Pubblicato su Politica Domani Num 37/38 - Giu/Lug 2004

Lavoratori e multinazionali
Il Sinaltrainal contro la Coca Cola
I metodi del reciproco discredito sono uguali ovunque ma in Colombia il prezzo della lotta sindacale è altissimo

di Fabio Antonilli

Essere sindacalista in Colombia vuol dire avere un destino tragicamente segnato. Il sito web del Sinaltrainal oltre ad essere il luogo virtuale dove il sindacato cerca di fare la sua attività di tutela dei lavoratori, è anche un piccolo tragico museo della memoria: sulla rete vengono infatti ricordati i nomi e le storie dei coraggiosi sindacalisti scomparsi. Il sito è una finestra aperta sul mondo attraverso la quale l'associazione denuncia i crimini commessi e si appella al mondo intero: "Contra la impunidad… Colombia clama justicia". La persecuzione costante e brutale contro i suoi aderenti non è riuscita a ridurre al silenzio il sindacato. Nel luglio 2003 il Sinaltrail ha chiesto il boicottaggio internazionale di tutti i prodotti Coca Cola. All'appello hanno risposto sindacati di tutto il mondo, gruppi religiosi, studenti, organizzazioni per i diritti umani ed esponenti politici che hanno inviato lettere di protesta all'azienda e al governo. In seguito a quest'appello molte università e altre istituzioni hanno interrotto gli accordi di fornitura con la Coca Cola.

I sostenitori esteri del sindacato si sono fatti sentire anche nel marzo scorso con lettere e telefonate all'azienda, mentre i lavoratori per protesta erano ricorsi allo sciopero della fame. A quattro giorni dall'inizio dello sciopero - durato dal 15 al 27 marzo - nello stabilimento della Valle del Cauca circolava un comunicato firmato delle Autodefensas Unidas de Colombia (paramilitari) che accusavano il sindacato di connivenza con la guerriglia nella Valle del Cauca ed ergendosi a "difensori della democrazia", lanciavano minacce contro i lavoratori in sciopero: "La Giustizia Anti-Sovversiva farà Giustizia!".
Il Sinaltrainal accusa i manager degli impianti di imbottigliamento della Coca Cola in Colombia (Panamco Indega Colombia), di trarre vantaggio dalla repressione sistematica dei diritti sindacali, di servirsi di gruppi paramilitari per reprimere l'attività dei leader sindacali e di non proteggere debitamente i lavoratori colombiani dagli atti di persecuzione. La transnazionale di Atlanta respinge al mittente le accuse negando il proprio coinvolgimento: "Le imbottigliatrici in Colombia sono compagnie del tutto indipendenti dalla Coca Cola e per tanto la Compagnia non ha a che vedere con i suoi dipendenti o sindacati". La smentita però non trova riscontri oggettivi nell'organigramma societario. La transnazionale, infatti, concede dal 1951 il monopolio della produzione e della distribuzione dei propri prodotti alla, filiale della Panamerican Beverages-Panamco di Miami (Florida), di cui proprio la Coca Cola Company possiede il 24% del capitale azionario e conta su due rappresentanti nel consiglio di amministrazione.

Durante lo sciopero di marzo il sindacato colombiano aveva chiesto alla Femsa (della quale la Coca Cola Company di Atlanta è proprietaria al 46,4%) di concordare il trasferimento dei sindacalisti licenziati l'anno scorso in seguito alla chiusura di 11 impianti di imbottigliamento, su 16, della società. Il Sinaltrainal sostiene che la Femsa aveva costretto 500 lavoratori a dimettersi in cambio di una liquidazione, mentre la legge colombiana e una clausola contrattuale davano ai dipendenti il diritto di essere trasferiti in un'altra fabbrica del gruppo in caso di chiusura di un impianto. Il 26 marzo c'è stato l'accordo, che poi ha interrotto anche lo sciopero della fame: la società ha accettato di trasferire 91 membri del sindacato, di ritirare tutte le penali inflitte a chi partecipava allo sciopero della fame, di riconoscere agli scioperanti due settimane di ferie pagate per rimettersi in sesto e, soprattutto, di pubblicare un annuncio su un quotidiano nazionale con cui si diffidavano i paramilitari dal compiere ulteriori rappresaglie contro il sindacato.

Approfondimenti:
- www.sinaltrainal.org
- www.cokewatch.org, il sito sostiene la campagna del Sinaltrail
- www.laborrights.org, sito dell'International Labor Rights Fund che ha fatto causa alla Coca Cola per violazione dei diritti dei lavoratori.

 

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