Pubblicato su Politica Domani Num 35 - Aprile 2004

La Passione di Nostro Signore, tra narrazione e verità
La Pasqua di Gesù
La verità storica delle ultime ore di Gesù e le tentazioni antisemite dell'ultimo film di Mel Gibson

di Andrea Palladino

"Shema Israel", Ascolta Israele: il Signore nostro Dio, è il solo Signore. Questo atto di fede, assoluto e cristallino, accompagna la vita di ogni persona di fede ebraica, dalla prima infanzia, fino al momento della morte. "Ascolta Israele…", ripetè Gesù, rispondendo alla domanda, "Qual'è il primo dei comandamenti?", affermando così con chiarezza la propria ebraicità. Perché Gesù, Yeoshua ben Yosef, nato e vissuto in Galilea 2000 anni fa, visse e morì da ebreo, da pio ebreo quale era.
Oggi la questione, cruciale per l'Europa, del rapporto tra la religione cristiana-cattolica e quella ebraica è ancora aperta. Se la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, con la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, ha riconosciuto che "Gesù è ebreo e lo è per sempre", molti sono ancora i pregiudizi antigiudaici diffusi nella società occidentale. "Teniamo presente che ancora oggi, nel vernacolo popolare in Italia la parola "Rabbino" vale per "spilorcio" e "Giudeo" è sinonimo di traditore in quanto l'imprecazione "Porco Giuda" è usata da tutti, non certo dai soli antisemiti", scrive sull'ultimo numero di Shalom Belfour Zapler. Ancora oggi in alcuni paesi, quale il Brasile, nel giorno del venerdì prima di Pasqua, quando si ricorda la passione di Gesù, si insulta e distrugge un fantoccio, la raffigurazione di Giuda.
Un film, che uscirà nei giorni di Pasqua, riapre con opportunismo l'antica ferita, Passion di Mel Gibson. Impregnato di un sottile, e quindi ancor più pericoloso antisemitismo, sta provocando reazioni e contrasti in molti paesi. Racconta Evelina Meghnagi, cantante che ha insegnato agli attori del film a recitare in aramaico: "La folla ebraica è descritta in modo animalesco, il senso di congiura che riconduceva sempre a noi. Per non parlare della figura del gran sacerdote Caifa, messa a confronto con un Pilato assai più amabile e affascinante. Seppure Gibson voleva far emergere la parte umana di Cristo e la sua sofferenza, perché infangare noi?". Già, perché ricostruire gli ultimi momenti di Gesù rilanciando l'accusa di deicidio? Forse per compiacere un pericolosissimo antisemitismo che ritorna, o forse per aprire al film i mercati di paesi come la Siria o l'Egitto, dove, per motivi politici legati al conflitto israelo-palestinese, l'antisemitismo trova ampia diffusione.
In Italia il film uscirà il 7 aprile. In Europa è stata scelta la Polonia per la prima proiezione (dove vivevano milioni di ebrei, prima della Shoa) e la reazione è stata durissima: " 'La passione di Cristo' riprende il vecchio mito, oramai confutato anche dal Concilio Vaticano Secondo, che furono gli ebrei ad uccidere Gesù. Questo mito è stato la fonte più tragica dell'antisemitismo e i risultati di esso li abbiamo visti ad Auschwitz-Birkenau, Treblinka, Stutthof e altri luoghi di sterminio", scrive su Wprost Schewach Weiss, ex ambasciatore d'Israele.
Ma da dove nasce l'antigiudaismo di Mel Gibson? Da uno dei falsi storici più tragici che l'occidente abbia conosciuto.

La Pasqua, liberazione o resurrezione?
Era il 30 d.C., era la notte tra il 13 e il 14 di Nisan (il mese della Pasqua, secondo il calendario ebraico); il momento del Seder, la cena del primo giorno di Pesach, era anticipato di un giorno, rispettando le regole della Halakah (il complesso delle norme liturgiche ebraiche che evitava, fino al 70 d.C. di far coincidere l'inizio di Pasqua con il Sabato). Gesù e i suoi seguaci dividono il pane azzimo, come prevede la tradizione. Viene poi letta l'Hagadah, la cronaca biblica della liberazione del popolo d'Israele dalla schiavitù in Egitto. Alla fine del racconto viene detto: "Quest'anno da schiavi, il prossimo anno liberi". Il profondo senso di appartenenza al popolo di Mosè e la libertà come valore fondamentale della religione ebraica sono infatti il senso più profondo della Pasqua ebraica.
La Pasqua è prima di tutto una festa gioiosa, dove tutti i commensali si siedono al tavolo sdraiandosi sul fianco sinistro, come una volta facevano i Re, perché ogni ebreo, nel giorno di Pasqua si sente un Re. I bambini chiedono perché la notte di Pasqua sia così speciale, perché si mangia il pane azzimo, perché ci sono così tante simbologie. Ed è il padre che racconta, ricorda quella notte quando fuggirono dall'Egitto per mettersi in cammino verso la terra promessa. È un momento di orgoglio e di appartenenza, di profonda appartenenza.
I Vangeli descrivono, invece, la notte dell'ultima cena come un momento profondamente tragico, carico di angoscia, come preludio al tradimento (Giuda siede alla tavola del Seder insieme a Gesù), come inizio della passione. Perché? Perché nel racconto evangelico si perde completamente il senso originale dell'evento?
I Vangeli sono stati scritti dopo il 70 d.C., dopo, cioè, la distruzione del secondo Tempio ad opera dell'imperatore Tito. Per gli ebrei è l'inizio della dispersione, è la tragedia. Il primo nucleo cristiano-giudaico, composto ancora dai diretti discendenti dei discepoli, viene in buona parte disperso. Cominciò, quindi, a prevalere la chiesa "cattolica" che era cresciuta all'interno dell'impero romano, guidata soprattutto da Paolo, mercante ebreo convertitosi alla nuova religione nata in seno all'ebraismo. Fu Paolo ad affermare la necessità di abbandonare la "legge di Mosè", quell'insieme di regole che accompagnano il quotidiano di tutti gli ebrei. La volontà di emanciparsi dalla religione originaria arrivò fino al punto di invertire le responsabilità tra ebrei e romani sulla morte di Gesù. Tutta la colpa doveva ricadere su Giuda e sulla sua discendenza.

