Pubblicato su Politica Domani Num 35 - Aprile 2004

Alla riscoperta del valore della persona in una missione con i padri del PIME
Grazie, Africa
Yaoundé - Cameroun

di Emanuela Nanni

Il viaggio fatto a gennaio in Africa è stato illuminante. Credo che tutti, più o meno, sappiamo come al mondo ci sia gente che muore di fame, che non ha l'acqua, che non ha niente di quello che riteniamo essere essenziale per la sopravvivenza. Vivere in questo modo sembra impossibile però condividere, anche per poco tempo, questa vita è decisamente educativo.
Ho vissuto per quindici giorni in una missione del Centro Africa precisamente a Yaoundè, la capitale del Cameroun. Sono stata ospite con altri tre amici dei padri missionari del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere). Abbiamo visto una terra certamente ricca di contraddizioni ma anche di tradizioni e di gente ospitale, e che ha tanta voglia di crescere.
Yaoundè è un enorme formicaio strappato alla foresta equatoriale. Poche grandi costruzioni e una miriade di "case", ammassate una sull'altra, ai bordi di strade fatte di terra e sassi. Le strade asfaltate, infatti, sono pochissime. La popolazione è composta per la gran parte da giovani uomini e donne che lasciano i piccoli villaggi per cercare fortuna nella grande città. Lasciano le famiglie d'origine e le loro tradizioni per tentare il grande salto. Presto si rendono conto però che tutte le notizie che arrivano nei villaggi e accendono la loro immaginazione sono false. Terribilmente false. Per mettere insieme un pasto i ragazzi spesso si vendersi per pochi franchi sefa.
A Yaoundè i disperati arrivano da tutte le parti, comprese le zone di guerra confinanti, Congo e Nigeria. Tutti hanno il medesimo sogno, cercare di fuggire dove si può vivere meglio; magari per arrivare un giorno in Europa perché la TV (contraddizione della globalizzazione) propina a tutte le ore immagini da paradiso, di luoghi dove abbonda cibo e denaro e c'è lavoro per tutti...
La vita a Yaoundè non è facile per chi ci vive, malattie e scarsità di cibo sono il risultato della mancanza quasi totale di un'economia che possa aiutare lo sviluppo e sono i problemi quotidiani con i quali si scontrano gli abitanti, in maggioranza giovani. Il turismo è inesistente tranne quello a scopo sessuale, le merci, per lo più riciclate, sono vendute ad ogni angolo di strada in mercatini improvvisati, unica possibilità reale di tirare su qualche franco sefa.
Eppure il Cameroun è ricco, (petrolio, ferro, bauxite) ma questa ricchezza, come sempre accade specie nei paesi più poveri dell'Africa, è concentrata nelle mani di pochi.
A dare qualche speranza a quest'umanità depredata di ogni diritto e di ogni speranza contribuiscono i padri del PIME che lavorano qui. Tutti i giorni i missionari cercano di ricucire con ogni ragazzo che incontrano una storia spezzata, di restituirli alla dignità di persone, e si prendono cura delle giovani famiglie che si formano dando loro delle opportunità per vivere dignitosamente anche a Yaoundè. Altra ricchezza sono gli uomini e le donne di quelle comunità del posto che, malgrado vivano le medesime difficoltà della maggior parte della popolazione, mettono generosamente a disposizione tempo, energie ed a volte anche la loro casa per accogliere i bambini, lavorare con la Caritas, assistere i malati, essere presenti e aiutare al centro per ragazzi di Strada Edimar voluto fortemente da Padre Maurizio.
Sono stata testimone di tanta povertà e miseria ma soprattutto d'altrettanta dignità e vitalità, sentimenti e sensazioni che si respirano abitualmente nella parrocchia del quartiere di N'Gousso. Ci hanno aperto le case e ci hanno accolto come amici, abbiamo dato poche cose per riceverne in cambio il centuplo. Abbiamo letto, soprattutto, negli occhi dei nostri amici l'orgoglio e la fierezza di essere padri e madri, quando ci presentavano i loro tanti figli. E ci si stringeva il cuore a pensare che questi nostri amici conosciuti laggiù sono quelle stesse persone che, quando si ammalano, difficilmente possono curarsi, perché qualsiasi medicinale lì è un lusso. Ho vissuto sulla mia pelle la condizione di povero in un paese povero nell'era della globalizzazione; ho visto il prezzo che paga, un prezzo molto alto, chi non è preparato al suo avvento. So stata testimone diretta dell'enorme ingiustizia in cui vivono tanti per il bene e il vantaggio di pochi.
I missionari del PIME laggiù, che dedicano la loro vita ai poveri di quei paesi martoriati dalla miseria e dall'abbandono, se non dalla guerra, cercano di ricrearla questa giustizia. Ma i loro sforzi e il loro lavoro raramente fa notizia.
In pochi lo sanno, ma ogni giorno recitano la stessa preghiera: "Signore dammi la capacità di vedere quello che devo fare e quando l'avrò visto dammi la forza di farlo". È questo il segreto, la forza interiore, la leva, l'ago della bilancia che non fa impazzire il mondo. Io non credo di aver capito tutto ma certamente sono tornata a casa con un bagaglio più leggero, meno certezze artefatte e, come direbbe padre Maurizio, "ragionando meno e amando di più".
Grazie Africa.

 

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