Pubblicato su Politica Domani Num 36 - Maggio 2004

Aztechi, popolo sanguinario
Gli altari rossi del popolo del sole
Con i sacrifici umani, che richiamavano, rinnovandolo, il sacrificio che gli dei avevano fatto di se stessi a favore del mondo, si realizzava l'eternità del cosmo

di Armando Capannolo

Il fascino esercitato dai reperti esposti nella mostra "I tesori degli Aztechi", a Palazzo Ruspoli in via del Corso a Roma fino a 18 luglio, va al di là del mero piacere dei sensi che si prova nell'osservare quanto di più splendido abbia prodotto una civiltà tanto lontana. Si resta oserei dire ipnotizzati, piacevolmente sottratti alla rumorosa frenesia della folla che si riversa in Via del Corso in una calda domenica di Aprile, e introdotti improvvisamente in un mondo incantevole e terribile allo stesso tempo, un mondo di sogno con risvolti da incubo, eppure incontestabilmente vero.
Tra gli innumerevoli reperti esposti ciò che colpisce di più, in effetti, è la mole di utensili e monumenti vari legati alla pratica del sacrificio fra i quali spiccano gli altari su cui deporre le vittime (umane), e i pugnali per estrarre loro il cuore. E allora lo sguardo resta fissa nel vuoto, il sangue si raggela mentre di fronte a questi altari si ha l'immagine nitida di un uomo vivo disteso su di essi, immobilizzato da quattro sacerdoti resi più forti dall'assunzione di una bevanda sacra (ricavata dalla fermentazione dell'agave), mentre un quinto sacerdote gli squarcia il petto, estraendone il cuore ancora pulsante per innalzarlo al dio; e un odore fetido che dà alla testa, l'odore del sangue, emana dai gradoni del Templo Mayor, perennemente bagnati dal sangue delle vittime.
Quella appena rievocata era la pratica sacrificale più diffusa, ma non era certo l'unica. Per ogni divinità esisteva una modalità diversa di sacrificio: per la principale divinità femminile si prendevano giovani fanciulle alle quali veniva tagliata la testa, mentre per altre divinità si ricorreva a qualcosa di ancora più impressionante: la vittima veniva completamente privata della pelle, con la quale veniva ricoperta la statua del dio (e infatti alcune delle statue esposte sono rappresentate con il corpo coperto di pelle bruciata e scorticata, oltre che adornate con collane i cui pendenti erano cuori e mani umani).
Tracce lasciate da un popolo sanguinario, a dispetto di chi vorrebbe identificare nell'uomo "primitivo" (orribile definizione quanto mai inadeguata) il "nobile e buon selvaggio" di rousseauviana memoria; mito tutto occidentale e, dunque, valido solo all'interno del nostro, per certi versi, angusto sistema di pensiero. Un mito comunque duro a morire, costretto in questo caso a fare i conti con l'immagine molto più realistica di un popolo guerriero, la cui vita quotidiana ruotava intorno all'attività militare e al culto degli dei, in particolare del dio del sole (da cui l'appellativo "Popolo del Sole"). Guerra e culto religioso, come emerge dagli oggetti esposti e come opportunamente spiegato nelle varie schede informative, erano singolarmente collegati: il fine della guerra infatti non era solo quello di sottomettere altre popolazioni dalle quali poter poi esigere il pagamento di tributi, né soltanto quello di fare incetta di prigionieri da trasformare in schiavi: la guerra si caratterizzava anche e innanzitutto come "Guerra Fiorita" (Xochiyaoyotl), condotta appositamente per rapire donne e uomini da sacrificare alle divinità.
Tutto ciò non legittima, una volta abbandonato il mito del buon pacifico selvaggio, una pura e semplice condanna: bisogna infatti relativizzare il proprio sguardo sulle altre culture (affermazione che suona di un'ovvietà desolante, quando invece in questi tempi proprio la mancanza di una certa apertura mentale provoca danni irreparabili), e chiedersi il perché di tanta violenza. Secondo la concezione che gli Aztechi avevano del loro culto, chi veniva sacrificato agli dei ripeteva in realtà l'autosacrificio compiuto dagli dei stessi nella notte dei tempi, e quindi guadagnava l'accesso al Paradiso. La ripetizione periodica di questi sacrifici durante le feste sacre era necessaria per compiere la missione che gli dei avevano affidato proprio a loro (di qui la convinzione di essere un popolo eletto): quella di mantenere in vita il mondo intero, il quinto mondo, all'interno del quale gli Aztechi ritenevano di vivere, dopo che i quattro mondi precedenti erano stati distrutti dagli dei, ora mediante un uragano, ora mediante terribili tempeste (questa l'avevamo già sentita…).
Nonostante tanti sacrifici il quinto sole tramontò, nei primi anni venti del 500, quando le scale del Templo Mayor videro il sangue non più di pochi sacrificati, ma assistettero al primo Olocausto della storia compiuto per mano spagnola.

 

LA MOSTRA

I Tesori degli AZTECHI
20 Marzo - 18 Luglio 2004
Palazzo Ruspoli - Roma, via del Corso, 418
La più vasta e completa iniziativa culturale sull'arte azteca mai realizzata fuori dal Messico, organizzata dall'Ambasciata del Messico in rappresentanza del Governo e dalla Fondazione Memmo.
Orario
Tutti i giorni: dalle 9:30 alle 19:30 chiusura della cassa (20:30 chiusura della mostra)
Sabato: dalle 9:30 alle 21:30 chiusura della cassa (22:30 chiusura della mostra)
Biglietti
Biglietto intero: 8 euro
Biglietti ridotti:
6 euro Ragazzi da 6 a 18 anni / Adulti oltre 65 anni / Studenti universitari (max 26 anni)
6 euro + 1 euro (1 microfono - 25 cuffie) Gruppi di adulti
4 euro + 1 euro (1 microfono - 25 cuffie) Gruppi scolastici

Per informazioni e prenotazioni tel. 06.68.74.704 - Fax 06.68.33.674
Oppure on line www.palazzoruspoli.it

 

I LIBRI

AA.VV. - A cura di: Felipe Solís Olguín "I tesori degli Aztechi".
Ed. Electa, 2004 - 304 pgg., 400 illustrazioni a colori
Costo: 40 euro.
Uno splendido libro, corredato da eruditi testi e immagini uniche, che accompagna la mostra allestita a Roma, Palazzo Ruspoli, per illustrare le meraviglie di una straordinaria civiltà.

George C. Vaillant "La Civiltà Azteca"
Ed. Einaudi - Sagg i(ed. 1984) - 308 pgg.
Costo: 26,00 euro
La civiltà Atzeca dall'arrivo dei primi indios nella Valle del Messico alla conquista spagnola: una ricostruzione storica affascinante e partecipe, che si legge come un romanzo

C.A. Burland "Montezuma Signore degli Aztechi"
Ed. Einaudi - Saggi (1976) - 224 pag.
Costo: 27,00 euro
Presentata da Italo Calvino, una biografia dell'ultimo signore degli Aztechi che spiega attraverso la psicologia dei vinti le fasi paradossali e drammatiche della "conquista".

 

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