Pubblicato su Politica Domani Num 34 - Marzo 2004

Cultura e ricerca
L'Università si è svegliata!
Il malessere della ricerca e dell'università è sfociato il 18 febbraio in una protesta quale non si vedeva da oltre 30 anni

di Alessandro Lovato

"L'Università si è svegliata!" Così il vice-rettore dell'Università di Roma "La Sapienza" ha commentato l'affollatissima assemblea di ricercatori, studenti e professori tenutasi nell'Aula Magna dell'università il 18 Febbraio.
Ma andiamo con ordine. Il malumore nel mondo universitario è cominciato immediatamente dopo la presentazione del disegno di legge delega da parte del Ministro Letizia Moratti e l'approvazione in Parlamento della legge Finanziaria 2004. Una prima riunione, tenutasi all'inizio di Febbraio nell'aula Magna dell'università, preceduta dalla vestizione a lutto della Minerva, simbolo dell'Università stessa, ha posto le basi per un movimento più ampio. Circa una settimana dopo, in vista dell'agitazione nazionale delle università italiane, è stata convocata nell'aula Amaldi di Fisica una riunione tra studenti e professori per decidere le linee guida da adottare il 18 Febbraio. In questa pre-assemblea, alla presenza del direttore del Dipartimento, dei professori e di molti studenti, si sono succeduti interventi che hanno contribuito a chiarire le ragioni della protesta e le modalità della sua attuazione. Il primo punto della discussione è stata la situazione della ricerca scientifica in Italia: un argomento che riguarda in prima persona il futuro degli studenti delle facoltà scientifiche. Il direttore del Dipartimento, senza giri di parole, ha dichiarato che la ricerca scientifica in Italia, non soltanto per colpa di questo governo, è ferma da molti anni. La pochezza degli investimenti, la scarsa considerazione dei ricercatori, l'arretratezza delle strutture sono alla base della famigerata "fuga dei cervelli". Con il nuovo disegno di legge la situazione è destinata, se possibile, a peggiorare. La precarizzazione della ricerca cambierà totalmente l'università. Le università statali italiane non saranno più i centri nevralgici dell'innovazione scientifica, ma diventeranno semplici divulgatrici di nozioni già acquisite, magari da università private destinate con la nuova legge ad assumere un ruolo dominante nel quadro della ricerca italiana. L'università privata però, come è noto, non è alla portata di tutti, ma solo della minoranza dei "ricchi": siamo di fronte ad un inaccettabile tentativo di precludere il sapere.
Da un documento della Commissione Europea, un diagramma mostrato in aula all'assemblea, risulta evidente la drammatica realtà della ricerca in Italia. Il diagramma raggruppava gli stati dell'Unione Europea, il Giappone e gli Usa in base a due criteri: gli investimenti attuali in ricerca e la tendenza per il futuro. Il Giappone e gli Usa investono già molto oggi e prevedono di investire sempre di più nei prossimi anni. Francia e Germania, oggi investono abbastanza, ma in futuro non aumenteranno le risorse destinate alla ricerca. I nuovi paesi dell'UE (per esempio Estonia e Polonia) ora non investono molto in ricerca, ma in futuro investiranno molto di più. Fanalino di coda, con la Bulgaria, è l'Italia che ora investe poco, e investirà sempre di meno in futuro.
Ma quale tipo di protesta adottare? Per esempio si potrebbe inondare di lettere il ministero dell'istruzione: una lettera ogni giorno, per almeno un mese, da parte di tutti, professori, ricercatori e studenti. Bocciata invece l'ipotesi di mobilitazione perenne: i "veterani" delle manifestazioni di oltre 30 anni fa avevano avvertito: passato l'entusiasmo iniziale la protesta si spegne, le assemblee diventano deserte e allora arriva il peggio: la rassegnazione. Quello che occorre è una protesta mirata, anche molto dura, quale, ad esempio, il blocco della didattica, da attuare nei momenti più opportuni dell'iter parlamentare. Importante anche la mobilitazione e il coinvolgimento di tutta la popolazione italiana.
Il 18 Febbraio una folla di manifestanti giungeva da molte Università italiane, segno del malessere diffuso in tutti gli istituti accademici italiani. L'aula era stracolma, i corridoi intasati, al microfono parlavano della ben nota disastrosa situazione attuale della ricerca, destinata a peggiorare con la nuova riforma, il rappresentante dei ricercatori, i professori universitari, i rappresentanti del mondo medico, e persino gli insegnanti della scuola di ogni ordine e grado, tutti contrari alla "sfascistizzazione" (neologismo ad hoc per "sfascio") del mondo dell'istruzione. Dopo l'annuncio che ordinava l'evacuazione dell'Aula Magna - per la troppa gente si rischiava il crollo -, la protesta si spostava davanti al Cnr e al Ministero dove, sempre per protesta, nei giorni successivi, si sono svolti anche alcuni esami.

 

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Num 34 Marzo 2004 | politicadomani.it