Pubblicato su Politica Domani Num 32 - Gennaio 2004

Editoriale
Il Sogno

+ Andrea Maria Erba

Come ogni anno, il Papa invia un messaggio a tutti gli uomini di buona volontà per celebrare insieme, il 1 gennaio, una giornata mondiale della pace. Si tratta di un appello autorevole perché, all'inizio di un nuovo anno, l'umanità intera possa vedere realizzato il sogno di un mondo libero dalle guerre.
Lo slogan che accompagna questa riflessione risuona come un invito: la pace è possibile! E, se possibile, è anche doverosa! Oltre che un invito, tale appello spinge ad un impegno di educazione alla pace.
Essa, come è noto, va costruita sui quattro pilastri che Papa Giovanni, 40 anni fa, indicava in una famosa enciclica, cioè sulla verità, la giustizia, l'amore e la libertà. Un dovere prioritario si impone a tutti, ed è quello di educare le nuove generazioni a questi ideali, se vogliamo preparare un'epoca migliore per tutti i popoli.
La Chiesa è da sempre impegnata in questa impresa con gli strumenti che le sono propri: l'insegnamento del Vangelo che è tutto un annuncio di pace, di amore e di perdono; l'invocazione costante a Colui che è il "principe della pace" e al quale nulla è impossibile. Secondo la dottrina sociale del Cristianesimo, per l'instaurazione di una vera pace tra gli uomini, è necessario che la giustizia trovi il suo completamento nella carità.
Certamente il diritto è la prima strada da intraprendere per giungere ad una pace duratura e tutte le nazioni devono rispettare questo diritto. Ma è molto difficile arrivare a tale traguardo se la giustizia non viene integrata dall'amore. Lungi dall'essere forze antagoniste, la giustizia e l'amore sono le due facce di una medesima realtà, due dimensioni dell'esistenza che devono vicendevolmente completarsi. Non è un'utopia, perché l'esperienza storica lo dimostra. La giustizia da sola non basta: l'amore è la pienezza della legge (plenitudo legis est dilectio). Se non si volge a questa forza più profonda che è l'amore, la giustizia potrebbe arrivare a negare se stessa. Già gli antichi dicevano: Summum ius summa iniuria!
Più volte Giovanni Paolo II ha ricordato non solo ai cristiani ma a tutti gli uomini di buona volontà un altro grande principio che a qualcuno può apparire strano: per risolvere i problemi dei popoli è necessaria l'arma del perdono. Non c'è pace senza perdono!
Da anni sotto i nostri occhi si consumano i drammi e le crisi che imperversano in tante parti del mondo, a cominciare dalla Palestina e in tutto il Medio Oriente: una situazione gravissima che non potrà risolversi se non si supera la logica della vendetta e del terrorismo con la logica del perdono.
Noi cristiani sappiamo che l'amore è il motivo per cui Dio si è fatto uomo e che Dio attende l'amore come risposta dell'uomo. L'amore è quindi la forma più alta e più nobile che gli esseri umani possono sviluppare nei rapporti con Dio e fra di loro. Soltanto una umanità nella quale regni la "civiltà dell'amore" potrà godere di una pace autentica e duratura.
All'alba del terzo millennio ricordiamo l'antica massima: Omnia vincit amor (l'amore vince tutto). Ma ciascuno dovrà impegnarsi per affrettare la vittoria dell'amore.
Il mondo ha bisogno di pace. La via che tutti possiamo percorrere è quella del dialogo nell'amore. Come credenti conosciamo anche la via della preghiera al Dio della pace.
Con le armi della preghiera e dell'amore camminiamo sulla via del futuro.

 

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Num 32 Gennaio 2004 | politicadomani.it