Pubblicato su Politica Domani Num 33 - Febbraio 2004

L'intervista
Interroghiamo il mondo del lavoro
Risponde Giuseppe Virgilio, Segretario nazionale aggiunto FILCA-CISL

di Giacomo Virgilio

Cosa è successo esattamente a Milano in riferimento allo sciopero dei trasporti?
A Milano c'è stato un tipico caso di implosione di relazioni industriali. Le relazioni industriali sono un insieme di regole, livelli di responsabilità, materie e tempi. Quando questo insieme di regole salta, tutto può accadere, a scapito dei cittadini che fruiscono del servizio. C'era una vertenza per il rinnovo del contratto aperta da due anni, per responsabilità delle società di autotrasporto, a cui è corrisposto un conflitto fuori delle regole da parte di una porzione dei lavoratori.

Quali le ragioni dei ritardi?
Le ragioni dei ritardi, per quanto comprensibili, sono ingiustificate. Non è possibile che una vertenza, per il rinnovo del contratto nazionale, si trascini per due anni con otto scioperi e iniziative di lotta senza approdi ad una composizione o diretta o mediata dalle istituzioni. Quindi tutte le ragioni della società si possono capire ma queste risultano essere incomprensibili. Di contro ci sono le ragioni dei lavoratori che, però, non si possono confondere con istanze corporative per cui "chi la dura la vince".

Sembra che i sindacati non controllino più la situazione: è esasperazione o è un problema di rappresentatività dei sindacati?
C'è, innanzitutto, un problema di esasperazione per cui un sistema di relazioni industriali si regge in piedi se le due parti rispettano le regole scritte e non. C'è, inoltre, un'istanza corporativa da parte di una porzione di lavoratori che fanno parte di un settore protetto, che in quanto tale non si deve confrontare con il mercato. In più, in generale, è presente un contesto di mancata politica dei redditi negli ultimi anni e cioè di concertazione e di mancata riforma dei sistemi contrattuali.

In che modo il sindacato pensa di rappresentare il mondo del lavoro cosiddetto "atipico"? Le faccio un esempio: una fabbrica di 100 dipendenti dà in appalto i lavori di pulizia ad una cooperativa sociale. I lavoratori della cooperativa lavorano fianco a fianco con i dipendenti, ma prendono stipendi diversi e le condizioni di lavoro sono diverse (magari lavorano 50 ore a settimana e prendono 500 euro al mese). Come il sindacato pensa di affrontare questa frattura che si sta creando all'interno del mondo del lavoro e come tutela gli esterni? Chi rappresenta i nuovi lavori e il precariato?
In questo caso, quindi, la morale che si rischia di trarne è che colui il quale lotta senza regole e sulla base del proprio interesse particolare alla fine riceve un premio dalla controparte. Quanto, poi, al problema più in generale, che in questo caso non c'è, della capacità di rappresentare da parte del sindacato le nuove forme del lavoro, in particolare quelle atipiche, qui si apre una sfida con cui il sindacato si sta confrontando. C'è, in primo luogo, un problema di omogeneità di costi tra lavoro tipico e atipico e poi si presenta un problema delle tutele collettive ed individuali del lavoro che rendano accettabile le forme di flessibilità.

Qual'è la politica e quali le strategie che il sindacato intende seguire con il Governo per tutelare chi sta fuori dal lavoro?
È evidente il bisogno di ripensare le politiche dello sviluppo del nostro paese perchè il sistema riprenda a creare ricchezza da ridistribuire. Quindi si presenta il bisogno di ripensare alle politiche industriali e a nuove politiche attive del lavoro che consentano di allargare l'occupazione e di regolarizzare quella sommersa.

