Pubblicato su Politica Domani Num 28/29 - Sett/Ott 2003

Il calcio nel caos
Il decreto della discordia
Tra ricorsi alla giustizia ordinaria, scandali fidejussioni e decreto “salva-calcio”, tanta confusione

di Alessandro De Angelis

Per il calcio italiano l’estate appena trascorsa sarà ricordata come una delle più tormentate. Il tormentone è finito ma il punto d’arrivo non è definitivo, perché gli accordi tra i cosiddetti gentiluomini del calcio sono più fragili di una tregua in medioriente. Quanto è accaduto negli ultimi mesi ha evidenziato problemi e conflitti di competenze fra tribunali ordinari e sportivi.
Certo il calcio, gioco bello ma che di sportivo ormai sembra conservare ben poco, necessita di interventi legislativi immediati e di una riforma complessiva che porti più chiarezza e una migliore distribuzione delle competenze.
Le società di calcio – ormai tutte organizzate come società per azioni (alcune quotate anche in borsa) – sono sottoposte a due tipi di giustizia: la giustizia ordinaria-amministrativa e la giustizia sportiva. Gli organi ordinari di giustizia sportiva sono i giudici sportivi, le commissioni disciplinari, la Commissione d’appello federale (CAF) della federazione italiana gioco calcio (FIGC), l’Ufficio indagini e la Procura federale. Per quanto riguarda la giustizia ordinaria-amministrativa, oltre ai giudici ordinari competenti sui rapporti patrimoniali tra società e atleti il ruolo principale viene svolto dai Tar (ai quali c’è stato finora un indiscriminato ricorso, con relativo caos tra intrecci tra giustizia ordinaria e sportiva) in prima istanza, e dal Consiglio di Stato in seconda istanza.
Proprio con il caso Catania e lo scandalo sulle false fideiussioni, sono emerse le lacune dell’attuale legislazione.
Per ovviare in parte a questa situazione il Governo si è inventato il decreto “salva-calcio” che ha creato però ancor più confusione. Il decreto legge 19 agosto 2003 sancisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo con riferimento alle seguenti questioni: corretto svolgimento delle attività agonistiche e sportive, disciplina e sanzioni disciplinari, ammissione delle società e dei tesserati alle federazioni, organizzazione e svolgimento di attività agonistiche non programmate e a programma illimitato, ammissione ad esse di squadre ed atleti. Le controversie che esulano da tale ambito sono devolute al giudice amministrativo, e la competenza a decidere sulle misure cautelari (come attualmente quella sul merito) viene attribuita al solo Tar del Lazio. La novità del decreto – detto anche “blocca Tar” – è che si potrà ricorrere alla giustizia amministrativa solo una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva e contro le sentenze del Tar al Consiglio di Stato. Resta ai giudici ordinari la competenza sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti.
Al di là dei conflitti e delle sentenze, tutte incentrate su cavilli regolamentari, due aspetti hanno principalmente colpito: la rapidità con cui si è mossa in questo caso la giustizia amministrativa (considerata la lentezza della giustizia civile in Italia, dove l’esecuzione di una causa giudiziaria richiede mediamente dai tre ai cinque anni contro i tre mesi dei Paesi Bassi e i dodici mesi della Germania) e il fatto che l’intrusione della giustizia ordinaria nello sport, se non è ben regolamentata, aumenta il caos già esistente.
Occorre, comunque, sottolineare la legittimità dell’intervento dei giudici ordinari in quanto l’art. 24 della Costituzione stabilisce che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.
Certo non basterà questo decreto a salvare il calcio. Occorre rinnovare Coni, FIGC e Lega Calcio nelle strutture e nelle persone. Ciò che è chiaro è che i professionisti del calcio vogliono per sé privilegi non previsti per il cittadino comune e che difendono quelli raggiunti con le unghie e coi denti.

 

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