Pubblicato su Politica Domani Num 33 - Febbraio 2004

Finanza Italiana
Pamalat: Crisi di Sistema
Dall'intervento del noto economista italiano nell'incontro con la Stampa Estera

di Marco Vitale

Roma, 15 gennaio 2004.
"Parmalat è un caso di proporzioni colossali (che non vanno assolutamente minimizzate, come ho sentito fare da alcuni eminenti politici italiani), forse, come è stato scritto dalla stampa internazionale, è la più grande truffa aziendale della storia; certamente lo è in termini di PIL (d'altra parte da questa unione tra Wall Street e la fantasia italiana non poteva nascere qualcosa di banale), ma non si tratta di un caso isolato. Si tratta piuttosto, della punta di un nuovo iceberg che segnala un sistema che non funziona più. Esso va dunque inquadrato come un anello della lunga, troppo lunga, catena di truffe e fallimenti finanziari che hanno contraddistinto, negli ultimi anni, il nostro sistema da una parte e dall'altra dell'Atlantico, una catena che non finirà certamente a Collecchio".
Le ragioni profonde di questo fallimento sono esposte in un libro di Fareed Zakaria che Vitale invita a leggere, "Democrazia senza libertà", quindi spiega:
"L'involuzione del sistema democratico verso forme di democrazia illegale, demagogica, populista, possono sfociare verso sistemi illiberali e corrotti nei paesi del Terzo Mondo e verso democrazie dominate dalle lobby, dal denaro, dalla commercializzazione di tutto e di tutti, dalla manipolazione delle informazioni nei paesi sviluppati. L'analisi di Zakaria, è lucida e severa ma costruttiva. La caduta del livello delle responsabilità istituzionali, personali, professionali, è la chiave di volta per capire tanti eventi negativi e distruttivi, in tanti campi, compreso quello della finanza".
Zakaria prende ad esempio la Morgan, fino al 1990 la più importante banca americana "la sua capitalizzazione era la più elevata a Wall Street tra tutte le banche, dieci volte superiore a quella di City Bank. Dieci anni più tardi, il valore di mercato di Morgan si era ridotto a un decimo di quello di Citicorp" Vitale, che ha passato molti anni negli USA, ne illustra le ragioni "La Morgan era sempre stata molto selettiva. J. Pierpont Morgan spiegò al Congresso che la pietra miliare del credito era "il carattere ... prima ancora del denaro, della proprietà e di qualsiasi altra cosa. Un uomo di cui non mi fido non riuscirebbe ad ottenere denaro da me neanche se potesse firmare tutte le garanzie del mondo". Oggi pensare ad un dirigente bancario che segua questi principi fa ridere. Si tratta di "archeologia bancaria" o come ha scritto il Times "un anacronismo in un mondo finanziario dominato dalla massa". Quell'epoca è finita, quell'etica è scomparsa. [...] Dagli anni ottanta, il mestiere principale delle grandi banche è di dividere i grossi capitali in fettine sempre più piccole e di venderle a chiunque, senza preoccuparsi troppo né della qualità del contenuto né dell'esito finale dell'investimento. L'unica cosa che interessa la direzione della Banca è muoversi nell'ambito di schemi formalmente legali, certificati da lunghi e costosi pareri delle "legal firm". Questa evoluzione o involuzione ha portato ad una involuzione e deresponsabilizzazione di tutte le professioni interessate, che un tempo non lontano, erano il cardine del sistema. [...] Queste categorie professionali, dice Zakaria, citando Rudyard Kipling hanno potere, "ma un potere privo di responsabilità; la prerogativa che, per secoli, è stata delle prostitute"".
La tentazione è di ridurre casi come la Parmalat ad incidenti di percorso però " poi, quando questi casi avvengono, la ribellione dei colpiti e l'indignazione dell'opinione pubblica sono tali da farci capire che, diventando troppo frequenti, questi casi intaccano le fondamenta del sistema" E qui Vitale lancia un monito: "La problematica è destinata a diventare ancora più importante man mano che i paesi dell'ex blocco sovietico entreranno nel giro con la loro vocazione ed attingere dall'Occidente le pratiche finanziarie più spericolate e pericolose. Abbiamo poco tempo a disposizione per evitare il peggio".
Gli USA hanno reagito inasprendo le pene, nonostante la riluttanza di Bush, ma poco è stato fatto sul fronte della prevenzione, osserva l'economista, e accenna a cinque nodi fondamentali, trascurati dagli Stati Uniti, sui quali invita l'Europa e l'Italia a riflettere.

"La struttura e le operatività delle banche d'affari e soprattutto i loro micidiali conflitti di interesse vanno profondamente riviste.
[...] i risarcimenti pattuiti, apparentemente elevati, sono bruscolini se rapportati all'entità delle partite in gioco ed ai danni che tali soggetti hanno inflitto ai risparmiatori ed al sistema. Le modestissime misure prese per alleviare i conflitti di interesse sono aria fritta. Il "business as usual" va avanti come prima e più di prima. Non esiste alcuna possibilità che gli USA mettano mano seriamente a questo problema, perché per gli USA, come sistema, questo non è un problema ma uno strumento del loro dominio finanziario. Le banche d'investimento sono il sistema. L'Europa dovrebbe pensare ad una propria linea diversa.