La situazione di Milano è localizzata ai trasporti o è generale per tutte le categorie e per tutta l'Italia? In altri termini, la questione salariale è una bomba ad orologeria che sta per esplodere in tutta Italia?
La questione salariale è un problema assai forte che risente di una mancanza in concertazione, al centro e in periferia, ovvero di una politica dei redditi che governi i prezzi e le tariffe, oltre che i salari. Inoltre esiste la necessità del riconoscimento della professionalità del lavoro così come del lavoro pesante, usurante e pericoloso. Infine si deve modificare il sistema contrattuale dando maggiore spazio al livello aziendale e/o territoriale e cioè al salario collegato direttamente alla produttività.

Ritiene che la situazione economica italiana (compresi i fallimenti dei gruppi finanziari) potrebbe essere l'origine di un disagio complessivo che potrebbe sfociare in rivolta sociale del tipo autunno caldo '69? Quale strategia potrebbe utilizzare il sindacato per evitare un conflitto sociale?
I processi sociali, in una società complessa, abbisognano di sedi e di livelli di governo perché non possono essere semplificati. Il nostro capitalismo va riformato attraverso "iniezioni" di democrazia economica che allarghino gli spazi di partecipazione al capitale delle aziende, alle decisioni manageriali, alle istanze del lavoro organizzato.

Gli strumenti tradizionali (contrattazione, concertazione, scioperi) sono ancora adeguati?
Tutti questi strumenti vanno riformati, come dicevo prima, con la consapevolezza che negli anni '90 solo un'efficace politica dei redditi ha consentito a questo paese di stare in Europa.

Secondo lei quali sono le priorità del sindacato per il prossimo futuro?
Il sindacato deve misurarsi con le nuove forme del lavoro, deve allargare gli spazi della democrazia economica, riformare il welfare anche con prestazioni integrativi contrattuali.

L'ultima domanda è sulla presenza del sindacato a livello europeo. Come sta andando la Confederazione Europea dei Sindacati? Che tipo di strategia sta elaborando rispetto ai grandi temi europei del mondo del lavoro, con particolare riferimento alla sua molecolarizzazione e alle politiche comunitarie di tutela del lavoro?
La CES (Confederazione Europea dei Sindacati) da tempo già lavora ad un progetto di partecipazione per un'Europa più sociale e solidale. Occorre, però, rafforzare i suoi compiti e poteri, dato il livello di potenziamento della UE, perché si costituisca un livello vero di concertazione e negoziato a livello europeo. Infine occorre che si proceda ad un lavoro di comparazione dei sistemi di welfare e di contrattazioni nazionali affinché si diffonda e si consolidi un livello sociale di base per tutti i paesi europei.

 

Scioperi nei servizi essenziali
Le "regole"

Servizi essenziali. Sono tutti quelli che riguardano la tutela della vita, della sicurezza della persona e dell'ambiente, la sanità, l'igiene pubblica, la protezione civile, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, le dogane, l'energia, la giustizia. Sono considerati essenziali poi i trasporti, il versamento degli assegni previdenziali e di salari e stipendi, l'istruzione pubblica e gli esami, le poste e l'informazione radiotelevisiva pubblica.
Preavviso. Nell'ambito dei servizi cosiddetti essenziali i soggetti che proclamano lo sciopero devono farlo per iscritto indicando durata, motivazioni e modalità di attuazione almeno 10 giorni prima. Le disposizioni sul preavviso non si applicano solo nel caso di astensione dal lavoro "in difesa dell'ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità e della sicurezza dei lavoratori".
Prestazioni indispensabili. Le prestazioni indispensabili devono essere contenute entro il 50% delle prestazioni normalmente erogate e possono prevedere l'utilizzo di non più di un terzo del personale necessario per il consueto livello di servizio.
Sanzioni. Sono proporzionate alla gravità dell'infrazione con esclusione però del licenziamento e di "mutamenti definitivi" del rapporto di lavoro (come ad esempio il trasferimento). Se la violazione è da addebitare al sindacato si possono sospendere i permessi sindacali e i contributi sindacali per la durata dell'astensione, per un ammontare che non inferiore ai 2.500 euro né superiore ai 25.000 euro, a seconda della gravità degli effetti dello sciopero sul servizio pubblico.

(Fonte: La Repubblica, 3 dicembre 2003)

 

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