Pubblicato su Politica Domani Num 34 - Marzo 2004

Mozambico
Sant'Egidio: parte dai poveri l'impegno per la pace
La presenza e l'impegno umanitario fra la gente hanno permesso alla Comunità di S. Egidio di proporsi con successo come mediatrice di pace

di Mattia Artibani

Due secoli di spietata colonizzazione portoghese, poi l'indipendenza nel 1975 e la successiva guerra civile, la difficile pace e la ricostruzione, la disastrosa alluvione del 2000, l'emergenza colera, la quotidiana emergenza AIDS e la povertà: questo è il Mozambico, paese africano in cui sembrano concentrarsi tutti i drammi e le speranze, del continente africano. Paese a cui siamo legati perché fu a Roma che il 4 ottobre 1992 fu firmato il trattato di pace fra il presidente Chissano e l'opposizione guidata da Dhalkama, nella sede della Comunità di Sant'Egidio a Trastevere. Evento straordinario quanto anomalo, che merita qualche riflessione.
Erano gli anni in cui, in Portogallo, era al potere il dittatore Salazar, che aveva inviato nella colonia massicci nuclei di portoghesi: alle condizioni degli indigeni, tenuti di fatto in condizioni di schiavitù, si opponeva l'ostentato benessere dei coloni bianchi. Si scatenarono le prime rivolte contro i dominatori, prontamente e brutalmente represse (nel 1960 a Mueda furono uccisi 600 manifestanti). Nel '62 nacque il FRELIMO (Frente de Libertacao de Mocambique), movimento indipendentista di ispirazione socialista, alle cui lotte contro i portoghesi si deve, nel 1975, l'indipendenza del paese. Dalla vicina Rhodesia (oggi Zimbawe), iniziarono ad infiltrarsi in Mozambico truppe speciali, che dettero vita al RENAMO (Resistencia National Mocambicana), allo scopo di ostacolare ed abbattere la neonata repubblica. Sono gli anni in cui nello Zimbawe e nel Sudafrica si lotta contro l'apartheid imposto dalla minoranza bianca al governo e il Mozambico diventa terra d'esilio per i sostenitori di Nelson Mandela. Sono anche gli anni in cui in Mozambico le organizzazioni umanitarie, in particolare la Comunità di Sant'Egidio, aiutano la popolazione stremata da fame, malattie e guerra civile. In prima linea, i volontari di Sant'Egidio si rendono conto che è necessaria una svolta: che l'aiuto umanitario è sterile se non si raggiunge una pace duratura. L'emergenza "pace", dunque, per Sant'Egidio diventa prioritaria: il conflitto dura da più di dieci anni ma la comunità internazionale è distratta dall'evolversi degli eventi in Sudafrica. Sant'Egidio, che si è conquistata sul campo la fiducia della gente, decide di compiere il salto e si propone come mediatrice ufficiale tra i due contendenti. I primi contatti si hanno con esponenti della RENAMO e si elabora una strategia rispettosa della cultura e della tradizioni dei due gruppi.
Luglio 1990. Nella sede di Roma, si aprono ufficialmente i colloqui. Vi partecipano, oltre alla due delegazioni, il vescovo Jaime Gonçalves, il rappresentante del governo italiano Mario Raffaelli, Andrea Riccardi e Matteo Zuppi, rappresentanti di Sant'Egidio.
"Questa casa, questo antico monastero, si apre in questi giorni come una casa mozambicana per i mozambicani (…) Abbiamo la consapevolezza di avere innanzi mozambicani patrioti, veramente africani, senza la presenza di esterni. Ciascuno di voi ha radici profonde nel paese. La vostra storia si chiama Mozambico. Il vostro futuro si chiama Mozambico. Noi stessi siamo qui come ospitanti di un evento e di un incontro che sentiamo totalmente mozambicani. In questa prospettiva la nostra presenza intende essere forte per quel che riguarda l'amicizia, ma discreta e rispettosa." (dal discorso preliminare ai delegati di Andrea Riccardi). Vennero ricordate le parole di Giovanni XXIII, "preoccupiamoci di cercare quello che unisce piuttosto che quello che divide" e fu richiamata l'appartenenza dei mozambicani ad una stessa famiglia. Parole rievocate nel primo documento congiunto firmato dalle parti, che si riconoscono "compatrioti e membri della stessa grande famiglia mozambicana".
Ci vorranno 27 mesi di lavoro prima di arrivare allo storico accordo di pace, firmato a Sant'Egidio il 4 ottobre 1992. Storico per due motivi: innanzitutto quello di Roma è uno dei pochissimi accordi raggiunti che hanno posto fine alle numerose guerre tuttora in corso in Africa; e poi perché è stato raggiunto non per iniziativa di governi o dell'ONU, ma perché è stato mediato da un'organizzazione umanitaria, grazie alla credibilità conquistata sul campo, alla sua conoscenza della situazione e delle ragioni profonde del conflitto, e al rispetto mostrato verso la popolazione mozambicana.

 

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Num 34 Marzo 2004 | politicadomani.it