Pubblicato su Politica Domani Num 30 - Novembre 2003

Socialismo dal volto umano
Trentacinque anni fa a Praga
Mentre in Europa scoppiava il '68, Praga viveva la sua primavera
di speranza, spazzata via dall'intervento dei carri armati sovietici

di Fabio Antonilli

Lo chiamavano "il socialismo dal volto umano", era la "nuova via" al comunismo che nel 1968 risvegliò l'animo della Cecoslovacchia. L'Unione Sovietica aveva inglobato tutti i popoli dell'Est con il pretesto di proteggerli dal capitalismo e dai suoi mali. Ma il costo, inteso come rinuncia ai diritti umani, dell'uguaglianza sostanziale predicata dai comunisti era divenuto insostenibile. A fare da sfondo all'ondata riformatrice cecoslovacca fu il decennio più irrequieto del '900, quello degli anni sessanta.
Alexander Dubcek, leader del KSC (il partito comunista cecoslovacco), e il presidente Ludvik Svoboda avviarono, dal gennaio 1968, una serie di misure tese a "liberalizzare" il Paese: venivano ridefiniti i ruoli del partito e dello Stato, e veniva ammessa la discussione interna. L'ambizione era di creare un sistema comunista rispettoso della storia, delle tradizioni cecoslovacche e, soprattutto, delle libertà individuali. Era certamente un'idea di società che suscitò speranze e consenso non solo tra i cecoslovacchi, che ne erano molto orgogliosi, ma anche presso i democratici occidentali e quella parte del mondo sovietico che non si riconosceva nella politica di Mosca.
Al bel sogno seguì il tragico risveglio. Il 20 agosto dello stesso anno, il timore del "contagio revisionistico" sugli altri Paesi satelliti, spinse l'Armata Rossa ad entrare a Praga. Le forze sovietiche riuscirono facilmente ad occupare la capitale senza trovare resistenza armata né da parte dell'esercito cecoslovacco né da parte della popolazione. I praghesi si limitarono a pacifiche manifestazioni, così come volevano i loro leader. Alcuni giovani riuscirono ad incendiare dei tanks scatenando così, la reazione feroce delle forze occupanti che soffocarono nel sangue la rivolta.
La Cecoslovacchia aveva capitolato anche a causa delle sue divisioni interne che vedevano contrapposti riformatori e filo-sovietici, accusati poco prima degli eventi dell'agosto '68, di aver asservito la Patria all'Unione Sovietica. La vecchia classe dirigente aveva fallito, dopo i fatti dell'agosto '68, tutte le idee innovatrici furono spazzate via e con la sostituzione di Dubcek (al suo posto fu nominato Gustav Husàk) si sanciva la fine dell'ultimo serio tentativo di rinnovare il comunismo e di svincolarlo dal termine "totalitario".
Le accuse alla vecchia classe dirigente vennero soprattutto dagli intellettuali, dagli studenti e dagli operai che puntarono il dito contro i burocrati filo-russi. Era stato evitato il bagno di sangue che i dirigenti cecoslovacchi temevano, ma il profondo dolore per la perdita della libertà e della speranza trovò la sua espressione più tragica il mattino del 19 gennaio 1969. Jan Palach giovane studente decise, con i suoi compagni, di immolarsi sulla piazza S. Venceslao cospargendosi di benzina e dandosi fuoco per protestare contro l'invasione e attirare sulla Cecoslovacchia calpestata nei suoi diritti e nella sua libertà l'attenzione di tutto il mondo. Un milione di persone si strinse attorno alla bara dello studente, ai suoi funerali, per manifestare così il proprio dissenso.

Testimone del tempo e degli eventi è stato il romanziere boemo, Milan Kundera, costretto ad emigrare in Francia. Ne "L'insostenibile leggerezza dell'essere", il suo romanzo più famoso, Kundera accusa i comunisti cecoslovacchi di avere creduto alla favola del paradiso comunista e di avere così portato il paese alla rovina. Il giudizio senza appello è affidato a Tomàs, un personaggio del romanzo: la loro buona fede non poteva scusarli, dice Tomàs, e una volta capito il male che avevano provocato meglio avrebbero fatto, come l'Edipo di Sofocle, a "trafiggersi gli occhi e andarsene via".

Letture:
Milan Kundera, "L'insostenibile leggerezza dell'essere", Ed. Adelphi
Alexander Dubcek, "Il socialismo dal volto umano". Ed. Riuniti

 

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