Pubblicato su Politica Domani Num 39/40 - Set/Ott 2004

Notizie

 

Inadempienze
Istituito su iniziativa italiana durante il G8 di Genova (2001), il Fondo Globale Anti Aids, Malaria e Tubercolosi, ha raccolto impegni per 4,7 miliardi di dollari, tra cui contributi molto limitati da parte del settore privato. Impegni che debbono essere onorati. Invece...
Per il biennio 2002-03 l'Italia ha versato 108 milioni (il più alto contributo in Europa). Per il biennio 1004-05 il contributo doveva aumentare a 100 milioni di euro l'anno. In realtà il fondo è stato dimezzato. Un taglio di 100 milioni di euro dovuto alle "troppe spese in Iraq".
Il Fondo è una partnership pubblico-privata che ha il compito di attrarre, gestire ed erogare risorse per affrontare l'impatto dell'Hiv/Aids. Per combattere la malattia sono necessari 10 miliardi di dollari per il 2005 e 15 miliardi per il 2007.

L'Associazione Ong Italiane lamenta il taglio di 250 milioni di euro ai fondi destinati alla cooperazione e accusa il Governo. Il Presidente Berlusconi aveva promesso di innalzare fino all'1% del PIL le risorse per la cooperazione internazionale.
Di fatto la quota allo sviluppo si è abbassata quest'anno allo 0,16% (l'Italia si era impegnata con l'Europa per una quota pari allo 0,24%). Nell'ultima finanziaria erano stati stanziati per la cooperazione 530 milioni di cui la metà sono già stati impegnati: con il taglio di 250 milioni non è rimasto un centesimo.
I tagli alla cooperazione bloccheranno iniziative ed accordi già intrapresi.
In particolare:
- Intera quota (100 milioni) per il fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria
- Quota 2004 Programma OMS lotta alla polio (4,5 milioni)
(due punti su cui si era impegnato personalmente il Presidente del Consiglio)
E ancora:
- Ricostruzione in Afghanistan (40 milioni)
- Partecipazione italiana al Fondo di ricostruzione per l'Iraq (30 milioni)
- Tagli per gli interventi d'emergenza in Darfur (Sudan)
- Taglio del 70% dei fondi destinati ai pagamenti alle ONG (50 milioni)
- Tutte le iniziative a favore dell'Africa Sub sahariana.

Imprese e diritti umani
13 agosto 2003, la sottocommissione dei diritti umani dell'ONU approva un documento, "Norme sulla responsabilità delle corporazioni transnazionali e di altre imprese commerciali in relazione ai diritti umani". Il provvedimento, rivoluzionario, sostiene che anche le imprese sono responsabili dell'attuazione della Carta dei Diritti dell'Uomo del 1948 e, quindi, passibili di sanzioni come gli Stati. Per essere operativo, il provvedimento deve essere prima approvato dalla Commissione dei diritti umani dell'ONU e poi deve essere convocata una Convenzione per la ratifica da parte dei singoli Stati. Nella discussione in Commissione, tenuta nella primavera scorsa, le opposizioni maggiori sono venute dalla Camera di commercio mondiale e dalle Confindustrie inglese e americana; hanno invece appoggiato il documento alcune grandi industrie come la Barclays, la Novartis, l'Eni e l'Enel. Ora spetterà all'Alto Commissario per i diritti umani preparare un rapporto sulla responsabilità sociale d'impresa, un documento nel quale saranno riassunte le norme presenti in tutti gli ordinamenti sociali. Tutto questo entro aprile 2005.

 

Trattato di Costituzione Europea
Articolo I-51: Status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali

1. L'Unione rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri.
2. L'Unione rispetta ugualmente lo status di cui godono, in virtù del diritto nazionale, organizzazioni filosofiche e non confessionali.
3. L'Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni, riconoscendone l'identità e il contributo specifico.

 

Rubrica trentagiorni
La scuola delle Veline
Vedrai, il prossimo anno studierai i Fenici, i Greci, i Romani; parlerai con i tuoi compagni della grandezza di Roma e della nascita dell'Impero, conoscerai la storia di Atene e Sparta, comincerai a comprendere cosa significhi libertà e democrazia e come si possa sacrificare tutto per esse. Comincerai a studiare la geografia e così conoscerai di più quei posti dove trascorriamo le nostre vacanze; studierai anche la Puglia, la mia regione, con i Trulli e le Murge. Vedrai come è bello il mondo e come è bello confrontarsi con tante realtà diverse, imparando da tutto e crescendo nel confronto con esse…. Questo dicevo a mia figlia, ma il sogno è stato infranto non appena ho aperto i suoi nuovi libri di testo: niente studio delle regioni d'Italia, niente storia antica, ma soltanto preistoria; in compenso canto, ballo, recitazione. Peccato che mia figlia non promette un fisico da Velina, altrimenti la scuola della Moratti sarebbe perfetta per lei!

A.M.

 

Dichiarazioni

Quanto segue è tratto da un articolo di VITA (12/11/2003). Lello Rienzi, uno dei dirigenti di "Un ponte per Baghdad", dopo l'attentato di Nassiriyah è preoccupato per il lavoro e i membri, una ventina, dell'associazione.

"Abbiamo vissuto la prima guerra del Golfo, l'embargo, e non ce ne siamo andati neanche sotto le bombe. Ora però abbiamo la preoccupazione che tutti gli italiani possano essere considerati come occupanti, Riteniamo e speriamo che non sia così, perché il nostro aiuto alla popolazione è stato ben visibile. Ma qualche dubbio lo abbiamo avuto nel momento in cui fu decisa la missione, e ora ne abbiamo ancora di più". L'attentato, scandisce Rienzi, era "prevedibile: lo temevamo, e purtroppo è successo. Il nostro cordoglio va alle famiglie delle vittime, sia a quelle italiane che a quelle irachene, ma, ripeto, era prevedibile: la nostra non è una missione di pace. I nostri militari sono visti dalla popolazione come soldati in guerra, esattamente come gli americani, come gli inglesi, come i polacchi".
"Mandare a morire dei soldati contro la volontà del popolo italiano - continua Rienzi, citando i sondaggi che hanno riportato la contrarietà degli italiani prima alla guerra e poi all'invio di nostre truppe in terra mesopotamica - solo per sostenere la guerra di Bush ci sembra da irresponsabili. Il dubbio che l'Italia voglia solo sedersi al ricco tavolo della ricostruzione è forte". Rienzi auspica quindi che il contingente italiano in Iraq venga ritirato. Altri paesi europei come Francia e Germania, conclude Rienzi, non hanno inviato truppe, ma non per questo hanno rinunciato ad esercitare un ruolo nella vicenda, continuando a chiedere che la gestione del paese mediorientale venga ricondotta sotto la potestà effettiva delle Nazioni Unite.

 

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