Pubblicato su Politica Domani Num 28/29 - Sett/Ott 2003

L’unione con il Divino in una religione basata sulla legge
Uomo e Dio nella Mistica islamica
Ai confini dell’eresia, il misticismo islamico pone l’accento sulla trascendenza assoluta di Dio. L’uomo si annulla per poter giungere a Dio e in Lui confondersi: direttamente, senza la mediazione del Profeta Maometto, in un processo di identificazione con Lui, che è al di là del bene e del male

di Alberto Foresi

L’immagine più diffusa dell’Islam è quella di una religione tendenzialmente aggressiva, pensiamo, ad esempio, al Jihad, spesso incline ad estremismo ed integralismo, regolata al suo interno da una ferrea ed immutabile legge basata sul Corano. Aspetti questi che sembrano porsi in aperta antitesi con la tradizione cristiano-cattolica, almeno come oggi viviamo tale fede, giacché, volgendo lo sguardo al passato, potremmo trovare significativi parallelismi tra le due religioni. Aspetto meno conosciuto, a livello popolare, dell’Islam è il suo misticismo, il tentativo dell’uomo di porsi in comunanza intima con Dio. E, per inciso, è sempre nel misticismo che si affievoliscono le tensioni, e in parte le differenze, tra le varie religioni. La mistica islamica, detta Sufismo, probabilmente dalla parola araba suf, lana, con la quale erano fatti gli abiti dei suoi adepti, si presenta, ai suoi albori, quasi come fenomeno eterodosso, e finanche eretico. L’Islam appare come una religione in cui Dio è inteso in modo antropofomorfico, ma totalmente trascendente (Dio “Signore-Padrone” di tutto). Una religione volta verso il mondo, antiascetica – il celibato è sconsigliato dalla Legge e lo stesso Maometto ebbe più mogli –, il cui fine è la conquista e l’organizzazione unitaria del mondo terrestre sotto la guida di Dio medesimo.
Ciò nonostante, forse anche su influsso del monachesimo e dell’ascetismo cristiano-orientale, ampiamente diffuso nelle aree già appartenenti all’Impero bizantino e successivamente conquistate dagli Arabi, varie forme di spiritualità mistica si diffusero nel mondo islamico, ottenendo in breve tempo il favore e l’ammirazione del popolo dei credenti. La religione islamica presenta inoltre una sua peculiarità: essa è regolata da un complesso di leggi e di obblighi, assolti i quali ogni credente è libero di cercare nella propria interiorità la presenza di Dio. È da rimarcare che il misticismo islamico tende all’esperienza diretta del Divino attraverso l’accentuazione delle posizioni centrali dell’Islam: la personalità di Dio non viene sminuita, come accade in forme di panteismo, bensì rafforzata, spinta al punto tale da non lasciare spazio ad altre persone reali che non siano la Sua Persona. Alla base di tale visione mistica vi è una sorta di negazione di sé e, contestualmente, l’affermazione dell’assoluta signoria arbitraria di Dio e della totale dipendenza degli uomini, suoi servi, nei suoi confronti. La trascendenza di Dio viene spinta fino ad affermare che solo l’annullamento dell’uomo, anzi, l’annientamento di tutto ciò che non è Dio, possono consentire all’uomo di ricongiungersi con Dio. Non solo, in taluni casi si giunse a sostenere che l’uomo esiste solo in virtù del potere creativo di Dio: la sua autonomia in quanto essere esistente poteva indurre a pensare all’esistenza di più divinità – Dio e l’uomo stesso – sconfinando così nel politeismo.
Proprio queste caratteristiche contraddistinguono la mistica islamica rispetto a quella presente in altre religioni. La sua origine non è da ricercarsi in un panteismo naturalistico, come avviene nella mistica induista, e nemmeno in un amore verso un Dio incarnato, come nel Cristianesimo, ma in una trascendenza sovrana di Dio portata alle conseguenze più paradossali, come per esempio l’affermazione della non esistenza dell’uomo. Questa trascendenza costituisce l’aspetto più originale di tale mistica, ed è paragonabile solo a certe speculazioni nate in ambito ebraico, la religione senza dubbio più simile all’Islam. Tali forme di ascesi non si configurano come eterodosse in seno all’Islam, tuttavia, proprio in virtù dei possibili sviluppi di tali speculazioni, era sempre presente il rischio di sconfinare nell’eresia. In primo luogo ciò era possibile proprio per l’accento posto dai mistici sulla trascendenza assoluta di Dio e, conseguentemente, sulla Sua trascendenza morale, ponendo Dio in una dimensione etica al di là del bene e del male. Conseguentemente, allorché i mistici ottenevano l’auspicata congiunzione estatica con Dio, spesso ponevano sé stessi in una simile dimensione etica, ritenendosi pertanto sciolti dall’osservanza della Legge. A ciò si aggiunga il fatto che, giungendo i mistici ad un contatto diretto con Dio, veniva drasticamente ridimensionata l’importanza dello stesso Maometto, il Profeta, colui che aveva comunicato agli uomini il messaggio di Dio e che, secondo l’ortodossia, era l’unico legittimo intermediario tra l’uomo e Dio.

 

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