Pubblicato su Politica Domani Num 34 - Marzo 2004

Politiche del lavoro
Quale riforma?
Dalla tutela sul posto di lavoro alla tutela nel mercato del lavoro

di Giacomo Virgilio

Il mercato del lavoro, in tutte le economie occidentali, è da diversi anni oggetto di continue trasformazioni, sul piano della domanda di lavoro così come quello dell'offerta.
Le esigenze di mondializzazione, di competitività e di continua innovazione tecnologica incidono in modo rilevante sull'organizzazione del lavoro. Queste esigenze e la necessità di soddisfare in tempi brevi richieste sempre più varie e specializzate, sono alla base della diffusione dei lavori flessibili. Anche l'offerta (intesa non solo nel senso di forza lavoro disponibile sul mercato ma anche delle specifiche istanze di cui ciascun lavoratore è portatore) è profondamente mutata, sia nei fattori tradizionali (età, genere, livelli di formazione), sia perché si pluralizzano le attese riguardo al lavoro, che non è più percepito esclusivamente come fonte di reddito, e perché il ruolo del lavoro pesa in maniera sempre maggiore nel processo di integrazione sociale e di ricerca di identità personale e collettiva.
Siamo in presenza di un mercato del lavoro più dinamico ma anche più instabile, nel quale:
- è più facile perdere il lavoro;
- è più facile trovare un lavoro temporaneo o flessibile piuttosto che un lavoro stabile;
- è più facile trovare lavoro se si hanno precedenti esperienze lavorative e maggiori competenze professionali.
In tale situazione, inoltre, la mancanza di strumenti adeguati a governare il cambiamento rende più difficile l'inserimento e il reinserimento dei soggetti più deboli.
Alcuni dati possono aiutare a comprendere meglio questa realtà in evoluzione.
In Italia, negli ultimi anni, sono cresciuti i rapporti di lavoro a tempo determinato (1.500.000 contratti) e atipici, in particolare le CO.CO.CO. (collaborazioni coordinate e continuative, 2.383.000 contratti). Ad un tasso di disoccupazione medio dell'8.3% corrisponde un tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno pari al 16.8%. L'Italia ha uno dei tassi di occupazione più bassi d'Europa, pari al 56.4% e molto al di sotto della media europea che è pari a circa il 65%. La disoccupazione colpisce soprattutto le donne e i giovani del Sud.
Di fronte a questa situazione da diversi anni gli esperti suggeriscono di spostare il fulcro delle politiche del lavoro dalla tutela sul posto di lavoro alla tutela nel mercato del lavoro. Tutelare il lavoratore nel mercato del lavoro significa assicurare una strumentazione (intesa nel senso di un complesso di leggi, norme, istituti e strategie) che intervenga nella fase di passaggio da un posto di lavoro ad un altro, con servizi per l'impiego più efficienti, ammortizzatori sociali rafforzati, equi, e legati alle politiche di reinserimento, strumenti che facilitano la transizione dalla scuola al lavoro, la formazione continua, e che siano in grado di risanare, portandole alla luce in modo non traumatico, alcune aree di lavoro sommerso.
In questi scenari varie sono le difficoltà di riformare il mercato del lavoro.
I tentativi di rinnovare la strumentazione fatti negli scorsi anni hanno dato risultati importanti ma parziali. In particolare la legge 196/97 (interinale, apprendistato, formazione professionale, tirocini), il d.lgs. 469/97 sull'avvio della riforma dei servizi per l'impiego, le norme per l'avvio dei fondi relativi alla formazione continua, hanno portato novità rilevanti alle quali non è stato dato adeguato seguito e l'opera è rimasta incompiuta. Per diversi anni i responsabili delle politiche del lavoro hanno tentato di far procedere le riforme e di completare il processo di evoluzione, e sono stati impegnati nella ricerca di un difficile equilibrio tra politiche attive e politiche assistenziali, e tra flessibilizzazione e precarizzazione.
Ad alcune inerzie dei governi di centrosinistra hanno fatto riscontro le velleità liberiste di alcune componenti dell'attuale compagine governativa di centrodestra. Ad entrambi, inoltre, ha fatto gioco il conservatorismo di parte del sindacato. In tale contesto il modello concertativo, che per anni in Italia aveva rappresentato, con successo, una vera e propria politica, significando condivisione di obiettivi e cooperazione per raggiungerli, risulta oggi evidentemente indebolito dall'alternarsi di maggioranze forti per le quali il consenso elettorale sembra contare assai più del consenso e della coesione sociali. L'abbandono della concertazione si è accompagnato all'inasprimento del confronto, in particolare sui temi del lavoro, che sconta ancora un alto tasso di ideologia, tra chi, in nome del liberismo, propugna la flessibilità del lavoro come unica strada per il rinnovamento della strumentazione esistente, e chi, in nome di un garantismo inteso in maniera assoluta, chiude gli occhi di fronte ad ogni esigenza di innovazione.
Il risultato è stato, e continua ad essere, un forte ritardo nelle necessarie riforme.

 

Homepage

 

   
Num 34 Marzo 2004 | politicadomani.it