Pubblicato su Politica Domani Num 28/29 - Sett/Ott 2003

Multinazionali e proprietà intellettuale
Il prezzo della vita
Il costo dei farmaci anti-Hiv/Aids è altissimo a causa dei diritti di proprietà intellettuale. Ma una via di uscita è possibile

di Gianni Lovato

Sono oltre 35 milioni i malati di Hiv/Aids nel mondo. Circa 20 milioni di essi vivono nelle regioni dell’Africa sub Sahariana. Il 36% degli adulti in Botswana ha l’Hiv/Aids. Di questa malattia muoiono circa tre milioni di africani ogni anno.
Negli Stati Uniti e nei paesi ricchi, i trattamenti farmaceutici consentono la sopravvivenza per molti malati di Aids. I cocktail di medicine salvavita sono molto costosi; le cifre indicano una spesa annua per ogni paziente di 10.000-15.000 dollari ed oltre. Questi prezzi, ad eccezione di un’esigua minoranza, sono inaccessibili per chiunque viva in Africa, dove il salario medio annuo non è mai superiore a qualche centinaio di dollari. Per gli africani la diagnosi di Aids equivale ad una sentenza di morte.
In un mondo razionale ed umano, i farmaci salvavita sarebbero disponibili anche per gli africani; invece i colossi farmaceutici si servono di forme di protezione dei propri brevetti e di proprietà intellettuali per impedire la distribuzione di versioni generiche e poco costose dei farmaci anti Hiv/Aids, ed anche di altri farmaci come per esempio gli antibiotici, che se immessi sul mercato potrebbero causare un collasso dei prezzi del 95% ed oltre.
In questi ultimi anni, grazie alle pressioni di stati ed associazioni, si è riusciti a superare la difesa delle ragioni commerciali delle multinazionali del farmaco, una difesa che gli USA esercitavano aprioristicamente. Le aziende farmaceutiche però continuano ad agire in modo da paralizzare la concorrenza dei farmaci generici.
Ciò che le aziende temono maggiormente non è la perdita del minuscolo mercato africano, ma il fatto che la concorrenza ed i prezzi inferiori attuati nei paesi in via di sviluppo generino pressioni perché si abbassino i prezzi anche negli altri paesi, specie negli Stati Uniti dove i profitti ed i dividendi sono altissimi. Un esempio di questa politica si è avuto nell’Agosto 2001, allorché la Glaxo ha diffidato una piccola ditta indiana, la Cipla, produttrice di farmaci generici, a distribuire il Combivir, un cocktail di farmaci attivo contro l’Aids.
Né le case farmaceutiche, né le organizzazioni commerciali, né i governi, hanno il coraggio di ammettere che la globalizzazione dei brevetti farmaceutici sta ingigantendo le differenze di accesso alle cure più efficaci.
Si potrebbe pensare di abolire i diritti di brevetto nei paesi poveri? Certamente no; soprattutto è bene non confondere regole generali con necessarie eccezioni quali i farmaci per la lotta all’HIV/AIDS.
Le grandi multinazionali del farmaco sarebbero disposte ad abbassare i prezzi nei paesi poveri (alcune lo stanno già facendo), ma ciò funzionerebbe soltanto se i mercati fossero sigillati, ossia se i farmaci non fossero poi esportati clandestinamente nei paesi ricchi.
Una via d’uscita potrebbe essere l’accordo tra industrie farmaceutiche e governi dei paesi poveri del sud. I farmaci per la lotta all’HIV potrebbero essere distribuiti da un’agenzia pubblica, sotto la supervisione di un comitato ristretto formato da rappresentanti dell’industria produttrice e rappresentanti del governo del paese e membri delle organizzazioni umanitarie, che impedisca la riesportazione clandestina del farmaco. Proprio questo sta già avvenendo in Sud Africa con buoni risultati.
Senza prezzi responsabili ed un accordo con i governi dei paesi poveri, continueremo ad assistere
alla morte di intere generazioni di africani per assenza di ogni tipo di terapia farmacologica.

 

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