Pubblicato su Politica Domani Num 36 - Maggio 2004

La posta dei lettori
A proposito del prezzo della benzina

 

Scrivo in riferimento all'articolo "Dietro il prezzo della benzina" (PD n.35, Aprile 2004) in cui si sostiene la necessità di diminuire le imposte sui carburanti (circa il 70% del prezzo finale del carburante) per combattere un'infiammata inflattiva nei paesi Europei.
Innanzitutto bisogna ricordare che non esiste alcuna "fiammata" dell'inflazione e che il livello attuale (meno del 2%) è il più basso degli ultimi decenni.
In realtà - lo dice Franco Modigliani - in po' di inflazione (2-3%) fa bene all'Economia, perché serve a modificare i prezzi dei beni senza intaccare il valore nominale: quindi, la lotta contro l'inflazione, quando è bassa, è una politica la cui utilità è tutta da dimostrare.
In un mercato in cui esiste un evidente oligopolio, è da dimostrare anche la tesi che un calo delle imposte porti al calo del prezzo del carburante alla pompa. Le compagnie petrolifere, infatti, potrebbero accaparrarsi gli introiti, lasciando agli automobilisti le briciole. L'aumento del prezzo della benzina è infatti repentino quando aumenta il prezzo del petrolio (o diminuisce il valore dell'Euro), ma la sua diminuzione è lenta e difficile quando cala il prezzo del petrolio.
Nell'articolo non si spiega come coprire il mancato gettito fiscale derivante dal calo delle tasse. Le soluzioni sono sempre due: aumento di altre imposte o taglio della spesa pubblica. Esiste ovviamente una terza via, cioè la creazione di debito pubblico. Ma, con la situazione dei conti pubblici italiani, oramai fuori controllo, il peso del debito pubblico e con la necessità di rispettare il patto di stabilità europeo (fortuna che esiste) direi che tale soluzione è improponibile. In conclusione le conseguenze della defiscalizzazione sarebbero: un aumento dei profitti delle compagnie petrolifere, nessun effetto interessante sull'inflazione, e la necessità di tagliare altre spese o aumentare altre tasse per coprire il gettito mancante.
Ma c'è di più: quali effetti un eventuale calo del prezzo della benzina avrebbe sul sistema economico italiano? Supponiamo, per assurdo, di tagliare le imposte di 0,1 euro/litro, e che il prezzo della benzina cali nella stessa misura, perché le compagnie petrolifere sono diventate buone; supponiamo poi che il nostro Presidente del Consiglio decida, con estremo altruismo, di dare tutti i suoi averi allo Stato per coprire il minor introito. Neanche in questo caso la manovra sarebbe auspicabile.
Il prezzo di un bene è un segnale della sua scarsità relativa ed è l'incentivo affinché se ne utilizzi MENO e si trovino altri sostituti. Il petrolio, come si sa, è una risorsa non-rinnovabile: la continua estrazione comporta un calo delle riserve mondiali. Il prezzo alto è un incentivo per i consumatori e le imprese ad adottare modelli di produzione e di consumo diversi. per esempio migliorando l'efficienza delle automobili - più chilometri per litro di carburante. Ridurre le imposte è un pessimo segnale: si incentiva l'utilizzo di quel bene e si blocca lo sviluppo di fonti alternative.
Nell'articolo c'è una palese contraddizione (definita in termini economici come "mancanza di credibilità"): si dice che bisogna diminuire le imposte e che bisogna "porre l'OPEC di fronte a precise responsabilità" e contemporaneamente si auspica "la sostituzione del petrolio con altri fonti energetiche". Una diminuzione del prezzo del petrolio disincentiverebbe lo sviluppo delle nuove tecnologie, e favorirebbe l'aumento della domanda, a tutto vantaggio dei paesi produttori.
È invece necessario introdurre un sistema fiscale verde, così come indicato dall'UE nel Libro Bianco sui trasporti e nel Libro Verde: tassare le fonti inquinanti e, con le entrate, ridurre la tassazione generale e promuovere la ricerca e l'innovazione per un'Europa più pulita e più sostenibile.

Simone Franceschini

 

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Num 36 Maggio 2004 | politicadomani.it