È ormai conclamata l'incapacità delle grandi società di revisione di svolgere la funzione che la collettività loro assegna.
[...] la mutazione dei revisori è stata descritta dal Wall Street Journal del 14 marzo 2002 con queste parole: "da custodi ad adulatori". Non si tratta prevalentemente di casi di disonestà o collusioni (anche se queste non mancano), ma di un modo formalistico di intendere il proprio compito, di quello che Arthur Andersen, negli anni '30, chiamava " Compliance Audit", indicandolo ai suoi soci come il maggior pericolo per il futuro della revisione. Il pericolo si è oggi concretizzato ed è diventato irreversibile. L'oligopolio collusivo formato dalle quattro o cinque società di revisione americane è ormai un pericolo per il sistema finanziario mondiale, proprio perché questa continuava a fidarsi di una cosa della quale non ci si può più fidare. [...] la caduta irreversibile dell'affidabilità delle società di revisione non cancella l'essenzialità della funzione. Le riforme USA approvate da un congresso dove la lobby delle società di revisione è fortissima sono acqua fresca. L'Europa deve alzare le sue difese e sviluppare proprie e diverse soluzioni."
Vitale propone alcune strategie [vedi box] che, sostenute dall'industria, specie la media impresa, dal mondo dei fondi di investimento e dalle banche serie potrebbero essere adottate in Europa.

"Accentuare la responsabilità civile per negligenza delle banche e degli altri intermediari finanziari che curano l'emissione ed il collocamento dei titoli.
L'industria dei fondi italiani e le merchant bank hanno investito pochissimo in Parmalat, a causa della non trasparenza del gruppo e di vistose anomalie di bilancio.
"Credo che quello che anni fa aveva capito Beppe Grillo poteva essere capito da molti altri, a ciò deputati per mestiere. Quello che era chiarissimo era, perlomeno, l'oscurità del Gruppo ed il fatto che il Gruppo utilizzava una catena di società "off shore" più adatta al commercio di droga che a quello del latte. Bastava questa oscurità per stimolare quell'esercizio di responsabilità che è così platealmente mancato". Nulla è accaduto perché "... questo esercizio di responsabilità non è più richiesto. Il gioco si svolge secondo altre regole. Le cose vanno più o meno così. La dirigenza dell'istituto si chiede: sono le commissioni dell'operazione interessanti? Esistono bilanci in qualche modo certificati accettabili? Esiste un qualche "rating"? Esiste il parere legale che lo schema dell'operazione è formalmente legale? Se la risposta a queste domande è positiva si va avanti. E tutto il resto (profili soggettivi, poste di bilancio anomale, struttura del Gruppo inutilmente complessa ed oscura, governance inaccettabile e simili) non interessa più nessuno. È un modo meccanicistico, impersonale, deresponsabilizzante di esercitare i propri compiti professionali".
Che fare? Vitale suggerisce di riversare sulle banche la responsabilità civile della negligenza e l'obbligo di coprire i "buchi". Questo sarebbe "un onere modesto per la Banca ma con degli effetti significativi sui bonus ed altri compensi dei dirigenti. Ciò dovrebbe presumibilmente aumentare l'attenzione e la responsabilizzazione degli stessi. Se tutto, compresa la responsabilità, è, nei nostri tempi, commercializzabile, dobbiamo cercare di migliorare i comportamenti non con le prediche sulla deontologia professionale, che lasciano il tempo che trovano, ma con gli unici meccanismi che gli uomini del nostro tempo capiscono: toccandoli nelle tasche"

"[Limitare] lo strapotere del CEO che copre insieme la carica di presidente e consigliere delegato.
Il tema è stato ampiamente dibattuto in USA, dopo i casi Enron e Worldcom, ma nulla di serio è emerso, né ha alcuna possibilità di emergere. [...] Anche qui l'Europa o anche singolarmente il nostro paese potrebbe imporre, per legge, la soluzione della distinzione dei due ruoli, già diffusa in UK, così come potrebbe imporre, per legge, alcune delle buone pratiche di "governance" messe a punto nei vari codici di comportamento, rispettati formalmente anche da Parmalat, ma violati sostanzialmente"

"L'uso e l'abuso della società off shore non ha alcuna giustificazione e funzionalità, se non quella di aiutare i truffatori attuali o potenziali"
E, quindi, Vitale propone: "Anche qui non ci si può attendere nulla dagli USA L'Italia, così duramente colpita dal caso Parmalat, faccia da leader ed elabori una precisa proposta in base al quale nessun gruppo con sede in Italia possa emettere titoli attraverso veicoli "off shore" o, comunque, attraverso paesi che non assicurino una adeguata funzione di controllo dei mercati finanziari."

A tutto ciò va poi aggiunta la necessità di fare un po' di ordine in casa nostra: "Riportare il trattamento legale del falso in bilancio ad un livello di decenza, riordinare e, se del caso, rafforzare i poteri e le responsabilità di Consob, di altri organi di vigilanza, dell'antitrust, della Banca d'Italia, la quale [...], ferma la sua indipendenza, va ripensata profondamente, alla luce del nuovo assetto nazionale ed europeo, che l'hanno proiettata verso compiti più ridotti, anche se importanti, rispetto a quelli cui era abituata".
E conclude: "Il sistema che ha preso corpo nei duri anni '30 e che, bene o male, con continui aggiustamenti, ci ha servito, abbastanza bene, per settanta anni è andato in frantumi. Il nuovo mondo sarà profondamente diverso. Nella costruzione del nuovo mondo anche la ricerca di un'etica adatta ai nostri tempi della finanza di massa e della commercializzazione di tutto e di tutti, riemergerà. Perché un sistema non può vivere di sole regole. Così come, sia nell'ambito degli istituti finanziari che professionali, bisognerà rifondare una ben diversamente appropriata formazione. Ma perché dal travaglio dei tempi nascano una nuova etica ed una nuova formazione, adatte agli stessi ci vorrà molto tempo, molti sforzi, molti talenti, molta sofferenza, molte voci. E soprattutto molta verità".

 

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