Pubblicato su Politica Domani Num 32 - Gennaio 2004

Grandi opere al servizio del potere: infrastrutture e servizi
Gli antichi romani, l’acqua e l’Impero
I Romani furono i primi pianificatori dello spazio: una complessa rete viaria collegava velocemente luoghi lontani dell'impero. Terme e acquedotti romani oltre che costruzioni monumentali erano opere di alta ingegneria per il controllo e la distribuzione delle risorse idriche. A Roma, una città che all'apice del suo sviluppo urbanistico contava circa un milione di abitanti, la cura per l'igiene personale e della collettività erano una necessità dettata non solo dall'igiene: nelle terme infatti si svolgeva anche gran parte della vita pubblica

di Alberto Foresi

Fra gli aspetti più evidenti della civiltà romana v'è la capacità, palese in ogni zona sottoposta al suo dominio, di modificare l'ambiente circostante. Forse a Roma non vi fu una sensibilità artistica paragonabile a quella esistente nel mondo greco, dato che ogni realizzazione romana presenta un carattere prevalentemente pratico, o, al limite, più decorativo che artistico. È tuttavia fuor di dubbio che nessuna civiltà antica ha dimostrato una capacità come quella romana di creare infrastrutture tali da poter essere paragonate a quelle caratteristiche del nostro mondo moderno. E, in un simile confronto, pur tenendo conto degli innegabili sviluppi tecnologici, non sempre, valutando la razionalità e l'efficienza delle strutture romane, il giudizio sarebbe a noi favorevole. Roma seppe creare una rete viaria capillare su tutto il territorio, necessaria in un primo momento alla sua espansione sul territorio e, successivamente, atta a garantire un rapido collegamento fra le varie regioni del suo Impero. Proprio usufruendo di tale rete, a Roma era presente un servizio postale che, per rapidità ed efficienza, aveva ben poco da invidiare a quello odierno. Roma fu la prima civiltà ad utilizzare una modalità di comunicazione stradale paragonabile alle nostre autostrade. L'Appia, nel segmento Roma-Terracina, si presenta quale un lungo rettilineo di oltre 80 chilometri che fungeva da strada di veloce percorrenza, lungo la quale erano presenti diramazioni e svincoli secondari per raggiungere le località site nei paraggi. Ponti romani sono presenti lungo tutti i corsi d'acqua e, nonostante la loro vetusta età, sembrano reggere molto meglio di quelli costruiti oggi a inondazioni e piene dei fiumi.
Roma, forse in virtù della sua nascita lungo un fiume, dimostrò sempre una grande attenzione verso tutto quanto concerneva l'acqua. Fra le prime realizzazioni nella nascente città vi fu proprio un sistema idrico di scolo, la Cloaca Maxima, necessaria non tanto all'eliminazione dei liquami urbani, quanto, soprattutto, al prosciugamento delle aree paludose, al cui posto presto sorsero i Fori. Roma sperimentò i primi sistemi di difesa idrogeologica in Europa. Il defluente del lago di Castel Gandolfo fu costruito in età repubblicana onde evitare, secondo la tradizione, che l'acqua del lago potesse nuovamente traboccare dai margini superiori del cratere vulcanico ormai spento. E la costruzione di tale condotta fu compiuta scavando sia dal versante interno sia da quello esterno del colle, congiungendo perfettamente le gallerie scavate contemporaneamente nei due sensi. Particolare attenzione fu mostrata dai Romani verso l'approvvigionamento idrico delle città, non solo la capitale ma anche le numerose città fondate fra Europa, Asia e Africa. Ognuna di esse era dotata di terme, di vari livelli e corrispettivi prezzi, ove la popolazione di tutte le classi trovava svago e conforto. A Roma erano presenti ben undici terme pubbliche, le più grandi delle quali, costruite dagli imperatori Traiano, Caracalla e Diocleziano, occupavano superfici comprese tra i 110.000 e i 150.000 m2. Ad esse si devono aggiungere più di 900 impianti termali di più modeste dimensioni gestite da privati. Le terme, aperte dal mattino al tramonto e frequentate, dopo un'iniziale separazione fra uomini e donne, in modo promiscuo da entrambi i sessi erano, come ancor oggi è possibile vedere osservando le loro rovine, edifici estremamente complessi. Essi erano composti, a parte gli spogliatoi, da una serie di spaziosi ambienti, ognuno dei quali destinato ad uno specifico uso: il sudatorium, sala riscaldata con vapore o aria calda, per i bagni di sudore, quasi un'odierna sauna; il calidarium, il tepidarium e il frigidarium, rispettivamente per i bagni caldi, tiepidi e freddi. Ad esse si aggiungeva un'altra vasca, solitamente scoperta e di maggiori dimensioni, la natatio, riservata al nuoto. Alle terme è necessario aggiungere, ai fini di comprendere quale importanza i Romani dessero all'acqua, la presenza nell'Urbe di 247 cisterne e di 1212 fontane. Una città come l'antica Roma, all'apice del suo sviluppo urbanistico, contava mediamente un milione di abitanti, un numero enorme per l'epoca, che sarà raggiunto e superato solo nel corso del secolo da poco concluso. Una simile quantità di persone richiedeva necessariamente, ai fini di poter garantire ai cittadini un'esistenza dignitosa, nonché di prevenire malattie derivanti dalla scarsa igiene, di una disponibilità abbondante e continua di acqua. È stato calcolato che un antico romano poteva disporre quotidianamente di più di un metro cubo d'acqua, quantità paragonabile a quella a disposizione di un qualsiasi cittadino europeo odierno, il doppio di quanto disponibile da un romano nel 1968, e senza dubbio superiore di quella oggi disponibile in determinate regioni italiane nei momenti di siccità estiva. Ed è necessario ricordare che solo pochi cittadini, appartenenti al rango senatorio o all'ordine equestre, potevano disporre di acqua corrente nella propria abitazione, fatto questo che, minimizzando gli sprechi domestici, rende ancora più evidente la rilevante razione idrica a disposizione di ogni singolo cittadino. Ben presto le acque del Tevere, nel quale, come adesso, si riversavano gli scarichi urbani, divennero non più utilizzabili per uso potabile e si rese pertanto necessario prelevare l'acqua necessaria alla città ed ai suoi abitanti in altre zone. Sorsero così, a partire dal III secolo a.C., gli acquedotti, che fanno ancora bella mostra di sé nell'agro romano e negli altri territori facenti un tempo parte dello Stato romano. Gli acquedotti che rifornivano Roma erano undici ai quali si aggiungevano otto ramificazioni per una rete di condutture di circa 500 chilometri, raggiungendo una portata complessiva giornaliera stimata in un milione di metri cubi di acqua potabile. In quanto patrimonio pubblico di estrema utilità, gli acquedotti erano oggetto di attenta sorveglianza e di continua manutenzione sotto il controllo di uno specifico magistrato a ciò deputato, il curator aquarum. È, infine, curioso ricordare che tali acquedotti sono talvolta tuttora funzionanti: ad esempio quello dell'Acqua Vergine, costruito da Agrippa, genero di Augusto, nel 19 a.C. per rifornire le terme da lui edificate nella parte posteriore del Pantheon, edificio anch'esso costruito su sua volontà, lungo 20 chilometri, che, restaurato e rimesso in funzione nel XV secolo durante il pontificato di Nicolò V, alimenta tuttora la fontana di Trevi.

 

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Num 32 Gennaio 2004 | politicadomani.it