Un processo confuso: Gesù davanti al Sinedrio
La colpa che la visione antigiudaica riproposta da Gibson vuole far cadere sul popolo ebraico si basa sul tradimento di Giuda e sul processo subito da Gesù davanti al Sinedrio.
Qui la ricostruzione storica mette in evidente contraddizione il racconto evangelico. Era Pasqua e mai il tribunale composto dai Sadducei, l'aristocrazia ebraica, avrebbe potuto emettere una sentenza; nessun apostolo fu chiamato a testimoniare, violando uno dei principi biblici di giusto processo che già allora garantiva un imputato; secondo alcune fonti, poi, già nel 30 d.C. il Sinedrio non poteva emettere più condanne capitali, avendo i romani lasciato ai tribunali locali solo la gestione dei reati minori; lo svolgimento del processo di notte, infine, appare assolutamente illegale, secondo le precise indicazioni della legislazione ebraica.
Il processo ci fu? In assenza di altre fonti è difficile dirlo; certo è che non poteva essersi svolto come descritto dal racconto evangelico.
Ma è interessante notare le diverse forzature individuabili nel racconto, che mostrano la volontà di separare la nascente religione cristiano cattolica dalla primitiva setta ebraica cristiana che si era formata intorno a Gesù, subito dopo la sua morte. Scrive, in tale senso, lo storico francese Guignebert: "Il racconto di Marco vuole darci l'impressione che Pilato fosse ben disposto verso l'accusato e che abbia ceduto soltanto all'implacabile animosità dei Giudei, ma è una versione estranea alla storia".

Gesù o Barabba?
Una volta pronunciata la condanna verso Gesù, Pilato pone il popolo ebraico davanti alla scelta: chi volete libero, Gesù o Barabba?
Qui l'analisi accurata del testo ci rivela scenari inaspettati. Barabba è un nome che in aramaico può essere scritto Bar-Abba, figlio del padre, o Bar-Rabban, figlio del maestro. In alcuni manoscritti di Matteo [Mt 27, 16] (il cui testo è tra i più antichi dei Vangeli) il primo nome di Barabba sarebbe proprio Gesù, nome comunissimo all'epoca. E qui vediamo il paradosso: la folla chiese di liberare Gesù Barabba, cioè Gesù figlio del padre. Negli altri Vangeli l'equivoco sembra sparire.
Gli storici concordano, in ogni caso, nel porre forti dubbi sull'episodio, e ne giustificano la narrazione con l'intento antigiudaico di cui abbiamo parlato.

Appare evidente, quindi, come la ricostruzione storica della morte di Gesù fatta dal film di Gibson abbia utilizzato una interpretazione delle scritture, ormai ampiamente superata sia degli storici che dai teologi cristiani.
"Passion" si mostra per quello che è, una operazione commerciale (ricca di merchandising, tra l'altro), senza nessuna sottilezza storica, che ripropone i peggiori sentimenti antigiudaici. Un film da evitare.

i dal greco katholikos, universale.
L'idea che la religione cristiana non fosse più solamente una 'setta' interna all'ebraismo si comincia ad affermare con Paolo, che nelle sue lettere indica alle diverse comunità esistenti all'epoca l'importanza di aprire le porte ai pagani. Proprio Paolo, ad esempio, stabilisce la fine della circoncisione per i neo adepti, in contrasto con lo stesso Pietro.

 

BIBLIOGRAFIA
Un testo completo sull'argomento è l'ottimo "Gesù ebreo", di Riccardo Calimani (Oscar Mondadori, gennaio 2001). Il saggio affronta l'intera questione dell'ebraicità di Gesù, descrivendo in maniera approfondita il panorama storico e religioso dell'epoca.
Per conoscere, invece, in maniera approfondita come erano composte le prime comunità cristiane e come si sia andato formando il pensiero cattolico nei primi decenni dopo la morte di Gesù, si può fare riferimento al testo "Storia sociale del cristianesimo primitivo", di Ekkehard e Wolfgang Stegemann (Edizioni EDB, 1995).

 

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