Pubblicato su Politica Domani Num 3 - Marzo 2001

EDITORIALE
UNA 'POLITICA' TROPPO STRETTA
Preparandoci alla consultazione elettorale, tra disgusto e stanchezza

 

Questa politica ci sta stretta. E' troppo ripiegata su se stessa e non riesce a guardare avanti né a guardarsi intorno, oltre i confini della polemica sterile. Siamo in Europa. L'U.E. si sta avviando più rapidamente di quanto sembri a diventare una Confederazione di Stati con una sua costituzione (la recente approvazione della Carta dei Diritti Europea ne è solo un primo passo). Le normative europee fanno sentire il loro peso, nel bene e nel male (basti pensare alle recenti disposizioni in materia alimentare come, e non solo, il consumo delle carni). La libera circolazione delle persone è un fatto compiuto: esercizi commerciali, manager di impresa e funzionari parlano sempre più spesso un italiano con forte accento straniero.
Lo sviluppo delle telecomunicazioni apre, anzi spalanca porte sul mondo, ormai per tutti. Eppure la politica italiana è asfittica e appare di giorno in giorno sempre più senza respiro; a dispetto della verbosità vuota di chi vuole a tutti i costi tenere la scena, è sempre più insignificante e piccola, nonostante la solennità dei proclami e la superficie verticale occupata dalle gigantografie che fanno da brutta tappezzeria al cielo, il nostro bel cielo. Politici da stadio, parolai e pifferai ma-gici, quelli che si contendono i primi piani televisivi dei salotti buoni alla "Vespa"; oppure che van-no in pellegrinaggio nei santuari della politica inglesi, francesi e tedeschi a dire ciascuno le proprie litanie, ciascuno con i propri ex-voto. Mentre altri, questi sì veramente politici, si adoperano per il bene e il progresso della nazione, della società, della comunità grande o piccola che sia, lavorando duramente tra mille difficoltà, quasi sempre in silenzio. L'orgia elettorale a cui siamo destinati ad assistere, fra gli altri parenti, ha un padre e una madre: è figlia di un sistema maggioritario che, scelto dal 90% di italiani tanto impazienti quanto, allora, inconsapevoli, non ha portato alla sospirata semplificazione del panorama elettorale (e come, d'altra parte, avrebbe potuto? Non siamo forse il paese dove la pluralità delle posizioni e la varietà delle opinioni è parte integrante e caratterizzante della genialità e creatività tipiche della gente itali-ca?) ed ha per madre la mancanza di una vera passione politica, quella che è animata dai grandi ideali positivi che hanno ispirato i migliori della nostra storia politica, gente come La Pira e De Gasperi, ma anche gente molto meno nota, come quel Peppino Impastato de "I cento passi" di Giordana, gente che 'ci crede', come si dice ancora, magari con una sfumatura di amara ironia. Vorremmo respirare. Vorremmo essere liberi: la libertà di crescere e di progredire tutti insieme, magari fermandoci un attimo per dare una mano a chi è rimasto o sta rimanendo indietro, non la libertà dell'arbitrio e della sopraffazione, la legge della giungla. Vorremmo riuscire ad ascoltare senza essere infastiditi da chiacchiere e senza essere assordati da urla e invettive di bassa lega. Vorremmo riuscire a pensare senza essere costretti a decidere, o di qua o di là, per questo o per quel candidato già deciso da altri. Vorremmo riuscire a scegliere senza essere spinti dal disgusto alla astensione. E' chiedere troppo? Ancora una volta temiamo di sì e ci prepariamo al peggio.

Maria Mezzina

 

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Num 3 Marzo 2001 | politicadomani.it