Pubblicato su Politica Domani Num 28/29 - Sett/Ott 2003

Il libero mercato mondiale
WTO: come (non) funziona
La più giovane tra le organizzazioni economiche internazionali
è alle prese con la pretesa dei paesi poveri di far valere i propri voti: sopravviverà?

di Giorgio Innocenti

Per tentare di capire cosa sia accaduto durante l'ultima conferenza ministeriale del WTO a Cancun, è necessario prima di tutto spendere qualche parola sul funzionamento di questo organismo. Il WTO (o OMC se si segue l'acronimo francofono) è l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Ha lo scopo di aiutare i produttori di beni e servizi, gli esportatori egli importatori nelle loro attività, in altre parole regolare il commercio internazionale. Ha sostituito dal 1995 il General Agreement on Tarifs and Traid.
Più o meno il sistema è questo: ogni due anni si riunisce una conferenza ministeriale dove le delegazioni dei paesi membri (circa 80% degli stati oggi esistenti che coprono ben oltre il 90% del commercio mondiale) raggiungono un accordo su una dichiarazione di principi sui quali si baserà il nuovo "round" di trattative che si protrarrà fino alla seguente conferenza ministeriale. L'organizzazione possiede un potere non solo formale: ha la possibilità di comminare ingenti sanzioni economiche agli stati che non rispettino gli accordi.
Sulla carta sarebbe un'organizzazione relativamente democratica, poiché la dichiarazione finale d'ogni conferenza ministeriale deve essere approvata all'unanimità: ogni paese avrebbe perciò la medesima possibilità di far pesare le proprie ragioni. In realtà a molti vertici in cui si prendono importanti decisioni partecipa un numero ristretto di paesi (come per l'incontro di Sydney del novembre 2002, al quale furono ammessi solo 25 dei 144 paesi membri) ed anche durante le ministeriali le decisioni che contano sono prese nelle "green room", riunioni ristrette cui prendono parte solo poche delegazioni.
La democrazia è solo formale poiché i paesi poveri (mi si passi l'aggettivo generico) sono economicamente dipendenti dalle grandi potenze, spesso hanno sistemi legati con strutture neocoloniali all'esportazione verso uno o, nei casi migliori, alcuni paesi occidentali. Quindi (almeno fino a Seattle) nessuno si era mai rifiutato di firmare i testi proposti a fine dei lavori. Ingiustizia evidentemente prevista: non si potrebbe altrimenti pensare di conciliare in una decisione unanime tanti interessi contrapposti. Gli ultimi eventi ci hanno dimostrato come, se i paesi poveri riescono ad organizzarsi tra loro, ad adottare una politica comune, possono agevolmente mandare all'aria il fragile castello del WTO.

 

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