Pubblicato su Politica Domani Num 30 - Novembre 2003

Fine di una illusione
I bond argentini al 10% del loro valore nominale
Il governo argentino ha deciso di tagliare del 90% il valore dei bond. I creditori di un tempo sono furiosi ma il governo è riuscito a rendere nuovamente credibile investire nel paese

di Fabio Antonilli

"Gli interessi domestici sono più importanti di quelli dei creditori privati". Con questa frase si possono sintetizzare le ultime scelte economiche del governo argentino che tramite il suo Ministro dell'Economia, Roberto Lavagna, ha annunciato una rinegoziazione "coattiva" delle emissioni obbligazionarie in possesso degli investitori privati. Ora, nel bene e nel male, questa decisione rappresenta una svolta.
La "telenovela", infatti, era iniziata quasi due anni fa, quando il crac argentino aveva indotto i governanti di allora a optare per il congelamento delle obbligazioni in mano oltre che a investitori istituzionali anche a risparmiatori di mezzo mondo, tra cui anche molti italiani esposti per circa 13,5 milioni di euro.
Lavagna ha comunicato i contenuti del piano durante la riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, tenutosi a Dubai lo scorso settembre, in occasione della quale il Consiglio del FMI ha approvato un programma economico per l'Argentina che prevede un percorso per la crescita e, soprattutto, crediti per 12,5 miliardi di dollari. L'asse principale della proposta era, allora, una decurtazione del 75% del valore nominale di una quota consistente delle obbligazioni soggette alla dichiarazione di default.
L'obiettivo dell'esecutivo è quello di snellire il suo "parco debiti" che coinvolge ben 152 tipologie di bond e, quindi, procedere alla loro sostituzione con tre nuove tipologie di obbligazioni appositamente studiate per l'operazione. La prima possibilità per lo sfortunato possessore di obbligazioni argentine è lo scambio dei vecchi titoli con un bond discount che prevede ad oggi una riduzione del 90% del valore nominale relativo ai titoli caduti in default. La seconda chance prevede uno scambio alla pari tra vecchi e nuovi titoli in quanto a valore nominale, a prezzo però di un forte allungamento delle scadenze e l'applicazione di cedole annue meno generose delle precedenti. La terza opzione consiste nell'accettare un bond avente un rendimento annuo agganciato al ritmo di crescita del prodotto interno lordo argentino (che stime danno dal 5,5 al 6,5%) fino alla loro scadenza.
Il Ministro dell'Economia ha precisato che i possessori dei vecchi bond avranno la possibilità di scegliere la valuta di riferimento per la nuova tipologia di bond prescelto e il tipo di cedola, fissa o indicizzata all'inflazione. È da aggiungere che nel taglio del 90% in termini di valore nominale dei vecchi titoli sono inclusi anche gli interessi non pagati dallo Stato argentino a partire dal mese di gennaio 2002 (riguarderà quindi i titoli contabilizzati fino al dicembre 2001).
Al di là dei tecnicismi questo significa che l'Argentina avrà la possibilità di annullare circa il 52% del suo debito totale, cosa che le consentirà di poter respirare un po' dopo anni di indebitamento crescente. Inutile dire che i creditori, riuniti in comitati, considerano le condizioni proposte da Lavagna "inaccettabili" e propongono di rinegoziare tutto, a partire dai tassi di interesse e dalla scadenza dei titoli. Il governo argentino si è mostrato disponibile ad aprire quattro tavoli di trattative con i creditori - italiani, tedeschi, giapponesi e investitori istituzionali - per poi giungere a una proposta finale unica, valida per tutti, anche per chi non aderisce ad alcun Comitato di Creditori.
I creditori puntano a chiudere la negoziazione entro marzo/aprile 2004 con la speranza di subire meno danni possibili dal punto di vista economico. Ma dovranno fare i conti con un Governo che sembra molto deciso a non fare concessioni significative rispetto a quanto già unilateralmente deciso. Sembra proprio che dalla Casa Rosada provengano sempre più chiari i segnali di voler condurre il Paese verso un processo di normalizzazione del sistema finanziario statale. Questa normalizzazione, oltre a migliorare le condizioni dell'economia argentina, vuole essere anche un invito ai nuovi investitori stranieri ad impegnare risorse nel paese … a spese però di quelli vecchi.

 

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