Pubblicato su Politica Domani Num 39/40 - Set/Ott 2004

Iraq
Il modello Nassirya
Operazione di marketing militare o goccia in mezzo al mare dell'orrore?

di Roberto Palladino

Uomini che vengono sgozzati, decapitati, ripresi, audio incluso, e poi spediti nel mare magnum di internet. Proclami sempre più duri, a volte veri a volte semplici mistificazioni, create ad arte per shockare, sconvolgere, entrare come gli aerei dell'11 settembre nelle nostre menti. Associare le immagini di morte e di uccisione di civili, spesso inermi, all'Iraq. Anzi. Rendere l'Iraq soprattutto questo. Lo scopo più volte dichiarato dei terroristi è proprio fare dell'Iraq sempre più una terra di orrore.
Al Qaeda & Co. conoscono bene i media, si afferma spesso, ma i media poi non ci vuole molto a capirli. L'info-horror è una novità, che i mezzi di comunicazione non possono di certo lasciarsi sfuggire, ed il diritto di cronaca si sa, non ama molto essere messo in discussione. Poi magari si decide di non mostrare tutto per non sconvolgere, ma fermare il fotogramma dell'uccisione di un uomo al coltello ormai vicino alla gola, sembra più una questione di tempi televisivi che di etica. Nei film di Hitchcok in fondo il rosso del sangue non veniva mostrato e di certo non perché non c'era il colore.
Ad ogni modo l'Iraq non è (solo) questo. O almeno non lo è per chi, come l'Italia, ha lì un suo contingente. I suoi "uomini". L'Italia lo ha (ri)scoperto, quasi un anno fa, quando un'autocisterna imbottita di esplosivo e lanciata a folle velocità contro la base White Horse a Nassirya, si portò via diciannove vite: diciassette militari e due civili. L'Italia scoprì così non solo che il Libano era un lontano ricordo, ma che il soldato italiano visto come "bravo figlio" dalle donne di tutto il mondo, e "amico", generoso e altruista, dagli uomini, esisteva forse solo nell'immaginario di altri tempi usato tuttora dai vertici militari e politici. Eppure, il "metodo italiano", una sorte di "occupazione compassionevole", sembra ancora in voga tra i vertici del nostro esercito. "Il metodo Nassiriya, che cerca di valorizzare il dialogo, il confronto, il rispetto per le autorità locali, che sono sovrane, funziona. I fatti ci danno ragione e il trend è positivo". Queste non sono affermazioni di un anno fa, ma del 19 settembre 2004 e rappresentano uno dei passaggi del discorso dell'Ammiraglio Giampaolo Di Paola, Capo di stato Maggiore della Difesa, in visita ai militari italiani in Iraq.
Ma in cosa consiste la missione italiana ed il metodo " Nassirya" e soprattutto sono efficaci davvero? Rispondere è davvero difficile per più di un motivo. In primo luogo l'Italia non ha più giornalisti che si occupano di cosa facciano i nostri militari in Iraq. I rari lanci di Agenzia riguardano eventi come la visita dell'Ammiraglio di Paola oppure i, fortunatamente, sporadici incidenti che riguardano le nostre truppe dislocate a Nassirya. Quasi tutti i giornalisti italiani si trovano a Baghdad e da lì si occupano, da ormai un mese, di parlare perlopiù della sorte dei civili sequestrati. Tutto questo nonostante l'Italia rimanga una delle nazioni europee con il maggiore numero di giornalisti in Iraq.
Ma girare per il paese, anche per la sola Baghdad, è troppo rischioso. Quindi come verificare che la nostra nazione stia garantendo "la cornice di sicurezza essenziale per consentire l'arrivo degli aiuti e [contribuendo] con capacità specifiche alle attività di intervento più urgente nel ripristino delle infrastrutture e dei servizi essenziali", come recita il testo della missione Antica Babilonia? Allo stato delle cose bisogna attenersi ai comunicati ufficiali emessi dagli stessi militari.
Navigando per il sito del Ministero della Difesa si scopre che una delle attività principali dei nostri militari è il sequestro di armi. Poi c'è il recupero di materiale archeologico, il trasporto e l'installazione di materiale sanitario negli ospedali, il trasferimento di detenuti. Non c'è da stupirsi poi che il "modello Nassirya" passi per il calcio. I militari - informa il ministero della difesa - hanno organizzato lo scorso luglio un torneo di calcio con alcuni ragazzi iracheni .Un esempio della ricostruzione non solo materiale ma anche umana e sociale operata dal contingente italiano secondo quanto afferma il sito della Difesa. Resta difficile capire da qui quanto queste operazioni siano davvero atti di avvicinamento alla popolazione, e quanto operazioni di marketing mediatico.
Rimane la sensazione che tutta la missione italiana, che il cosiddetto Modello Nassirya, ammesso che esista, rimanga una goccia in mezzo al mare. Che anche lo sguardo del più compassionevole e altruista caporale di Udine (chè i caporali non sono sempre del Nord?) venga annientato dalle immagini delle torture degli americani di Abu Ghraib. Che forse solo un contingente numeroso e a guida multilaterale potrà ridare all'Iraq, un tempo culla della civiltà, la speranza di un futuro di pace, che gli Stati Uniti, come candidamente annunciato dal Segretario alla Difesa Rumsfeld, non possono, non sono in grado e, evidentemente, non hanno l'interesse a garantire.

 

Alcuni fatti

9 aprile 2003
Cade il regime di Saddam Hussein. Gli americani entrano a Baghdad

15 aprile 2003
Il Parlamento italiano approva l'invio di 3000 militari in Iraq per una missione a "scopi umanitari". Senato 153 si e 26 no; Camera 308 si, 31 no e 159 astenuti.

Fine aprile 2003
Partono per Baghdad 14 tecnici di vari ministeri e un ospedale da campo con 18 medici.

Giugno 2003
Arriva in Iraq il contingente italiano

12 novembre 2003
Nassiriya, ore 10,45 - Due palazzine in cui risiedono i carabinieri e i militari italiani del contingente che fa parte dell'operazione "Antica Babilonia" vengono sventrate da un attacco kamikaze. Muoiono 17 militari e due civili.

9 aprile 2004
Quattro italiani, Quattrocchi, Stefio, Agliana e Cupertino sono presi in ostaggio. La notizia trova conferma il 13 aprile quando Al Jazeera diffonde il video della loro cattura. Il primo viene ucciso. Dopo vari contatti e tentativi di "riscattarli", gli altri saranno liberati con un blitz americano. È l'8 giugno 2004.

20 agosto 2004
Scompare Enzo Baldoni, giornalista e volontario della croce rossa internazionale. Il 21 viene trovato il cadavere del suo interprete. Il 24 Al Jazeera trasmette il video con la richiesta dei rapitori.

26 agosto 2004
Enzo Baldoni viene ucciso. Ne dà notizia la TV araba Al Jazeera.

7 settembre 2004
Simona Pari, Simona Torretta, Mahnaz Bassam e Ra'ad Ali Abdul di "Un ponte per Baghdad" sono presi in ostaggio da un commando armato di circa 15 uomini che hanno fatto irruzione negli uffici della ong.

28 settembre 2004
É il giorno della liberazione degli ostaggi: Simona Pari, Simona Torretta, Mahnaz Bassam e Ra'ad Ali Abdul

 

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