiunta alla delegazione della Federazione Russa.
Sette olimpiadi, sette campioni, sette storie di vita, sette firme: è il regalo prezioso di VITA nel suo inserto centrale. "Alle Olimpiadi lo sport incrocia sempre altri orizzonti. Sono le avventure umane di tanti fantastici atleti, fantastici per quello che hanno fatto in pista. Ma ancor di più per quello che hanno fatto fuori pista". Come l'amicizia "proibita" fra Jesse Owens e Luz Long, il nero trionfatore dei giochi di Berlino del 1936 con quattro ori, e il tedesco medaglia d'argento nel salto in lungo.
E ancora, "Viva le Paraolimpiadi e che vinca il migliore". Dalle Olimpiadi di Roma (1960, ma in realtà sono nate prima), si svolgono anche le Olimpiadi per disabili. Poco spazio e quasi nulla la visibilità per questi atleti che gareggiano con una marcia in più, quella della sfida alla loro disabilità (vinta) e al mondo che continua a ritenerli "diversi" (ancora da vincere).
Al solito, nello stile di VITA, si parla dello sport di base, che "è la base dello sport"; ci sono le interviste a Sara Simeoni e a Pietro Berruti e a Giovanni Novelli (Acli provinciali e gruppo schermistico di Jesi, oro e argento ad Atene), e ci sono tutti gli indirizzi, le informazioni e i numeri delle associazioni che promuovono lo sport di base.
Testimonianze esaltanti, un numero indimenticabile, da conservare con cura.

1. Da questo numero sono tratte le citazioni presenti nel testo.

 

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