Pubblicato su Politica Domani Num 30 - Novembre 2003

A proposito di black-out
Il nucleare è un flop
La sensazione è che chi pontifica la salvezza nucleare dovrebbe dare un occhiata alla situazione di quei paesi che hanno fatto questa scelta da tempo

di Indy

A sentire molte autorevoli voci, la precaria situazione energetica italiana dipenderebbe dallo sciagurato referendum dell'87, quando gli Italiani, sull'onda emotiva della tragedia di Cernobyl, decisero di rinunciare all'energia nucleare. Il nucleare è illustrato come una tecnologia pulita, sicura, che affrancherebbe dall'uso dei combustibili fossili e, soprattutto, a buon mercato.
Che sia una tecnologia pulita possiamo anche crederlo, se si prende in considerazione il momento della produzione. Ma dopo? Ad oggi non è stato individuato un solo sito a livello mondiale per lo stoccaggio delle scorie. Quelle più radioattive vengono mantenute nelle "piscine" delle centrali stesse. Le storie di treni che vagano per l'Europa* e di navi che fanno rotta verso l'Africa, carichi di scorie la cui destinazione è oscura (ma neanche tanto) saranno giunte all'orecchio di tutti.
Prendiamo in considerazione la sicurezza. Le centrali in dismissione italiane sono presidiate giorno e notte dall'esercito e le zone circostanti off limits. La Francia, dopo l'11 settembre, ha quadruplicato il numero di sorveglianti armati degli oltre 20 siti nucleari che conta sul proprio territorio. Come sia garantita la sicurezza dei treni che trasportano il combustibile esausto al centro di riprocessamento che si trova in Inghilterra non è del tutto chiaro. Non credo sia comunque affare da poco. Con il clima odierno d'allarme terrorismo c'è poco da sorridere.
Quanto all'affrancare dai combustibili fossili questo è sicuro. Peccato che il nucleare rimanga anch'esso una fonte energetica esauribile. L'uranio oggi disponibile, con l'attuale tecnologia, ai ritmi di consumo odierni, sarebbe sufficiente per 60 anni.
Dei costi poi non parliamo: tutti solerti nel mostrare il basso prezzo dell'elettricità francese. Il prezzo dell'energia nucleare francese non tiene conto però dei reali costi. I costi che principalmente concorrono a formare il valore del KWh nucleare sono tre: quelli di costruzione, di decommissioning e di back-end. I costi di costruzione di una centrale nucleare in Francia sono stimati dall'OCSE in 1264$ per ogni KWh installato. Per avere un raffronto, quelli di un Ciclo Combinato a gas si aggirano attorno a 500 $/kWh. Per decommissioning s'intende il processo dismissione di una centrale al termine del suo ciclo vitale. Per la Francia non ci sono stime disponibili. Per il nucleare britannico si calcolano 360 $/kWh per il decommissioning. Il back-end comprende i costi di trasporto del combustibile esaurito, stoccaggio, riprocessamento, vetrificazione, smaltimento scorie. I costi di questa fase sono ignoti ma si può immaginare che siano davvero ingenti.
A quanto ci è dato sapere il prezzo del KWh nucleare francese non tiene conto né di costi di decommissioning né di back-end e tanto meno di quelli sostenuti dal ministero della difesa per garantire la sicurezza degli impianti.
Se questo non bastasse a scoraggiare chi ancora punta sul nucleare, sì possono considerare tre flash relativi a paesi "nuclearizzati.
Gli USA, dopo l'incidente al reattore di Harrisburg nel 1979, non hanno realizzato nuove centrali e, malgrado le dichiarazioni propagandistiche di Bush, non sembrano intenzionati cambiare orientamento.
La Germania ha da tempo pianificato la progressiva dismissione di tutte le sue centrali entro il 2030.
Come riportato sul Sole 24 Ore di Mercoledì 4 Giugno 2003, in un articolo dal titolo "Gli alti costi affondano British Energy", il colosso del nucleare, che produce quasi un quarto dell'energia elettrica britannica, nel 2002 ha registrato perdite per circa 6 miliardi di Euro, il governo è dovuto intervenire con un prestito di 650 milioni di sterline e l'esenzione dall'oneroso pagamento per la manutenzione degli impianti.
C'è chi sostiene che il nucleare sia così antieconomico che la costruzione di nuove centrali è giustificata solo qualora l'energia elettrica rappresenti un beneficio collaterale d'impianti destinati alla realizzazione del nucleare bellico.

*vedi PD num. 13 - Aprile 2002

 

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Num 30 Novembre 2003 | politicadomani.it