Pubblicato su Politica Domani Num 32 - Gennaio 2004

Parlamento Italiano Dopo il Far West
Fecondazione così così
La legge, migliorabile, rivedibile, eventualmente abrogabile, approvata con voto di coscienza, finalmente libera, non è una legge "cattolica" ma una legge di compromesso

di Giovanni Gennari

Fecondazione assistita. Se ne può parlare senza correre dietro agli osanna e ai vade retro, agli entusiasmi magari finto-religiosi, ma tutti politici e di parte, e alle corrispondenti lamentazioni antireligiose e proteste anche esse tutte politiche e di parte?
Partiamo, semplicemente, da alcuni dati di una recentissima inchiesta (dicembre 2003, Abacus, Il Messaggero, Bpa, La 7): il 51% degli italiani si considera interessato e molto o sufficientemente informato sulla materia. Il 58% sconsiglierebbe ad amici la fecondazione assistita proponendo l'alternativa dell'adozione; il 54% di questi, però, sarebbe solidale con una coppia che ricorresse alla fecondazione omologa; il 24%, invece non la approverebbe pur ritenendo legittimo questo ricorso, e solo il 18% di tutti gli intervistati sarebbe favorevole alla eterologa…Sono cifre che possono servirci semplicemente per "pensare"…
E veniamo a noi. Finora in materia non esisteva alcuna legge. Ciascuno, coppia regolare, coppia di fatto etero o omo, single, faceva quello che voleva e poteva, cercando medici e laboratori, pagando anche somme notevoli, affrontando i rischi di una sperimentazione più sregolata che mai, senza altro criterio che il proprio desiderio e la richiesta di denaro di chi offriva mezzi tecnici e sistemi diversi per raggiungere lo scopo. E i risultati sono stati sotto gli occhi di tutti: utero in affitto, mamme nonne, fecondazioni post mortem, rischi evidenti di deriva eugenetica con supermarket degli embrioni a scelta libera delle caratteristiche del seme del donatore senza limiti…Era, l'hanno scritto tutti, il Far West…
Va poi sicuramente tenuto presente, sempre, che qui non si tratta di una legge qualsiasi, politica o tecnica che sia. Essa infatti regola una materia molto delicata, in cui concezioni della vita come tale, dei diritti della persona, di quelli della coppia e della famiglia, dello statuto giuridico del matrimonio e - ultimo ma non ultimo - della realtà della vita nascente hanno da dire la loro. Sono realtà che innanzitutto riguardano le concezioni ideali, filosofiche, etiche, religiose, e solo poi, e di riflesso, toccano la politica e il diritto positivo.
Con queste premesse possiamo iniziare a riflettere su questa legge che è stata approvata dal Parlamento.
Non meraviglierà che si cominci con il dire che se si guarda alla dottrina ufficiale della Chiesa cattolica - qui non spetta a noi dire se giusta o no, intangibile o rivedibile, ecc. - la fecondazione assistita è praticamente del tutto esclusa, salvo il caso in cui non solo sia omologa, cioè che la donna sia fecondata con il seme del vero coniuge, ma anche che l'intervento medico avvenga "in aiuto", e non "in sostituzione" dell'unione coniugale, con tutte le evidenti difficoltà che ciò in pratica comporta.
Se questa è, ad oggi, la dottrina della Chiesa cattolica, ne segue che non si può certo dire che la legge approvata è una legge "cattolica". Essa infatti consente qualsiasi forma di inseminazione omologa, non solo a coppie sposate, comunque, in Municipio, in Chiesa, in Sinagoga, in Moschea e altro, ma a tutte quelle di fatto riconosciute come tali. Consente la conservazione e il congelamento degli ovuli e del seme, e degli ovuli fecondati, e anche questo è fuori della "norma" etica della Chiesa cattolica e delle altre etiche religiose…
Chi perciò dice che questa legge "l'ha voluta il Vaticano" non sa quello che dice, o più probabilmente - giacché a certi livelli è difficile ammettere un'ignoranza così evidente incolpevole - sa benissimo di mentire, e lo fa per ragioni tutte politiche e di parte…
