Pubblicato su Politica Domani Num 30 - Novembre 2003

Il fluido misterioso è tra noi
Centoventi anni d'elettricità
Dal 1983 ad oggi l'energia elettrica pubblica si è trasformata da
innovazione avveniristica a banale elemento della vita quotidiana

di Giorgio Innocenti

Corre l'anno 1983, notte di Santo Stefano, Milano, al Teatro alla Scala va in scena la "Gioconda" di Ponchielli, evento storico: il teatro è illuminato da 2880 lampade ad incandescenza: la prima concreta realizzazione d'illuminazione pubblica in Italia. A fornire corrente è la prima centrale elettrica realizzata in Europa per la distribuzione continua d'energia. Le macchine generatrici "Jumbo", ospitate nell'ex-teatro Santa Radegonda, sono in attività dal marzo dello stesso anno.
Appena 120 anni fa l'energia elettrica non era la scontata sicurezza a portata di "clic" che oggi conosciamo bensì un'innovazione spettacolare. Pensiamo a quanti oggetti "essenziali" nell'economia del nostro quotidiano smetterebbero di funzionare senza elettricità. Viviamo in una società così elettro-dipendente da non poterci neanche figurare altri modi di vita.
Perché l'energia elettrica ha avuto tanto successo? Per due caratteristiche essenziali. Prima: si può produrre energia elettrica con ogni processo di ricavo energetico: forza idraulica, eolica, combustione, scissione nucleare, raggi solari, etc. Seconda: essa può essere trasportata anche a grandi distanze per poi essere applicata ad un enorme numero d'applicazioni tecniche. In sostanza essa permette di superare il vincolo che legava produzione e consumo d'energia ad una medesima località. L'elettricità non sembra avere rivali.
C'è un "ma": la termodinamica c'insegna che ogni sistema tende spontaneamente ad una situazione di maggior disordine, in altre parole, l'energia degrada in forme via via meno complesse. Ne consegue che si può trasformare l'energia termica della combustione solo a prezzo di un certo dispendio energetico (sotto forma di calore disperso). Stesso discorso vale per le altre fonti, con gradi d'efficienza variabili secondo il livello di complessità della forma di partenza. La trasportabilità è, a sua volta, limitata dalla dispersione. Maggiore è la distanza tra produzione e consumo minore sarà l'efficienza del sistema.
Il passaggio per l'elettricità determina perdita d'energia. Ciò sarebbe irrilevante, se si potesse produrre energia in maniera sovrabbondante senza esaurire le fonti a disposizione o determinare un crescente deterioramento del nostro ambiente di vita. Attualmente non è così. Ad oggi non esistono "fonti energetiche gratuite": tutte hanno dei costi (economici, ambientali, paesaggistici, sociali). La ponderazione di questi costi e l'adozione delle fonti più convenienti (sotto tutti i profili) rientrano tra gli interventi necessari, che però non sono sufficienti a garantire ad ogni uomo i consumi attuali di un occidentale medio.
Se il progresso tecnologico ha determinato una simile impasse, si può parlare di "progresso dell'umanità"? Sto scrivendo quest'articolo al computer, alla luce di una lampadina; 120 anni fa lo avrei fatto a penna, a lume di candela. È progresso? Direi di sì. Nel fare questo e le altre attività quotidiane, utilizzo molte più risorse di quelle che mi spetterebbero se quelle disponibili fossero ripartite equamente tra tutti gli uomini. È progresso? Direi di no. Rinunciare ai vantaggi della tecnologia dunque o alla giustizia sociale sincronica (nei confronti degli altri abitanti la terra) e diacronica (nei confronti dei nostri figli)?
Il progresso dell'umanità c'è quando sì è in grado di minimizzare l'insorgenza di dilemmi come quello appena proposto. L'evoluzione della tecnica può esserci d'aiuto. I generatori "Jumbo" di Santa Radegonda sono stati sostituiti da centrali più moderne ed efficienti. Le 2880 lampade ad incandescenza che illuminavano La Scala - se gli amministratori sono accorti - sono state sostituite da altrettante lampadine fluorescenti compatte che, a parità di luce, consumano circa un quarto. Efficienza: questa la parola chiave. Una tecnologia crea progresso se permette di sfruttare le risorse in maniera più efficiente.
Per quanto aumenti l'efficienza le risorse rimangono limitate. Attualmente il problema dell'energia è mal posto. Ci si chiede: qual è la richiesta d'energia? E si regola la produzione di conseguenza. Ci si dovrebbe domandare invece: quanto possiamo consumare? E regolare così i consumi. Se avessimo chiara una quota massima per famiglia ci affretteremmo tutti ad installare elettrodomestici a basso consumo. Ridurremmo gli sprechi. Così sarebbe a livello industriale e negli uffici pubblici. Maggiore efficienza nell'utilizzo e nella produzione d'elettricità potrebbero garantire livelli di consumo più alti. Non credo mai così alti da permetterci lo sciupio che oggi ci è dato vedere.

 

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Num 30 Novembre 2003 | politicadomani.it