Pubblicato su Politica Domani Num 39/40 - Set/Ott 2004

Radici cristiane e Costituzione europea
Il commento
Più che la ragione poté la paura

di Alessandro Lovato

Secondo molti analisti europei quello del preambolo è stato un falso problema. Essi hanno sostenuto che polemizzare su un passaggio costituzionale privo di risvolti applicativi sarebbe stato inutile. Prodi, uno dei fautori di questa linea di pensiero, ha detto che per rendersi conto dell’importanza che è stata data alla religione dalla Costituzione europea non bisognava bloccarsi sul preambolo. Secondo l’ex premier italiano infatti è l’art. 51 “una parte fondamentale della Costituzione”, quello che in realtà detta le norme concrete sulle relazioni tra Europa e confessioni religiose. Esso riproduce sostanzialmente due princìpi già esistenti (protocollo al trattato di Amsterdam del 1996): l’Unione rispetta lo statuto nazionale di chiese, associazioni e comunità religiose; e analogamente rispetta lo statuto delle organizzazioni filosofiche e non confessionali. In pratica i rapporti stato-chiese restano a livello nazionale. Sicuramente, è una norma che serve a “coprire” privilegi nazionali; ma garantisce anche da un ipotetico Concordato europeo. È da notare inoltre che le associazioni filosofiche (in pratica gli organismi ateistici) sono parificati alle chiese; cosa che, com’è noto, non avviene nel testo italiano sulla libertà religiosa oggi in discussione.
È vero che il preambolo non è un articolo legislativo, però è altrettanto vero che è la prima cosa che si legge della Costituzione. Esso svolge la funzione di biglietto da visita dell’Unione Europea. È per questo motivo che l’assenza di riferimenti alle radici cristiane ha suscitato tanto scalpore.
Che il cristianesimo sia la radice religiosa europea è innegabile. Storicamente le influenze della religione cristiana, sia positive che negative, sono state infatti molteplici. Il cristianesimo ha cambiato radicalmente la civiltà romana, ha mitigato e civilizzato i regni barbarici, ha conservato la cultura, gli studi, i libri nelle epoche delle invasioni, l’autorità del Papa ha influito sulle politiche degli stati europei ...
Certo occorre ricordare anche le crociate, l’Inquisizione, lo sterminio degli eretici, il freno posto alla scienza, i massacri compiuti nelle evangelizzazioni forzate, ma questa è storia.
È la stessa storia che cita il preambolo parlando di “esperienze amare”. L’influenza del cristianesimo nella civiltà europea è stata forte anche nel campo culturale. Si pensi ai movimenti culturali europei che nel corso dei secoli sono stati ispirati da questa religione, ma non solo. Le correnti di pensiero dell’ultimo secolo, anche extraeuropee: dal comunismo al capitalismo statunitense sono state temperate dalla cultura cristiana.
Appurato che il cristianesimo è stato certamente uno dei valori comuni a tutti gli europei ci si chiede il motivo della sua mancata citazione esplicita nel preambolo. La Francia, il paese dove è stato vietato esibire simboli religiosi, è stata una delle nazioni sostenitrici della linea “anticristiana”. Secondo i francesi, in questi tempi di tensioni tra le religioni, è preferibile non aumentare i possibili motivi di contrasto. La conseguenza positiva di questo atteggiamento è di evitare che le persone si trincerino dietro l’appartenenza ad una religione. Il lato negativo della vicenda è però certamente più grave: tacendo le proprie radici si elimina la possibilità del dialogo, non c’è più confronto e arricchimento tra culture e civiltà diverse. Un controsenso visto che uno dei valori fondanti dell’Unione Europea è essere “unita nella diversità”.

 

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