Pubblicato su Politica Domani Num 36 - Maggio 2004

I mille anni della Badia Greca di Grottaferrata
Sulla punta del cordone di una tonaca
Mille anni fa, nell'ormai lontano 1004, sorse il nucleo originario di quella che doveva diventare il centro principale della spiritualità greca in Italia, l'abbazia di Grottaferrata. Con la mediazione di San Nilo da Rossano, fondatore dell'abbazia, il luogo diventa punto di incontro tra Oriente ed Occidente, centro della spiritualità greco-bizantina e della cultura

di Alberto Foresi

Mille anni fa, nell'ormai lontano 1004, su di un terreno donato da Gregorio, conte di Tuscolo, sorse il nucleo originario di quella che doveva diventare il centro principale della spiritualità greca in Italia, l'abbazia di Grottaferrata. Artefice della fondazione fu il monaco Nilo (ca. 910-1004), il quale può, a ben ragione, essere ritenuto uno dei massimi esponenti della cultura e della spiritualità medievale e primario intermediario tra le tradizioni ecclesiastiche ellenica e latina.
Nato a Rossano, cittadina della costa ionica calabrese, e battezzato con il nome di Nicola, trascorse l'adolescenza dedicandosi agli studi - sacri ma anche, e soprattutto, profani - grazie ai quali maturò la sua preparazione culturale. Dopo il matrimonio, a cui fu indotto forse dalla precoce morte dei genitori, sentì l'attrazione per la vita ascetica. Sotto la guida del monaco Gregorio, si recò nella regione di Mercurion, nell'immediato entroterra tirrenico, al confine tra le odierne Calabria e Basilicata, in una zona caratterizzata allora per l'elevata presenza di cenobi e romitori e per il gran numero di asceti che ivi dimoravano. Ben presto, tuttavia, lasciò queste comunità monastiche, spinto da quella irrequietezza che caratterizzò sempre la sua esistenza, per dirigersi verso la vicina Salerno, nel monastero di S. Nazario, sottoposto all'autorità del locale principato longobardo. Qui, nel 940, vestì l'abito monastico e assunse il nome di Nilo, in onore di S. Nilo Sinaita, che egli aveva scelto quale ispiratore e protettore della sua ascesi. È questo il primo contatto diretto e significativo tra Nilo, vissuto sino ad allora in un ambiente culturale e spirituale di matrice greco-bizantina, e il mondo latino, verso il quale, negli anni seguenti, sarà spesso attratto.
Poco tempo dopo, Nilo fece ritorno nel Mercurion, ponendosi sotto la guida dell'egumeno Fantino, altro importante esponente del monachesimo italo-greco, ove si perfezionò nell'arte amanuense, copiando sino a sedici pagine al giorno (fortunatamente, parte dei codici da lui vergati con impeccabili grafia e ortografia sono giunti sino a noi) e insegnando tale arte ai suoi confratelli. Verso la metà del X secolo fu costretto ad allontanarsi dal Mercurion, soprattutto a causa delle ripetute ed incombenti scorrerie arabe. La fama del santo si era già allora diffusa presso tali genti: dalla sua agiografia sappiamo che egli, preso prigioniero da una banda di predoni saraceni, una volta riconosciuto, fu liberato ed ossequiato dai suoi carcerieri. La notizia è da prendere con le dovute precauzioni, dato il suo fine apologetico; tuttavia non è improbabile che tale evento sia realmente accaduto. Emerge spesso, infatti, dai testi agiografici medievali questa forma di rispetto, e forse anche di venerazione, nei confronti dei devoti anche se appartenenti ad un'altra religione, come nel caso, ad esempio, dell'incontro tra S. Francesco e il califfo fatimita d'Egitto.
Dal Mercurion Nilo e i suoi confratelli ritornarono nei pressi della natia Rossano, dando nuova vita ad un monastero, allora abbandonato, dedicato ai SS. Adriano e Natalia. Successivamente, su impulso del cenobio nilano, sul luogo sorse l'odierna cittadina di S. Demetrio Corone. Qui Nilo visse per circa venticinque anni, recandosi nella vicina Rossano, ove spesso partecipò alla vita sociale cittadina, ora intervenendo con la sua autorità per preservare la popolazione da vessazioni che stavano per esserle inferte dai governatori bizantini, ora per incontrare emissari della corte imperiale costantinopolitana che lo sollecitavano a recarsi nella capitale promettendogli beni ed onori, richieste che egli sempre declinò. Intorno al 970, morto il vescovo di Rossano, clero e popolo unanimemente scelsero Nilo quale suo successore. Il monaco anche in questo caso rifiutò la prestigiosa nomina, per non tradire la vita monastica, e, per evitare la cattedra episcopale, fu costretto a nascondersi a lungo fra i boschi della Sila Greca, finché i suoi concittadini, rassegnati, non si decisero ad effettuare una nuova nomina.
Tuttavia, se nella prima parte della sua vita Nilo aveva dato prova della sua vocazione ascetica e della propria caratura culturale, è negli ultimi anni del suo apostolato che egli dimostra tutta l'originalità del proprio messaggio politico e spirituale, orientato verso una convergenza su Roma e verso il contatto reciprocamente fecondo tra religiosità greca e latina.
Verso il 979, costretto a lasciare il monastero di S. Adriano per il rinnovarsi del pericolo saraceno, egli nuovamente rifiutò le offerte giunte da Oriente di trasferirsi a Costantinopoli, preferendo recarsi presso i Latini. Si recò a Capua, presso il principe Pandolfo Capodiferro, dove l'abate di Montecassino Aligerno, per intercessione del principe, gli affidò il vicino monastero di Vallelucio. Morto Aligerno, forse a causa di contrasti sorti con l'abate Mansone, subentrato alla guida di Montecassino, Nilo si mosse da Capua per recarsi nella località di Serperi, presso Gaeta, dove, sui ruderi di un tempio dedicato a Serapide, fondò nel 994 un nuovo cenobio. Da qui Nilo partì nel 998 alla volta di Roma, in visita a papa Gregorio V e all'imperatore Ottone III, cugino del papa. L'imperatore conosceva bene il mondo bizantino in quanto era figlio della principessa greca Teofano. Papa e imperatore accolsero con onore e deferenza il monaco calabro e gli donarono il monastero romano di S. Anastasio alle Tre Fontane. Accolsero inoltre l'intercessione di Nilo a favore di Giovanni Filagato suo conterraneo; il religioso rossanese era stato abate dell'abbazia di Nonantola e arcivescovo di Piacenza ed era diventato papa col nome di Giovanni XVI per volere del nobile romano Crescenzio Nomentano; rimosso dal soglio pontificio da Ottone III, fu fatto da questi incarcerare ed accecare.
Nel 999 Nilo tornò a Serperi dove ricevette la visita di Ottone III, reduce da un pellegrinaggio presso il santuario di S. Michele sul Gargano. In atto di sottomissione e forse anche con l'intenzione di abdicare al trono per accedere alla vita claustrale, l'imperatore depose la corona imperiale ai piedi di Nilo.
I contatti con Ottone III e Gregorio V non furono gli unici legami tra Nilo e il mondo latino. A Vallelucio Nilo accolse infatti, nel 989, S. Adalberto, vescovo di Praga, il quale espresse allora la propria volontà di abbracciare la vita monastica. Nilo approvò la scelta e consigliò al suo devoto visitatore di prendere i voti monastici presso il monastero romano dei SS. Bonifacio e Alessio. Nel monastero, rifondato ai tempi di Ottone II, si praticava una sorta di compresenza tra religiosi di provenienza orientale ed occidentale tale da renderlo ben presto sede privilegiata dell'incontro tra energie intellettuali e spirituali diverse: da un lato la componente greca e dall'altro la componente di radici etniche e culturali romano-barbariche.

