Pubblicato su Politica Domani Num 28/29 - Sett/Ott 2003

Editoriale
Chi semina vento raccoglie Tempesta

di Maria Mezzina

Il vecchio detto popolare sembra quanto mai appropriato alle nostre (e non solo) vicende.
Come al solito la natura è maestra. Il raccolto è sempre il frutto di un'operazione che si svolge nel tempo e va programmata per bene: c'è il processo della semina e poi la germinazione, silenziosa e nascosta, poi lo sviluppo e finalmente la fioritura e il raccolto, e se nel raccolto insieme ai buoni prodotti del campo crescesse l'erbaccia, va estirpata e bruciata. È la parabola del Vangelo.
Non pare però che chi ci governa conosca i saggi detti di un tempo; né che sia un buon seminatore. Le prove? L'elenco sarebbe lungo. Basta solo qualche esempio di casa nostra, e dei nostri vicini d'oltralpe e oltre oceano.
Prendiamo il calcio.
Siamo appena usciti dall'impasse serie B. Leggi confuse, dirigenti non adeguati, interessi vitali (ma non per lo sport) da difendere. Una polveriera pronta ad esplodere e, su tutto, un decreto-legge che accende la miccia. Scioperi, sospensioni, accuse, e poi, quando il campionato inizia è lo spettacolo di sempre: violenza, e ancora violenza, anche contro le forze dell'ordine.
Prendiamo la finanziaria.
Occorre far cassa, e probabilmente non c'è su questo punto una soluzione semplice, o immediata, o diretta allo scopo. Qui, davvero, il periodo di germinazione, dalla semina, è lungo e lungo e complesso è il tempo della crescita. Ma proprio per questo il seminatore deve essere accorto. E invece … dopo i grandi programmi elettorali - le lacrime e il sangue non portano voti -, sono venute solo grandi dichiarazioni pubbliche di supposti obiettivi raggiunti. Fumo. Nebbia. Tentativo patetico di nascondere i disagi reali che spesso volgono in drammi.
Sono state ridotte le tasse (quelle di successione e sulle donazioni, e quelle sulle barche) ma sono stati anche ridotti i contributi dello stato agli enti locali: regioni, province e comuni. Su questi gravano le spese più grandi, quelle della vita di ogni giorno, come le strade pulite e ben percorribili, la sanità, gli edifici scolastici, tanto per fare solo qualche esempio. Allora l'aumento delle tariffe dell'acqua, dell'Ici, della nettezza urbana, saranno inevitabili e, dove è possibile, ci sarà anche un biglietto di ingresso in città.
Intanto la previsione di crescita diminuisce e l'inflazione aumenta. Allora si pensa di far cassa con i condoni edilizi. Ma i costi superano di molto il beneficio - tutto contingente - del pareggio di bilancio. I costi si traducono in scempio sul paesaggio e violenza sulla natura (che poi si ribella), in aumento degli illeciti e quindi ancora in scempio e violenza. E mentre il Governo incassa (e neanche questo è poi così certo), i comuni pagano per i servizi essenziali: luce, gas, telefono, fogne. Un circolo chiuso e vizioso che va solo a beneficio dei soliti furbi.
E le erbacce chi sono? Escluso il seminatore che, se non è capace è meglio cambiarlo, erbacce sono tutti gli incompetenti, amici magari dei potenti, i piccoli e i grandi ricattatori, forti solo della loro tracotanza e impunità, e della debolezza di chi subisce il ricatto; "mezzi uomini" e "ruffiani" - nel gergo colorito ed efficace di uno dei personaggi di Sciascia -, e i "quaquaraqua" sono quelli che li seguono e che vanno agli stadi per "fare alla guerra".
Non è un caso solo italiano, altrove le cose vanno anche peggio. Gli USA, la più grande potenza, stanno affondando, economicamente in casa e militarmente e politicamente in Iraq; in Israele Sharon è attaccato dai piloti del suo stesso esercito; in Gran Bretagna la gente è furiosa per gli inganni di Blair; a Cancun il WTO e le grandi multinazionali, finora padrone delle sorti del mondo, sono stati sconfitti dai poveri.
Ma non disperiamo e abbiamo fiducia. Il mondo è in crescita e "non è in vendita", perché è possibile pensare in modo nuovo (e in fondo antico) le relazioni fra persone e stati. Relazioni fondate sul dono, che è la sola nuova maniera per superare le diversità e fare giustizia. Non lo dice solo Gesù, lo dice anche Latouche (economista).

 

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