Questa è, quindi, concretamente, una legge di compromesso, in cui il divieto della fecondazione eterologa non viene dall'ossequio alla dottrina della Chiesa - e basta consultare la registrazione delle discussioni parlamentari per accorgerci che i "crociati", in questo senso, sono stati del tutto irrilevanti - ma dal riconoscimento del diritto del nascituro ad avere una identità genitoriale certa. Il divieto delle fecondazione di donne singles e di coppie gay, a sua volta, ha la stessa radice "laica": il diritto del nascituro ad una parentela immediata che sia maschile e femminile, e che sia una duplicità di coppia. Si tratta di discorsi di razionalità, su cui si può eventualmente, e si deve, anche discutere, e su cui ci si può dividere in sede di votazione, liberamente e responsabilmente. E questo è avvenuto nei fatti.
Più discutibile, e del tutto arbitrario, nella legge, può apparire il divieto alla fecondazione simultanea di più di tre ovuli, ed è comprensibile che di fronte al divieto di recesso dal consenso dato in precedenza, nel caso di una malformazione, possa esserci una divisione di giudizi anche in relazione alle diverse posizioni di principio in materia di aborto… La legge, questa legge, è certamente imperfetta, migliorabile, rivedibile, ed eventualmente abrogabile. Tutto normale.
Ma dovrebbe essere considerato del tutto normale, finalmente - e lo dico ricordando i traumi delle discussioni e delle divisioni laceranti che il Paese, e lo stesso mondo cattolico affrontò sui temi del divorzio (1970 e 1974) e dell'aborto (1978 e 1981) - che in Parlamento si sia fatta strada, in queste materie, non solo la libertà di coscienza in genere, che dovrebbe esserci sempre, ma anche nella forma della libertà di voto totale sui singoli punti della legge e sul suo complesso.
Questo è un grande passo in avanti, che può essere preziosissimo anche per far trovare stabilità e serietà alle stesse componenti politiche e partitiche. Visto che oggi il pluriculturalismo e la diversità di motivazioni di principio, filosofiche, etiche e religiose è un dato di fatto che tocca ambedue i Poli, e anche spesso le singole componenti di essi - penso alla Margherita, in cui paiono convivere, e lo debbono, cattolici dichiarati, cattolici nominali, laici dichiaratamente non religiosi o atei, liberalsocialisti, umanisti generici ecc. - allora deve essere scontato che su questioni che mettono in gioco le visioni fondamentali ideali, etiche, religiose, la parola deve spettare sempre e in primo luogo alla coscienza dei votanti, siano essi parlamentari nelle assemblee legislative, siano essi cittadini nelle eventuali consultazioni referendarie. Ciascuno dovrà fare i conti con la sua coscienza e con le istanze che in essa sono incluse, compresa eventualmente quella del riferimento libero alle diverse religioni e ispirazioni ideali.
La Chiesa, tra queste, ha il diritto e il dovere di ricordare ai credenti che fanno riferimento a lei la sua dottrina, e nessuno deve gridare all'ingerenza, che non c'è, a meno che per tutelare la libertà di tutti la si voglia togliere agli uomini di Chiesa…È, purtroppo, quanto fanno spesso - se non sempre - certi cosiddetti "laici" di casa nostra, che in nome della loro libertà vogliono limitare quella di parola della Chiesa e quella di voto dei parlamentari e dei cittadini cattolici. Bella pretesa!
E per concludere, un discorso per i cattolici, parlamentari o cittadini, che vogliano essere coerentemente tali: esigano dai partiti, e anche dalle coalizioni in cui vogliono militare e riconoscersi, che su materie come queste non si pronuncino come tali lasciando libera scelta, e che le scelte tutte, anche le loro, quindi, non vengano demonizzate, ma rispettate appunto come scelte di coscienza, insindacabili. Alzare la testa, dunque, e non apparire gente solo in cerca di poltrone e di carriere, come troppo spesso succede, a destra su solidarietà, immigrazione, pace, giustizia sociale e a sinistra su etica, famiglia e vita…
Vorrei concludere con una osservazione singolare, che si concretizza in una domanda: non pare del tutto singolare che da noi, in questa Italia della Seconda Repubblica - che forse ancora nessuno sa cosa debba essere in realtà - i partiti che in economia sono piuttosto statalisti siano poi sfrenatamente liberisti in etica, e che viceversa i partiti liberisti in economia - magari per interessi di momentanea lotta politica più che per storia e convinzioni profonde - appaiano rigoristi e statalisti in materia di etica?
Forse ce n'è da riflettere, per tutti.

 

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Num 32 Gennaio 2004 | politicadomani.it