NOTA
Giovanni Filagato (Giovanni XVI) è stato un antipapa?
A partire dall'età tardo-antica, ogni vescovo era eletto dal clero, dall'aristocrazia e dal popolo della città cui sarebbe stato preposto. La figura episcopale divenne presto, perciò, il principale punto di riferimento di ogni comunità in quanto autonoma espressione della comunità stessa. L'elezione del papa, vescovo di Roma e, in quanto tale, successore di Pietro e capo della Cristianità non costituiva eccezione. Fu solo nel 1059 che papa Niccolò II modificò la prassi della scelta del nuovo pontefice, con il collegio cardinalizio.
L'elezione del Filagato (997) era conforme al diritto ecclesiastico dell'epoca e, quindi, era lui il legittimo pontefice. Gregorio V (Bruno di Carinzia), nominato papa (996) dall'imperatore Ottone III, di cui era cugino, doveva pertanto essere l'antipapa.
Purtroppo antagonista di Filagato fu l'imperatore Ottone III, che forse non aveva dalla sua la forza del diritto ma sicuramente la forza del potere.

 

Il Monastero
Il Monastero italo-bizantino di S. Maria di Grottaferrata, a 20 km da Roma, è stato fondato nell'anno 1004 da S. Nilo di Rossano, cinquant'anni prima della divisione tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa. Sui colli di Tuscolo vi erano i ruderi di una grande villa romana, forse appartenuta a Cicerone, fra i quali un piccolo edificio a doppio ambiente in blocchi di peperino, denominato, per le finestre con doppia grata di ferro, "Crypta ferrata" (da qui Grottaferrata).
Nell'ambito delle manifestazioni commemorative del Millenario è stata allestita la Mostra "Icone russe della Collezione Orler nel Monastero Greco di Grottaferrata".
La mostra resterà aperta sino al 6 giugno2004
Orario: da lunedì a venerdì 16:00-19:00; sabato e domenica 9:30-12:30 e 16:00-19:00
Ingresso gratuito.

 

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