Pubblicato su Politica Domani Num 37/38 - Giu/Lug 2004

"Passion" di Mel Gibson Riflessione

 

Dopo aver letto il mensile di Aprile-2004 vorrei far riflettere la redazione sull'articolo "La Pasqua di Gesù". L'articolo ha provocato in me grande tristezza e disapprovazione.
Come spesso accade il problema dell'avvento di Cristo, viene analizzato in modo superficiale senza mai capire fino in fondo la questione di cui si parla. Nel film "Passion", Gibson ci presenta un Gesù vero, umano e divino, condannato da ebrei e romani alla flagellazione ed alla crocifissione.
Il film ci descrive una realtà storica, non è girato da un antisemita, anzi: Gibson da cristiano credente descrive i fatti narrati dagli evangelisti in modo rigoroso, lasciandoci capire che Cristo non muore a causa degli ebrei ma muore per redimere l'umanità dal peccato e dalla morte. Nell'articolo si percepisce invece tutta la superficialità dell'uomo moderno; si preferisce parlare di antisemitismo, di un improbabile "Gesù- Barabba", di strane manie del regista. Non si discute mai dell'irruenza di questo avvenimento, del grande amore di Dio, del vero messaggio che il film ci propone.
Il papa in questi giorni ha pronunciato un discorso incentrato proprio su questi problemi ed adeguato alla situazione: "Il cristiano di oggi è attaccato da una società che sceglie il vantaggio personale, il successo esteriore, i cristiani vengono isolati e disprezzati per la loro fede". L'uomo di oggi è, a volte inconsciamente, più amante della morte che della vita, preferisce parlare del male che uccide il bene ormai vecchio e stanco; "Il Signore è luce e salvezza e crea un orizzonte di pace che lascia fuori il male".
Cristian Pasquinati
IIIA - Liceo Scientifico di Zagarolo (RM)

Caro Cristian,
l'articolo non vuole in nessun modo diminuire la figura di Gesù, né quella umana, né quella umano/divina che noi cristiani adoriamo e amiamo. Al centro dell'articolo non c'è Gesù, c'è il film di Mel Gibson. Ed è in questa luce che l'articolo va visto.
Molti, come te, vedendo il film, sono stati rinnovati nella loro fede. Ad altri il film non ha detto nulla di più - anzi ha detto molto di meno- di quanto già con grande sobrietà ma con grandissima forza emotiva è scritto nei Vangeli.
Un film è un film e come tale va giudicato. È quanto hanno cercato di fare sia Andrea Palladino che ha firmato l'articolo, sia Giuseppe Laras, rabbino, e Gianfranco Ravasi, teologo, il cui pensiero è riportato nelle stesse pagine, accanto all'articolo.
D'altra parte Gibson ha saputo usare la sua indubbia abilità di regista per produrre un film che, per la vicenda narrata, per la ricchezza dei particolari con cui è stato descritto il "rito" della crocifissione e della flagellazione - particolari che lo rendono, in questo senso, un film spettacolare, arricchito peraltro da alcuni elementi di fantasia destinati a colpire ancora di più l'immaginazione dello spettatore -, per il periodo in cui esso è stato portato nelle sale cinematografiche, ne hanno fatto indubbiamente un enorme successo di botteghino.
Se si tratta di un capolavoro cinematografico, il film saprà resistere all'usura del tempo e delle mode; se non lo è sarà ricordato solo come un altro dei molti film prodotti sulla passione di Gesù. In ogni caso il giudizio del tempo e della critica sarà solo sul film.


Refuso (grave)

Salve, girovagando per la rete, per caso ho visionato il link che mi ha portato a leggere un articolo che appartiene al numero 24 della vostra rivista "Politica domani".
Devo segnalarvi un refuso abbastanza grave. La frase che voi riportate di Golda Meir è stata erroneamente tradotta nel finale. La frase originale era "We will have peace with the Arabs when they love their children more than they hate us", che tradotta sarebbe "Vi sarà pace con gli Arabi soltanto quando ameranno i loro bambini più di quanto odiano noi" e non "più di quanto noi odiamo i nostri".
Spero che l'errore, sicuramente involontario, di uno dei vostri redattori sia corretto quanto prima.
Distinti saluti, Luca Martinelli.

Grazie per la segnalazione.

 

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